Il colosso d’argilla, di Mark Robson

Ultimo memorabile film di Bogey in una rappresentazione realistica della corruzione del modo della boxe. Dal forte impatto realistico ma anche ipnotico. Amato da Godard. Domani, ore 14, Cine Sony

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Tra gli anni ’40 e ’50 la boxe faceva davvero a pugni col noir. Appariva come un legame indissolubile. Il ring era solo uno degli spazi dove si muoveva un sottobosco tra avidità e corruzione. E Il colosso d’argilla di Mark Robson ha un’efficacia drammatica assoluta nel mostrare un mondo di scommesse, incontri truccati, frasi ad effetto: “Ha la mascella d’acciaio e lo stomaco di ferro”.

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Al centro dell vicenda c’è una banda di criminali capeggiata da Benko (Rod Steiger) che attraverso una serie di incontri truccati porta il possente pugile Toro Moreno (Mike Lane), che però ha uno scarso talento, a battersi per i pesi massimi. Per rendere più credibile il piano, viene ingaggiato Eddie Willis (Humphrey Bogart), un giornalista disoccupato. Che però finirà per aprire gli occhi alla vittima dell’imbroglio.

il colosso d'argilla mike laneNon è solo un film sulla boxe. Ma anche sul giornalismo, dove Humphrey Bogart sembra tornare a L’ultima minaccia e riecheggiare quelle forme dello ‘spettacolo della realtà’ (il pullman con l’immagine di Toro Moreno) come Kirk Douglas in L’asso della manica. Rispetto a Kirk Douglas Eddie Willis è però un soggetto passivo, sospeso tra coscienza e opportunismo. Il film di Robson vorrebbe forse aprirsi alle forme mélo di un Vincente Minnelli o Delmer Daves: la preghiera di Toro Moreno prima dell’incontro o il suo senso di colpa per aver ucciso un avversario sono come degli slanci rientrati. Quasi un tentativo dello stesso Robson di andare oltre un suo precedente film sul pugilato, Il grande campione (1949) con Kirk Douglas, altro efficace sdoppiamento tra ring e vita privata.

il colosso d'argilla humphrey bogart mike laneIl colosso d’argilla è, ancora oggi, un film che tiene alla grande. Tratto da un romanzo di Budd Schulberg e ispirato alle vita di Primo Carnera, ha una secca, immediata, rappresentazione realistica. Che si può vedere anche nell’intervista al pugile caduto in disgrazia – quasi un frammento documentario in un film di genere, e siamo nel 1956 – ma anche nella rappresentazione della metropoli. In più, l’incontro finale ha qualcosa di ipnotico. Le luci sul ring che devastano Moreno, la sua soggettiva, l’immagine dei ‘pugili come carne da macello’.

Amato da Godard che lo cita in Fino all’ultimo respiro quando Belmondo vede il manifesto davanti a un cinema, è anche l’ultimo film di Humphrey Bogart; il celebre attore aveva iniziato ad avere i sintomi della malattia che lo avrebbe portato alla morte proprio sul set di quel film. E offre una prova sempre sospesa tra il personaggio e il Mito. Ed Eddie Willis esce fuori da Bogey. Attraverso il suo volto, quel che resta del noir. Con la sua immagine finale che è da urlo: Eddie si mette alla macchina da scrivere per l’articolo in cui smaschererà tutti. Il titolo è The Harder They Fall. Proprio come il titolo originale di Il colosso d’argilla.

Titolo originale: The Harder They Fall

Regia: Mark Robson

Interpreti: Humphrey Bogart, Rod Steiger, Mike Lane, Jan Sterling, Max Baer

Durata: 105′

Origine: Usa 1956

Genere: drammatico

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