HOMEWORKS – Complete unknown, di Joshua Marston

Complete unknown racconta la dispersione nella modernità, traccia costante dello smarrimento dei tempi. Dal regista di “La faida” e “Maria Full of grace”, con Rachel Weisz e Michael Shannon

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La vicenda di Complete unknown è riflessa in una segreta intimità cui fa da sfondo una metropoli sempre notturna, invisibile e protettiva. Alice, Rachel Weisz, è una biologa, studia le rane, ma presto scopriremo che questa è una delle sue tante vite dopo essere andata via da casa molto giovane. Tom, la cui maschera dura è quella di Michael Shannon, sembra incontrarla occasionalmente dopo 15 anni, alla festa del suo compleanno, ma è stata Alice a cercarlo. Tra di loro un vecchio amore che non ha futuro e una sola notte prima di un’altra fuga di Alice verso un’altra vita.
Sembra sempre ricominciare da capo la vita di Alice, con quelle esistenze che si sovrappongono alla ricerca di un’ultimacomplete-unknown-morton identità: collaboratrice di un mago in Cina, studiosa di rane in Tasmania, forse anche archeologa, vite e luoghi diversi per non essere intrappolata nelle vite degli altri, nelle attese di una anonima collettività e nelle altrui pretese sulla vita che deve appartenere solo a chi la vive. Complete unknown è un film inconsapevolmente pirandelliano in cui Alice, vero motore di una storia d’ambiente più che fondata su un susseguirsi di fatti che restano solo narrati, vuole sfuggire ad ogni identità posticcia e subita per ricominciare ogni volta da capo, è questa la sua ribellione che assume le forme della devianza contro ogni volontà che le imponga un ruolo e un’attesa di risultati che si fa soffocante.
Joshua Marston, non proprio giovanissimo autore americano, con una eclettica formazione che dalla fiction (Mary full of grace) ha spaziato fino ai resoconti di guerra durante la Guerra del Golfo, è un regista che si dedica ad un cinema che svolga anche una funzione civile. Ma Complete unknown è un film che si discosta da questa poetica ricorrente nella sua

complete-unknown-shannonnon molto nutrita filmografia per guardare ad una intimità dei personaggi che sembrano dispersi in un contesto sociale anonimo e indifferente forse ai bisogni, forse al desiderio di solidarietà. Alice sperimenta le vite, ne inventa perfino una per Tom nella sognante fuga notturna che i due mettono in atto dopo avere lasciato la noiosa festa di compleanno di Tom. Alice si spaccia per cardiochirurgo e costruisce in poche frasi un passato e un presente di osteopata per Tom, smarrito davanti a tanta imprudenza. Ma la fantasia serve ad aiutare la anziana donna (Kathy Bates) afflitta da vari malanni dell’età e suo marito (Danny Glover) che nella semplicità dell’umorismo trova la chiave per superare la solitudine. Tom percepisce quella silenziosa solitudine e Alice l’ha già percepita e quello è il loro modo fuggevole per dare speranza e fiducia, per dare quell’ascolto forse troppe volte negato. Ma è proprio un tocco, complete-unknownAlice non sa fermarsi, non può più affondare le mani in una sola vita, tanto la sua è composita ai limiti di una inguaribile sociopatia. Nell’affastellarsi di racconti, di identità multiformi di Alice, Complete unknown è inevitabilmente anche un film sulla verità e sul suo atteggiarsi. Tom non sembra credere a tutto ciò che la donna gli racconta, ma Alice porta le prove e Tom si arrende davanti ad una tale determinazione e d’altro canto Alice mette in dubbio i racconti degli amici di Tom, in fondo, dice, non so se sia la verità. Marston modernizza, con uno sguardo metropolitano discreto e refrattario ad ogni retorica, temi antichi e il suo cinema intimo si stende tra salotti angusti, solitarie stazioni di metropolitana e luci indistinte sui primi piani dei suoi protagonisti, facendo emergere squarci di verità complesse, segnando un punto in quella dispersione della modernità che sembra essere una traccia costante dello smarrimento dei tempi. La fuga di Alice da ogni possibile certezza, fino all’ultimo, dopo essersi data appuntamento a complete-unknown-weiszprossimi quindici anni con Tom, è il suggello di questa difficile adattabilità al mondo, la dove sembra mancare la terra sotto i piedi, Alice trova sempre il coraggio della fuga, quel coraggio che Tom non riesce a trovare covando silenzioso e introverso la sua perenne insoddisfazione. Marston sembra avere trovato la misura giusta per questo racconto, lavorando sui dialoghi ed escludendo progressivamente i personaggi per lasciare da soli sulla scena i suoi due protagonisti. Il film, pur calato in una realtà riconoscibile, sembra misurarsi con una graduale rarefazione in cui riconoscere una inguaribile solitudine, quella alla quale è condannato lo spirito di Tom e quella che Alice ha scelto quando ha deciso di non condividere con nessuno i propri sentimenti.

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