I dubbi degli Animali Notturni…

Se Animali Notturni è un’opera complessa (come scrive l’amico Tonino nella sua recensione), era giusto tornare brevemente su un film che già a Venezia aveva creato pareri discordanti nella redazione

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Il cinema di Tom Ford ha molti motivi d’interesse. In appena due film il famoso stilista e regista americano è riuscito a creare un universo autoriale ben strutturato, riconoscibile e per giunta già battezzato da importanti premi festivalieri. Il suo è un mondo innervato da solitudini abissali riempite da racconti e memorie che sovrastano puntualmente il presente dei personaggi, incastonati però in una cura formale di asfissiante perfezione. Ecco allora: proprio perché quest’ultimo Animali Notturni è un’opera tesa e complessa, che fa della complessità il suo motivo d’essere (come scrive giustamente l’amico Tonino nella sua recensione), era giusto tornare a parlare brevemente di un film che già a Venezia aveva creato pareri molto discordanti nella redazione di Sentieri Selvaggi.

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Chiediamoci subito: a cosa mira la complessità manifesta di Tom Ford? Insomma dove porta quest’ossessione furiosa di farci capire, in ogni precisa rima forzata, le traiettorie di questi tre universi diegetici? Il destino di Susan è scritto nel romanzo dell’ex marito Tony e presupposto nel loro passato insieme: le simmetrie calcolate al millimetro e urlate al megafono ci fanno scivolare senza grossi dubbi verso un finale punitivo (che non sveliamo) di ingiustificata presa di posizione nei confronti dei personaggi.

Animali notturni (tratto dal romanzo Susan e Tony di Austin Wright) corteggia generi e umori diversi (dal noir al western, dai tempi dell’autorialità europea agli spazi dell’azione americana), risultando anche abbastanza affascinante nelle sue singole parti, ma alla lunga collassando proprio nella povera e pre-ordinata visione di insieme che ci propone. Ossia un ballo di marionette dirette da un abilissimo burattinaio che non ha mai il coraggio di far vivere le proprie immagini e i propri personaggi nelle notte delle loro pulsioni, restituendoceli solo nelle levigate certezze decise a monte. E allora se quella fastidiosa estetizzazione dei sentimenti di A single Man manifestava comunque un’apparente libertà narrativa di fondo, qui tutto si fa purò esercizio di stile. La complessità indubbia non è mai condivisa, perché lo spettatore non può farne parte sino in fondo: per essere un film notturno si vede e si capisce sin troppo nell’orrorifica notte texana di Jake Gyllenhaal; per essere un film animalesco vediamo immagini sin troppo domate e ri(t)mate al montaggio nella lettura di Amy Adams; infine per essere Tony e Susan due animali notturni diventa sin troppo facile “geolocalizzare” dall’alto ogni loro sentimento. Insomma Tom Ford disegna e cuce un vestito perfetto per un cinema che si fa fatica a condividere. Un cinema povero di dubbi in un film che racconta solo di dubbi

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