FILM IN TV – Un maledetto imbroglio, di Pietro Germi

un maledetto imbroglio

Da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana il film spartiacque che chiude definitivamente la fase del Neorealismo per traghettare il cinema di Germi verso i lidi della commedia all’italiana. Il suo commissario ha un'indimenticabile aria tra Humphrey Bogart e Spencer Tracy: sigaro in bocca e occhiali scuri, un sorriso amaro che increspa di rughe il suo viso. Venerdì 5 dicembre, ore 15.00, Iris

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un maledetto imbroglioFilm spartiacque che chiude definitivamente la fase del Neorealismo per traghettare il cinema di Pietro Germi verso i lidi della commedia all’italiana, Un maledetto imbroglio stravolge la matrice letteraria del romanzo di Gadda Quer pasticciaccio brutto de via Merulana mettendo a nudo vizi e perversioni della società italiana  a cavallo tra gli anni 50 e 60. Germi approfitta della trama gialla per mantenere un perfetto equilibrio tra intreccio narrativo e feroce satira di costume e si regala il ruolo attoriale più importante, quello del cinico e disilluso commissario Ciccio Ingravallo. Ci sono due fatti apparentemente slegati tra loro e Ingravallo prova un collegamento apparentemente impossibile tra il furto nell’appartamento del commendatore omosessuale Anzaloni (Ildebrando Santafè) e l’omicidio, qualche giorno dopo, sempre nello stesso stabile di Piazza Farnese, della giovane signora Liliana Banducci (Eleonora Rossi Drago).

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Germi regala al suo commissario una indimenticabile aria tra Humphrey Bogart e Spencer Tracy: sigaro in bocca e occhiali scuri, un sorriso amaro che increspa di rughe il suo viso, la battuta acre e mordace, la rabbia repressa che esplode in schiaffoni, urla e pugni sul tavolo. Immerso nell’inferno di un’ umanità degradata che sembra avere perso ogni possibilità di redenzione, Ingravallo si rende conto che più l’indagine investigativa va avanti più vengono alla luce segreti inconfessabili e vite parallele: moltiplicando il numero degli indiziati si perde la possibilità di identificare il vero colpevole. Non c’è una sola persona innocente, tutti potrebbero avere un movente: il marito dell’assassinata Remo Banducci (Claudio Gora) ex fascista invischiato in una torbida storia con l’ex cameriera minorenne Virginia (la “Brigitte Bardot  italiana” Cristina Gaioni), il falso medico Massimo Valdarena (il vitellone Franco Fabrizi) mantenuto dalla cugina Liliana e doppiogiochista, il sottoproletario Diomede (Nino Castelnuovo) gigolò di ricche americane in vacanza, il collezionista d’arte omosessuale che mostra imbarazzanti reticenze sulla sua vita privata. L’unico raggio di luce in questo quadro a tinte fosche è Assuntina (Claudia Cardinale) che duetta magistralmente con il commissario in un rapporto padre-figlia fatto di teneri rimproveri e sguardi complici.

La forza di Un maledetto imbroglio è tenere desta la curiosità dello spettatore posizionandolo a fianco del commissario e nello stesso tempo portare alla ribalta una serie di personaggi tra il grottesco e il caricaturale: la morale senza compromessi di Germi fa uscire allo scoperto figuranti della commedia dell’arte. I tre ladri, le due sorelle che rivaleggiano in mostruosità, il dilettantismo di polizia e carabinieri che provano via telefono una comunicazione impossibile, il maresciallo Saro (fenomenale Saro Urzì maschera insostituibile nel cinema di Germi) che continua a ingurgitare panini ed è convinto della colpevolezza di Valdarena.

un maledetto imbroglioLa complessità linguistica del romanzo di Gadda viene tradotta in immagini deformi rimandando a una verità mutevole e sfuggente: lo spostamento dei fatti dall’epoca fascista a quella di fine anni 50 consente a Germi di non usare il testo per capire il contesto ma di ritrovare il contesto come elemento strutturale del testo. Il problema cinema-letteratura viene risolto brillantemente dal regista genovese che utilizza il romanzo come campo di indagine, prima poliziesca e poi, in seconda battuta, sociologico-culturale. Il montaggio secco e serrato (si prenda ad esempio il flashback rivelatorio dell’assassinio della donna) trasforma il dinamismo interiore dei personaggi letterari in dinamismo esteriore fatto di una successione di inquadrature con un particolare effetto anti retorico. Stesso effetto lo otteniamo nelle scene di massa dove il caos e la confusione vengono esaltati dai continui campi e controcampi (la  folla accalcata sulle scale dopo il furto, l’inseguimento al mercato, la retata in questura). Ingravallo porta sulle sue larghe spalle questa dichiarazione di poetica: brusco, veloce, dalla battuta fulminante, a tratti manesco ma con i piedi poggiati su una ampia base etica.

A differenza del romanzo di Gadda dove il colpevole non viene trovato, Germi si inventa una soluzione geniale suggerita dal Delitto perfetto di Hitchcock: una camionetta si porta via il responsabile dell’omicidio mentre sul modello di Anna Magnani in Roma città aperta, una donna corre all’impazzata inseguendo un sogno d’amore spezzato. Le note malinconiche di Sinnò me moro di Carlo Rustichelli cantate dalla figlia Alida Chelli chiudono il sipario sul Neorealismo italiano: l’evidente omaggio-congedo a Rossellini prepara il terreno alla dolce vita degli anni 60 e alla commedia all’italiana che proprio con Pietro Germi toccherà vertici ineguagliati (Divorzio all’italiana, Sedotta e abbandonata, Signore e signori).

 

Regia: Pietro Germi

Interpreti: Pietro Germi, Claudia Cardinale, Franco Fabrizi, Cristina Gaioni, Claudio Gora, Eleonora Rossi Drago, Saro Urzì, Nino Castelnuovo

Durata: 120'

Origine: Italia 1959

 

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