"Gli equilibristi", di Ivano De Matteo

gli equilibristi, valerio mastandrea
Ai limiti della perdita dell’amor proprio, il film di de Matteo, distribuisce in maniera progressivamente sporadica le situazioni che si prestano a un umorismo leggero per calcare volutamente su particolari strazianti (talvolta sul filo della scontatezza), concentrandosi, nonostante tutto, sull’integerrima (momentaneamente poco credibile) forza interiore del protagonista

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gli equilibristi, valerio mastandreaSe la storia di Umberto D. fosse ricostruita nel 2012, col volto di un Mastandrea sul filo della tragicommedia. Se il ruolo di Flaik fosse occupato da mogli a cui passare gli alimenti, figli adolescenti con i piccoli imprescindibili must have che sembrano imporre i loro anni, e magari figli minori, che chiaramente non dispongono dei mezzi per poter comprendere fino in fondo il rifiuto a certi bisogni materiali, dettati da limiti della stessa natura.
Ivano de Matteo parte da un piano di relativo equilibrio piccolo-borghese (per quanto le crepe di una statica attesa della tempesta abbiano modo di palesarsi ben presto), parziale tranquillità dettata in quel momento forse più dal benessere economico che dall’ effettiva armonia attesa da ogni bianco-mulinico nucleo familiare che si rispetti, lasciando però allo spettatore fin dalle prime inquadrature l’indizio chiave per presagire gli eventi funesti (o meglio il loro dilatato climax) all’orizzonte: un amplesso consumato nell’oscurità da due colleghi fra gli archivi di un ufficio pubblico.

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E dal momento in cui viene fatta luce su quell’episodio non è che un susseguirsi di apparentemente piccole, spesso autoindotte privazioni, pragmaticamente ancorate al reale. Così da una breve vacanza per la figlia maggiore, o da un nuovo apparecchio ortodontico per il figlio, concessi entrambi con sforzi non indifferenti sia in termini materiali che di episodici (seppur non esattamente irrilevanti) attentati alla propria dignità, proseguendo su tutta una serie di “disagi quotidiani”, che, privazione dopo privazione, contribuiscono a costruire, scendendo senza sconti fino ai più patetici dettagli, una radicata situazione di miseria.

Ai limiti della perdita dell’amor proprio, il film di de Matteo, distribuisce in maniera progressivamente più sporadica le situazioni che si prestano a un umorismo leggero per calcare volutamente su particolari strazianti (talvolta sul filo della scontatezza), concentrandosi, nonostante tutto, sull’integerrima (momentaneamente poco credibile) forza interiore del protagonista.
E forse è proprio la volontà di indugiare su questa condizione, perdersi su dettagli quasi da lacrima facile (in prima linea la struggente cornice natalizia) che per certi versi perde in verosimiglianza, o quantomeno si mostra in certi tratti, delineata calcando la mano piuttosto dispersivamente, che probabilmente non permette di aderire in modo completo ai momenti che puntano a suscitare i picchi di commozione più alti nello spettatore.

Regia: Ivano De Matteo
Interpreti: Valerio Mastrandrea, Babora Bobulova, Rolando Ravello, Maurizio Casagrande, Rosabell Laurenti Sellers

Origine: Italia, Francia, 2012

Distribuzione: Medusa

Durata: 100'

 

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