Franny, di Andrew Renzi

La pellicola di Renzi procede con meccanica semplicità, confezionando conflitti posticci e scene madri ostentate solo per soddisfare il carisma magnetico di Richard Gere

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Alcuni film trovano la sua ragion d’essere, il suo posto del mondo cinematografico, appoggiandosi esclusivamente sull’interpretazione totalizzante dell’attore principale. Andrew Renzi dunque, decide di appoggiare il suo esordio Franny sulle spalle del proprio protagonista, sfruttando a pieno l’opportunità di lavorare con Richard Gere. Il film dunque segue la storia di Franny, un ricchissimo filantropo da anni esiliatosi in un isolamento alla Howard Hughes per affrontare il dolore e il senso di colpa per la perdita di una coppia di amici. Il ritorno in città di Olivia, la giovane figlia dei due scomparsi, presentatasi dal miliardario con un marito, un bambino in arrivo e la volontà di riaccoglierlo nella sua famiglia, costringerà Franny ad affrontare definitivamente i fantasmi del passato.

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La pellicola di Renzi procede con meccanica semplicità, confezionando conflitti posticci e scene madri ostentate solo per soddisfare il carisma magnetico di Richard Gere. L’attore, infatti, si prende sulle spalle la credibilità del proprio personaggio e riesce quasi a trasformare uno stereotipo scontato, sin dal vestiario, del miliardario eccentrico e depresso, in un uomo decisamente più complesso.

richard gere in frannyL’ambiguità di Franny, il suo pericoloso gioco ossessivo di equilibrio tra un folle stalking e la rabbia tenera del non perdere una seconda occasione, il suo dolore lancinante, sono caratteristiche generate solo dall’interpretazione del protagonista. I meriti, se tali si possono considerare, di Renzi sono riscontrabili nel cinico divertimento di mettere allo scoperto le ombre psicotiche della grande borghesia cittadina americana (si respirano le atmosfere degli istanti migliori del deludente Love and Secrets di Jarecki), ma non si va lontano. Il regista, nell’utilizzare lo strumento-Gere, sembra quasi aver voluto nascondere la sua incapacità di andare oltre la superficie laccata della sua storia. Il risultato più clamoroso è lo sciatto sviluppo di diversi spunti, come l’interessante triangolo emotivo con gli altri due coprotagonisti, Theo James e Dakota Fanning (sempre più portatrice di un fenomenale corpo sgraziato, pieno di fascino respingente), condannando il suo Franny a una scontata e facile mediocrità.

 

 

Titolo originale: The Benefactor
Regia: Andrew Renzi
Interpreti: Richard Gere, Dakota Fanning, Theo James, Clarke Peters
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 90′
Origine: Usa 2015
Genere: drammatico

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