Il diritto di contare, di Theodore Melfi

Un film troppo normale, anche tropo poco appariscente, a tratti verboso. Ma sono questi i segreti della sua solidità. Ottime le tre protagoniste che combattono con l’alieno Kevin Costner

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Negli Stati Uniti è già un caso. Dopo 10 settimane di programmazione Il diritto di contare ha incassato circa 160 milioni di dollari. Un risultato sorprendente per un film così ‘normale’, senza colpi improvvisi. Anzi spesso in assenza, che disinnesca anche le potenziali scene-madri. Alla base c’è una storia vera, quella di tre donne afroamericane (Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson) che negli Stati Uniti degli anni ’60 erano le menti geniali della NASA e hanno contribuito al successo di missioni spaziali come nel caso dell’astronauta John Glenn.

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il diritto di contare kevin costnerNon c’è Ben Affleck che fa i calcoli sul vetro come in The Accountant. I numeri invece sembrano essere quasi un elemento che si integra con la scrittura, un dato essenziale di uno script che procede volutamente senza voli ma attento a ricreare le atmosfere degli anni ’60 e a raccontare dettagliatamente la vicenda realmente accaduta. La NASA diventa l’unità di luogo di un film magari a tratti verboso ma estremamente trasparente. Che si accende ogni volta che compare Kevin Costner, altra incarnazione di un personaggio che ritorna nel passato come se arrivasse dal futuro. Come se fosse uscito da un film di Frankenheimer, Lumet o Mulligan. Ed è proprio a quel cinema narrativamente robusto che sembra ispirarsi Theodore Melfi – autore della sceneggiatura assieme ad Allison Schroeder – che riesce sempre a creare tensione anche in dei momenti apparentemente neutri (le tre protagoniste accompagnate al lavoro dalla polizia dopo che si è fermata la macchina). Certo, il regista – che ha alle spalle l’anonimo St. Vincent – non esplora tutte le traiettorie di uno spazio che si estende in verticale (le missioni nello spazio) e in orizzontale (i movimenti frenetici dentro la NASA, come le corse alla toilette non discriminata di Katherine). Però Il diritto di contare rinuncia proprio a quegli improvvisi abbagli di film come A Beautiful Mind. Preferisce raccontare prima di mostrare. Può essere il suo limite ma anche il suo pregio. In questo caso ci si orienta tendenzialmente per la seconda ipotesi. E nella sua solidità, oltre all’alieno Costner, c’è da sottolineare la bravura delle tre protagoniste, Taraj P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe. Quando sui titoli di coda compaiono le immagini reali delle tre donne, non si avverte quasi lo scarto.

 

Titolo originale: Hidden Figures

Regia: Theodore Melfi

Interpreti: Taraj P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst

Distribuzione: 20th Century Fox

Durata: 127′

Origine: Usa 2016

 

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