Giovanni Segantini – Magia della luce, di Christian Labhart

Un ritratto prezioso, appassionante e rigoroso del maestro di origini trentine, tra le figure più carismatiche della pittura europea di fine Ottocento: anarchico, emarginato, clandestino…

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Distruggete tutte le accademie, che rovinano tanti talenti! Solo i capolavori di artisti che vanno oltre i banali dettami della moda non vacillano, poiché questi hanno sempre saputo creare opere che nessuna moda potrà mai distruggere. Gli uni lavorano per l’arte, gli altri sono artigiani e creano per i soldi” (dai diari di Giovanni Segantini).

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Un ritratto prezioso, appassionante e rigoroso del maestro di origini trentine (svizzero d’adozione), tra le figure più carismatiche della pittura europea di fine Ottocento: pittore, anarchico, emarginato, clandestino. La figura di Segantini riemerge dalle lettere e dai diari originali: nella versione tedesca i testi sono affidati alla voce di Bruno Ganz, nella versione italiana a quella dell’attore ticinese Teco Celio, premiato per la sua carriera al Festival di Locarno 2015. Il regista svizzero, documentarista indipendente, in passato autore di opere anche su Rossini, Mozart, ha così motivato la scelta di volersi dedicare all’artista trentino: “Perché Segantini? Amo i suoi quadri, sono commosso dalla malinconia silenziosa di un mondo semplice, quasi addormentato: pecore, montagne, pastori, la vita quotidiana, i lutti. Segantini cerca una spiritualità universale attraverso la natura, gli animali e gli esseri umani. Per i suoi quadri sceglie i temi fondamentali della vita: la madre, l’amore, l’eros, la sconfitta, la natura, la morte. La vita di Segantini mi ha attratto quanto le sue opere: scrive testi per il partito socialista, convive con la moglie e quattro figli, non paga imposte o affitto. Orfano a sei anni, finì in riformatorio a Milano, da dove fuggì. Ebbe per un breve tempo uno studio a Milano ma presto si trasferì nella luce delle montagne svizzere. Si spinse sempre più in alto, per dipingere dal vero: portò le tele a 2500 metri, lavorando in qualsiasi condizione atmosferica. La morte colse Segantini a quarantuno anni proprio in alta quota, in una baita dove viveva quando dipingeva, per un malore che a valle sarebbe stato curabile. Fece portare il letto alla finestra: «Voglio vedere le mie montagne» sono le sue ultime parole. Da anni studio Segantini. Ho visitato i luoghi dove ha vissuto e costruito le sue tele a cielo aperto. Ho letto quasi tutto ciò che è stato scritto su di lui. Poi ho scoperto i suoi scritti autobiografici e le lettere. La riflessione su questi testi mi ha avvicinato ancora di più al suo sentire. Mi sono aperto a nuove modalità cinematografiche, mi sono liberato dalla necessità dell’interpretazione forzata, ho deciso di lasciar parlare il protagonista: i suoi scritti illuminano al meglio la sua profonda personalità. Questo rifiuto di una narrazione convenzionale mi ha aperto nuove prospettive formali, in una ricerca del rigore nella libertà espressiva”.

pb_segantini_16Un uomo solo davanti alla natura. Un uomo che scruta la montagna, la contempla, ne sente la potenza e il dominio. Un uomo che fugge il mondo e si rifugia fra vette inavvicinabili, eleggendole a luogo della mente capace di lenire ogni dolore. È questo l’uomo che compare di fronte a noi, quando immergiamo lo sguardo fra le atmosfere terse, intense, a volte trascendenti di Giovanni Segantini, pittore divisionista che riuscì nell’arco di pochi anni (morì giovane, a soli quarantun’anni, sul monte Schafberg, a 2731 metri dove si era rifugiato per portare a termine il suo «Trittico delle Alpi») a imprigionare la spiritualità di una natura percepita come simbolo e metafora di un tutto da rivelare. Profeta di una fede non condivisa, è emblematico, tra gli altri, il quadro “A messa prima”, un paesaggio lirico che fa trasparire la carica spirituale panteistica, in cui un sacerdote sale la lunga scalinata in solitudine, riconoscendo con il suo sguardo fisso a terra, l’impossibilità di una risposta alle domande esistenziali dell’uomo. Quindi il doc scopre le sfumature di una personalità molteplice, poco incline ad essere imprigionata nell’ormai usurato cliché di “pittore della montagna” e punta decisamente ad inquadrare Segantini non più come ultimo rappresentante dell’arte di fine Ottocento, bensì come pioniere dell’arte moderna.

Titolo originale: Giovanni Segantini – Magie des Lichts
Regia: Christian Segantini
Interpreti: Bruno Ganz (versione tedesca), Teco Celio (versione italiana)
Distribuzione: Lab 80 Film
Durata: 82’
Origine: Svizzera 2015

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