HORROR & SF – The Divide

The Divide
Poca visibilità per questo ulteriore ed interessante tassello di quella pluri- e etero- narrazione continua negli ultimi anni che è il racconto apocalittico, da fine dei giorni, nuova sortita del francese Xavier Gens, una piccola via personale per fortificare un'ascendenza europea con il sistema hollywoodiano

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A norwegian, an english and a french walk into a bar… No, non è una one-line joke magari pronunciata da Norman Osborn mentre entra nel Bar With No Name, rifugio alcolico e grigio e solitario dei villains dell’Uomo Ragno e di Devil, unico locale del Marvel Universe dove passare le tarde nottate a parlare di questa sconfitta, di quella battaglia, della volta che… No, molto più prosaicamente e personalmente, si tratta di una one-line joke che racchiude gli ultimi registi di genere di cui ci siamo occupati, il norwegian Tommy Wirkola di Dead Snow su “Unknown Pleasures” – nei cinema con Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe –, l’english Mark Tonderai con House at the End of the Street e, adesso, walks into a bar, il french Xavier Gens con questo The Divide, produzione del 2011 che dopo vari festival (SXSW, Fantasia, Sitges, Toronto After Dark – qui secondo posto nell’Audience Award) è uscito in versione limited negli Usa, in Canada e in pochi altri paesi.

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Poca visibilità dunque per questo ulteriore ed interessante tassello di quella pluri- e etero- narrazione continua negli ultimi anni che è il racconto apocalittico, da fine dei giorni. Un mosaico di nomi, date, generi, circuiti, successi che ci dice tanto sulla fortuna, ma soprattutto l’efficacia e la pregnanza, di tale elaborazione produttiva-narrativa: dalla commedia (?) di Cercasi amore per la fine del mondo al dramma (?) di Melancholia, dalla tragedia (?) di The Tree of Life al melò (?) di 4:44 Last Day on Earth – aspettando i futuri demenziali (?) This Is the End e The World’s End –, la trasversalità di tale totalizzante operazione appare in tutta la sua vastità e portata, avvicinando in questa ultima corsa latitudini molto distanti tra loro, assuefando pellicola dopo pellicola, evento dopo evento, a quello di là da venire – la risultante finale è proprio questa: laddove prima il pubblico era allo stesso tempo attratto e/o respinto dal genere di riferimento per questo tipo di racconto, cioè la fantascienza, adesso l’imminente apocalisse stempera e diluisce i suoi effetti in forme meno riconoscibili a livello di temperatura emotiva, rimanendo iconograficamente sullo sfondo ma pronta, sempre alla fine, a soverchiare il tutto…

The Divide, poi, sceglie un’altra via all’interno di questo sotto-genere, che temporalmente oscilla quasi sempre tra il day after e il day before, evitando la narrazione in diretta, puntellandosi così di flashback e flashforward per mostrare quello che irrimediabilmente è stato e quello che irrimediabilmente sarà. Il film di Gens non ha bisogno di tutto questo, mostrandoci in presa diretta la sopravvivenza durante l’apocalisse che si sta svolgendo, e solo in un’ultima parte che guarda caso coinciderà con un possibile sequel, sposta le vicende avanti in questa timeline della fine dei giorni (ma solo di appena due settimane, e sempre se si può parlare di computo dei giorni dopo la fine del mondo…). E tutta la sequenza iniziale, perfetta nella sua semplicità, chiarezza espositiva, precisione, è lì per portarci alla vicenda, al film stesso: nove persone scampano all’apocalisse nucleare che sta colpendo New York rifugiandosi nel bunker antiatomico che sta nelle fondamenta del loro palazzo. Eva, Sam, Mickey, Bobby, Josh, Devlin, Adrien, Marilyn, Wendi non spiccano inizialmente per quella differenziazione dei caratteri necessaria ad ogni narrazione post- per innalzare un qualche discorso anche semplicemente per contrasto. Pur nelle diversità emotive, i nove sono compatti nella sopravvivenza unidirezionata ad uno scopo, che è quella di capire cosa c’è dietro la porta blindata del bunker. Ma quando dei misteriosi uomini con delle bianche tute a protezione biologica fanno irruzione e rapiscono la piccola Wendi per poi bloccare l’unica via d’uscita, da quel momento in poi la sopravvivenza diviene utile solo a sé stessa – quindi nulla –, e il gruppo inizia a sfaldarsi, ad incattivirsi, ad andare contro… Ed è qui che Gens – e gli scrittori Karl Mueller e Eron Sheean – viene fuori, inspessendo i caratteri e il racconto, che se nella prima parte viaggiava troppo velocemente, con continui ribaltamenti e ogni situazione appariva troppo pilotata, adesso rallenta sensibilmente, oscurandosi, lacerando e suddividendo lo spazio del bunker. Il regista francese prende possesso del film sulla distanza, e rimembrando le torture senza appiglio di Frontiers e la dinamicità di Hitman, fa sprofondare ancora più in profondità lo scenario, alimentando per la prima volta l’ebbrezza orrorifica di essere gli ultimi sopravvissuti, senza limiti, senza ricordi.

Ed è qui che il suo lavoro presente e futuro si fa interessante, nell’evoluzione compiuta passando dall’altra parte dell’oceano, una palingenesi visiva che lo porta dall’orizzontalità estrema e da videoclip dell’esordio francese ad una pur minima elaborazione dei processi videoludici con il secondo lavoro – con un uso estremamente interessante di alcune sequenze che cercano di sovrapporsi alla classica visuale dell’Hitman della Eidos –, per approdare infine a questo The Divide che alterna morbidi e lunghi piani sequenza all’interno del poco esplorato bunker ad esplosioni di violenza che quasi costringono una visione prima immersiva e ondulata a divenire rabbiosa, senza fiato, fino alla distensione finale. Ma Gens non solo sembra tracciare una piccola via da seguire per quanto riguarda il solitario lavoro registico, poiché è forse più importante notificare come il viaggio di sola andata dalla Francia non sia stato in solitaria: Carlo Rizzo (montaggio), Laurent Barès (fotografia) e Jean-Pierre Taieb (compositore) sono tutti dei vecchi sodali di Gens, passati da Frontiers a Hitman a The Divide. Una piccola via che potrebbe tornare utile al norwegian Wirkola e all’english Tonderai per fortificare la loro ascendenza europea con il sistema hollywoodiano, e che siamo sicuri Gens rilancerà con i prossimi The Farm e Cold Skin, entrambi in pre-produzione.
 

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