“Frankenweenie”, di Tim Burton

frankenweenie
Burton discende nei suoi personalissimi ossari del Cinema per infondere vita alla sua creatura, ricucendo tra loro i brandelli delle sue visioni a partire dal grande classico di James Whale. Come il giovane Victor impara sulla propria pelle, la materia del Cinema è fatta dell'eterna moltiplicazione delle sue varianti

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frankenweenieChe nell’opera di Tim Burton, a partire già da Vincent, le rivisitazioni delle stanze e delle memorie di Cinema siano la spina dorsale attraverso la quale s’irradia il sistema nervoso dei suoi film, non è di certo una grande novità. Per rendersene conto, basta andare a riguardarsi la creazione di Vincent Price in Edward mani di forbice o le apparizioni ritornanti di Christopher Lee, o ancora quel magnifico omaggio dove la memoria è il desiderio di un nuovo ritorno che è Ed Wood.

Ma mai prima di Frankenweenie, Burton era disceso così a fondo nei suoi personalissimi ossari del Cinema per infondere vita ad una sua creatura, ricucendo tra loro i brandelli e le folgorazioni delle sue visioni a partire dal grande classico di James Whale. E su Frankenstein, vero e proprio asse portante del film, Tim Burton continua a ritornare con rimandi più che espliciti, come la bellissima scena del laboratorio costruito nella soffitta dal protagonista di Frankenweenie o quella del mulino in fiamme, dove la folla inferocita grida al linciaggio del mostro. E allora, in una New Holland a passo uno (non poteva essere altrimenti) e dal gotico bianco e nero, la cui insegna rimanda, ovviamente, alla scritta di Hollywood, possono finalmente ri-prendere corpo tutti i sogni di Cinema di Victor Frankenstein che, proprio come faceva quello strano ragazzino di Burbank con la sua Super 8, si rifugia nella soffitta della sua casetta a schiera e, durante una tempesta di fulmini, risveglia alla vita, tutti insieme, Godzilla e i Gremlins,
la Mummia, un gatto-vampiro e un ratto-lupo, e soprattutto il suo amato cane Sparky, che ritorna a vivere prendendo le sembianze di un piccolo Frankenstein scodinzolante e, a suon di scintille, trova moglie nella cagnolina della vicina, non a caso di nome Elsa.

Come il giovane e solitario protagonista di Frankenweenie impara sulla propria pelle mentre si confronta con i mostri, umani e non, di New Holland, la materia del Cinema è fatta dell’eterna moltiplicazione delle sue varianti, perché si tratta di un’immagine che chiede di venir dimenticata solo per poter essere di nuovo ricostruita. Una volta ancora. Per sempre. Fin
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frankenweeniedai suoi esordi e ancor più a partire da
Big Fish, passando per La Sposa cadavere e per Alice in Wonderland, il Cinema di Burton sembra descrivere una figura circolare, la figura di un’immagine che continua ad inseguire se stessa, senza sosta. Alla fine, non è forse proprio di questo che è fatta la materia dell’immaginazione?

E dunque, con Frankenweenie, Tim Burton raddoppia se stesso o, meglio, ritorna su se stesso, a quel sublime cortometraggio del 1984 che aveva fatto infuriare
la Disney all’inizio della sua carriera, in modo da poter aprire il suo Cinema dall’interno e di nuovo liberare la materia mobile di tutti gli oggetti e i fantasmi, passati, presenti e futuri che esso contiene e scorgerne così i riflessi mai visti prima. Ma perché i corpi possano veramente reincarnarsi, come ci dice quel professore di scienze che ha le sembianze di Vincent Price (di nuovo lui…) e la voce di Martin Landau, la testa non basta, ci vuole anche e soprattutto il cuore. Il Cinema, Tim Burton lo sa bene, ha maledettamente bisogno del cuore. Le sue creature, i suoi spettri e le sue visioni non si stancano di ripeterlo, film dopo film. E allora ci accorgiamo che siamo sempre e di nuovo là, nella vertigine di quella caduta libera compiuta da Barnabas Collins. E’ nell’interstizio situato tra la morte e la memoria, continuano a dirci Victor Frankenstein e Tim Burton, che si trova il magnifico e infinito girotondo del Cinema.

 

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Titolo originale: id.
Regia: Tim Burton
Interpreti (voci originali): Charlie Tahan, Catherine O’Hara, Martin Short, Martin Landau, Winona Ryder, Atticus Shaffer
Distribuzione: Walt Disney
Durata: 87’
Origine: USA, 2012

 
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    Un commento

    • bellissima recensione; ho già avuto modo di vedere il film in inglese, e mi trovo d'accordo su tutto. grande burton!