Il diavolo veste Prada, di David Frankel

Tocca la commedia nera e immortala icone umane e urbane; la sceneggiatura e le interpretazioni, senza mai una caduta, legano lo spettatore senza che se ne accorga.

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David Frankel, regista prima di tutto televisivo (Sex and the City), realizza un film sorprendente, senza sbavature né cadute di stile, senza banalità e di ritmo serrato. Racconta in modo obiettivo e insieme mitizzante – ma senza esasperazioni – New York, i suoi abitanti e la sua atmosfera. Fa di Anne Hathaway, che già spiccava in I segreti di Brokeback Mountain, un personaggio in continua evoluzione estetica ed emotiva, in cui contemporaneamente può riconoscersi qualsiasi over 20 che abbia avuto un lavoro e sul cui volto si richiamano le icone di Audrey Hepburn e Julia Roberts.

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Non ci si aspettava tutto questo dalla trasposizione del romanzo re della chick lit, The Devil Wears Prada di Lauren Weisberger. Si attendeva probabilmente una grande Meryl Streep, ma anche questa interpretazione supera se stessa – sia in complessità che in profondità. Miranda Priestly, imperatrice della moda mondiale e della rivista ‘Runway’, quella che decide cosa indosseranno le donne di tutto il pianeta, poteva essere semplicemente insopportabile e cattiva. La straordinaria Streep regala al pubblico un personaggio a tutto tondo, pieno di sfaccettature, dotato di un carisma che annichilisce, di un cinismo che è impossibile non amare e di un equilibrio perfetto tra intoccabile immagine pubblica e dischiusa dimensione privata. E Frankel la immortala in una immagine incredibile, difficile da dimenticare – quella del saluto finale alla sua assistente, di profilo, pronta a scendere dall’auto, ancora e sempre verso il mondo “che tutti vogliono essere, per cui tutte si scannerebbero”. Quell’immagine è la fotografia (di un’) irraggiungibile, è il cinema che ferma per sempre, contemporaneamente, una persona in carne ed ossa (quella di cui si racconta nel romanzo), una diva, e un’epoca – quella che vede la moda moltiplicare all’infinito spazi, risonanze e contaminazioni.

E tanta luce non offusca il personaggio di Andy, la nuova assistente di Miranda, a Manhattan per diventare giornalista, a lavorare per ‘Runway’ quasi come seconda scelta…La Hathaway trasformista, da ragazza di ferro dell’Ohio e macchia imbarazzante sulla superficie lucidata e supertrendy dello staff redazionale, a stella capace di sorprendere colleghe terribili, stilisti consumati, la direttrice stessa. Abiti nuovi, scoperta di se stessa e personalità forte l’accompagnano in una metamorfosi che ricorda e cita Pretty Woman, mentre il film scivola dalle battute e dalle situazioni esilaranti ai toni della commedia nera, il set si sposta da New York a Parigi e la sceneggiatura, senza concedere pause, lega stretto lo spettatore alla successione di eventi e al percorso di ogni personaggio. In Il diavolo veste Prada le cattive (una per tutte Emily Blunt) lo sono davvero e senza compromessi, ma è impossibile non divertirsi e non amare la loro crudeltà. Stanley Tucci, stilista e braccio destro di Miranda, è una esilarante sintesi di disincanto e humor che mischia isteria e umanità. E bellissima è la rappresentazione delle due capitali del mondo: la vita reale di New York – caos oltre ogni immaginazione di giorno, quiete apparente e perdita di senso di notte – e i grattacieli della Fifth Avenue, potere e annientamento della sfera emotiva, riflessi sul finestrino di Miranda; e Parigi che scorre, sempre dal finestrino, regalando alla pellicola il respiro più grande nel finale, quando Andy, vestita con gli stessi colori della città, prende la sua vita e ne fa quello che davvero vuole.

Titolo originale: The Devil Wears Prada
Regia: David Frankel
Interpreti: Meryl Streep, Anne Hathaway, Emily Blunt, Adrian Grenier, Simon Baker, Stanley Tucci
Distribuzione: 20th Century Fox Italia
Durata: 110′
Origine: USA, 2006

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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