HORROR & SF – Amicus House of Horror

È stato ed è ancora uno dei sottogeneri più caratteristici del cinema horror: parliamo dell’omnibus, o anthology che dir si voglia, più comunemente conosciuto come il film a episodi. Una formula che in questi ultimi tempi sta conoscendo una sorta di nuova giovinezza, grazie a una serie di pellicole più o meno di successo (ma molte delle quali ancora inedite in Italia) come Tales of Halloween, A Christmas Horror Story, Southbound, la trilogia di V/H/S, solo per citare i titoli più noti. In realtà il cinema fantastico ha da sempre fatto ricorso alla struttura a capitoli, basti pensare che i primi esperimenti risalgono già all’epoca del muto, con alcuni pioneristici adattamenti dei racconti di E.T.A. Hoffman e Edgar Allan Poe; ma è con il celebre Incubi notturni (Dead of Night, 1945) che il genere entra prepotentemente all’interno dell’immaginario collettivo. Negli anni Sessanta, I racconti del terrore di Roger Corman e I tre volti della paura di Mario Bava rappresentarono due capisaldi fondamentali, ma se esiste una produzione horror profondamente legata al film a episodi, questa è certamente quella realizzata dalla Amicus, la casa di produzione inglese “rivale” della Hammer, la quale mise in cantiere sette titoli dal 1964 al 1973, tutti imprescindibili per chiunque voglia approcciarsi all’argomento in maniera pienamente consapevole.
Uno schema narrativo fisso (intoduzione/episodi/epilogo), quasi mai soggetto a variazioni di sorta; ispirazione prevalentemente letteraria; presenza di nomi di rilievo nel cast, molto spesso utilizzati per pochissimi giorni di riprese al fine di ottenere il miglior risultato economico possibile a fronte di budget considerevolmente ridotti: queste le caratteristiche principali del genere, talvolta accusato di eccessivo moralismo (i personaggi sono quasi tutti negativi, quindi da punire) ma che risulta essere sempre e comunque l’incarnazione dell’aspetto più ludico e giocoso dell’universo fantastico, andando così a recuperare quel piacere ancestrale delle storie raccontate davanti al camino o intorno al fuoco. Un vero e proprio stimolo per la fantasia di registi e sceneggiatori (spesso presi “in prestito” dalla Hammer, come nel caso di Freddie Francis e Roy Ward Baker), qui alle prese con un respiro narrativo molto più conciso e, di conseguenza, con molta più libertà di sperimentare sui soggetti e sulle gesta dei personaggi.

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Ecco quindi una breve guida per orientarsi meglio all’interno del meraviglioso mondo dei film horror a episodi targati Amicus.

1Le cinque chiavi del terrore (Dr. Terror House of Horror, 1964), di Freddie Francis.
Il primo omnibus targato Amicus, tra i migliori in assoluto. Raro caso (insieme a I racconti dalla tomba e Vault of Horror) in cui gli episodi sono cinque e non quattro. Cinque sconosciuti dividono la carrozza di un treno con il misterioso Dottor Shock, il quale rivela loro il futuro attraverso i tarocchi: un architetto alle prese con un lupo mannaro; una pianta assassina in grado di minacciare i futuro dell’umanità intera; un musicista che prima ruba i segreti della musica voodoo e poi ne paga le conseguenze; un critico d’arte vittima della terribile vendetta del pittore che aveva spinto al suicidio; un dottore scopre che la donna appena sposata è in realtà una vampira. Fatta eccezione per il terzo episodio, lievemente sottotono, tutti gli altri sono qualitativamente eccellenti; Peter Cushing e Christopher Lee ovviamente spiccano sul resto del cast (il segmento con Lee è una piccola gemma), ma anche in loro assenza c’è di che divertirsi. La rivelazione finale diventerà una costante del genere. Il film sarà omaggiato da Sergio Stivaletti nel 2003 con il suo I tre volti del terrore (con John Phillip Law nel ruolo che fu di Cushing).

 

Il giardino delle torture (The Torture Garden, 1967), di Freddie Francis.2
Scritto da Robert Bloch (che adatta quattro suoi racconti), già autore di diverse sceneggiature per la Amicus. In un luna park, il Dottor Diabolo invita i suoi clienti più coraggiosi a confrontarsi con il proprio destino: un uomo uccide lo zio per potergli rubare il tesoro nascosto, ma una volta trovato viene punito da un’entità imossessatasi di un gatto; una giovane aspirante attrice non esita a tradire la migliore amica pur di coronare il proprio sogno, ma una volta raggiunto il successo scopre cosa si nasconde dietro la bellezza apparente dei divi del cinema; un pianista si innamora di una donna, ma il suo pianoforte non accetta di essere messo in disparte; un collezionista di feticci di Edgar Allan Poe tiene segregato in cantina il fantasma del celebre scrittore. Tra i più disomogenei della serie, nonostante l’ambientazione di raccordo (il luna park) sia funzionale all’atmosfera generale, il film soffre di troppi episodi poco incisivi (il primo e il terzo soprattutto); il secondo sfiora la fantascienza e anticipa tematiche che successivamente saranno riprese e approfondite sia dal cinema che dalla letteratura. Ma il vero capolavoro è l’ultimo, una lotta senza esclusione di colpi tra due fanatici collezionisti di Poe (Cushing e Jack Palance) fino a un finale indimenticabile. Palance e Burgess Meredith furono imposti dalla distribuzione americana.
3La casa che grondava sangue (The House that Dripped Blood, 1970), di Peter Duffel.
Forse il meno ispirato di tutti, ancora una volta sceneggiato da Robert Bloch a partire dai suoi racconti. L’elemento di raccordo (la casa del titolo) è poco più di un pretesto per collegare quattro storie, facendo così venir meno il fascino del contesto. Uno scrittore horror ritrova la vena creativa inventando il personaggio di un pericoloso maniaco assassino, che sembra materializzarsi nella realtà; un museo delle cere con statue che rappresentano persone veramente esistite; un’insegnante viene assunta come maestra di una bambina che in realtà è la figlia di una strega; un attore di film horror acquista un mantello che trasforma in vampiro chiunque lo indossi. Senza eccessi in positivo né in negativo (ma l’episodio con Cushing – il secondo – è tra i meno interessanti mai interpretati dall’attore), e poco fantasioso sia dal punto di vista della scrittura che della realizzazione, con un anonimo Duffel promosso a regista che fa rimpiangere il talento visivo dell’illustre predecessore.

 

La morte dietro il cancello (Asylum, 1972), di Roy Ward Baker.4
Terza e ultima sceneggiatura di Robert Bloch per un omnibus Amicus, ma stavolta la regia passa nelle mani sapienti di Roy Ward Baker. Il Dottor Martin si reca in un manicomio per sostenere un colloquio di lavoro, ma giunto sul posto scopre che il primario che dirige il posto è stato ricoverato come paziente. Ascoltando le storie dei quattro internati dovrà scoprire dietro quale di essi si nasconda in realtà il medico: un uomo fa a pezzi la moglie per fuggire con l’amante e ne impachetta i resti dentro il congelatore, ma a causa di un rito voodoo questi prendono vita per vendicarsi; un sarto viene incaricato da un misterioso cliente di realizzare un vestito in grado di ridare vita ai morti; una tossicomane viene segregata dal fratello nella loro casa di campagna, ma la donna soffre di uno sdoppiamento della personalità che la spinge a compiere dei delitti; uno dei pazienti costruisce dei pupazzi all’interno dei quali trasferisce l’anima e la mente delle persone. Ricco di spunti e trovate interessanti, anche se non il miglior prodotto in assoluto della Amicus. L’episodio con Cushing (il secondo), comunque, ancora una volta si dimostra di livello superiore.
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I racconti dalla tomba (Tales from the Crypt, 1972), di Freddie Francis.
Il capolavoro della casa di produzione inglese, quello in cui orrore, fantasia e mistero trovano un equilbrio pressochè perfetto. Tratto dalla omonima, popolare e assai contestata serie a fumetti pubblicata dalla EC Comics di William Gaines. Cinque personaggi in visita a un cimitero si perdono dentro una cripta, all’interno della quale un individuo incappucciato mostra il loro futuro: una donna uccide il marito durante la vigilia di Natale, ma ignora che nelle vicinanze si aggira un pericoloso maniaco vestito da Babbo Natale; un uomo progetta di abbandonare la famiglia per scappare con l’amante, ma la fuga ha un esito tragico; un pover’uomo viene spinto al suicidio da un ricco aristocratico, ma ritorna dalla morte per vendicarsi; una misteriosa statuina cinese è in grado di esaudire tre desideri, i quali vengono esauditi fin troppo alla lettera; il direttore di una clinica per non vedenti si comporta in maniera tirannica con i suoi pazienti, i quali decidono di organizzarsi e vendicarsi dei torti subiti. Nessun calo di tensione e una qualità di scrittura costantemente eccellente: questi i punti di forza di un film che ancora oggi è un piccolo classico imperdibile per qualsiasi appassionato. Non soltanto il miglior film a episodi della Amicus, ma probabilmente uno dei migliori in assoluto di sempre. Il primo episodio sarà rifatto da Robert Zemeckis nella prima stagione della celebre serie televisiva Tales from the Crypt, il terzo invece è una meravigliosa commistione di orrore, tenerezza e malinconia. Prologo e epilogo rimangono tra i più suggestivi e riusciti di tutta la serie. Fondamentale.

 

Vault of Horror (1973), di Roy Ward Baker.6
Vero e proprio sequel del precedente I racconti dalla tomba, ancora una volta tratto dai racconti a fumetti della Ec Comics. L’ambientazione si sposta all’interno di un grattacielo, dove quattro estranei prendono l’ascensore e si ritrovano in un sotterraneo dove cominciano a raccontarsi i rispettivi sogni: un uomo raggiunge la sorella in villaggio sperduto per ucciderla e ottenere l’eredità, ma il posto è popolato da vampiri; un maniaco dell’ordine porta la moglie alla pazzia; una coppia di illusionisti in vacanza in India uccide una maga per rubarne i segreti, con esiti facilmente immaginabili; un uomo si finge morto ma non ha fatto i conti con una coppia di ladri di cadaveri; un pittore si vendica di coloro che lo avevano raggirato grazie alla magia nera, ma il destino ci mette lo zampino. Realizzato per cavalcare l’onda del successo del precedente, il film non ha ottenuto lo stesso successo di critica ed è stato bollato come un tentativo poco riuscito. Ingiustamente: anche se inferiore al film di Freddie Francis, Vault of Horror rimane tra i titoli più interessanti del filone, grazie a un riuscito mix di atmosfera (il primo episodio), ironia (il secondo) e trovate visive (la corda assassina del terzo). Ancora una volta il più memorabile risulta essere l’ultimo segmento, una sorta di variazione sul tema del ritratto di Dorian Gray, interpretato da un eccellente Tom Baker (per gli appassionati, la quarta incarnazione del Doctor Who). Inspiegabilmente, il film non è mai stato distribuito in Italia e per lungo tempo è stato irreperibile anche all’estero.
7La bottega che vendeva la morte (From Beyond the Grave, 1973), di Kevin Connor.
Ultimo omnibus targato Amicus, che chiude la serie in grande stile risultando essere tra i migliori prodotti del suo genere. A testimoniare la chiusura del cerchio, Peter Cushing ritorna a interpretare il protagonista della vicenda che fa da contorno ai vari episodi, esattamente come nel primo Le cinque chiavi del terrore. Qui interpreta un antiquario vittima di clienti truffatori e disonesti, sui quali fa ricadere la propria vendetta: un uomo riesce a portarsi a casa a poco prezzo uno specchio che in realtà nasconde lo spirito di un assassino, dal quale viene plagiato fino a prenderne il posto; un uomo vessato dalla famiglia ruba una croce di guerra e stringe amicizia con un ex soldato, la cui figlia pratica la magia nera; un uomo compra una tabacchiera sostituendone il tagliando con il prezzo, ma si ritrova un poltergeist in casa; uno scrittore acquista una porta dietro la quale si cela una misteriosa stanza blu, abitata da un negromante del XVII secolo. L’opera prima di Kevin Connor (che in seguito realizzerà La terra dimenticata dal tempo e Centro della terra: continente sconosciuto) è visivamente impressionante, e regala momenti di puro sense of wonder orrorifico; tanti gli elementi di interesse, a cominciare dallo specchio del primo episodio fino agli sviluppi narrativi del terzo. Memorabile, come ormai di consuetudine, il capitolo finale. Da riscoprire.

 

Ascolta i podcast di La cripta di Midian.

 

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