Il libro di Henry, di Colin Trevorrow

Il film frantuma disordinatamente le sue interessanti linee narrative, colleziona generi e situazioni, ma non trova mai il giusto amalgama che giustifichi tutti questi spunti. Peccato

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Strana storia quella di Colin Trevorrow. Dal trionfo critico con l'”indipendente” Safety Not Guaranteed, al trionfo di botteghino con Jurassic World (con tanto di investitura spielberghiana in curriculum), sino alla definitiva consacrazione come regista di Star Wars (Episodio IX, sarebbe dovuto essere…). Nel frattempo c’è stato però il bizzarro libro di Henry, costato “solo” 10 milioni di dollari, film che doveva portare avanti la sua anima intimista e autoriale. E qui nasce l’intoppo. Il film non ha avuto gli esisti sperati (né tra il pubblico né come ricezione critica) e proprio nello stesso periodo Trevorrow ha deciso di non continuare il suo impegno nella pre-produzione di Star Wars.  Insomma: un anno vissuto pericolosamente per il giovane cineasta…

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Ma che cosa c’è in questo piccolo libro? Innanzitutto è il film che certifica, se ce ne fosse ancora bisogno, l’enorme devozione spielbergiana: due fratellini come protagonisti, la madre in difficoltà, il padre assente e tante “storie oltre il normale” da affrontare. Insomma come in Super 8 di Abrams e come in Stranger Things dei Duffer “quegli” umori anni ’80 configurano le basi solide, le scintille del cuore, gli spunti (quasi) obbligati. E poi? L’undicenne Henry è un piccolo genio che non si cura troppo delle sue capacità, disegna tanto e studia poco, supplisce all’assenza del padre facendo da “genitore” alla madre (una spaesata Naomi Watts) e al fratellino (il piccolo Jacob Tremblay visto in Room). Henry manifesta poi un innato e (a tratti discutibile!) senso di giustizia, è molto considerato in seno alla sua piccola comunità, ma c’è una cosa che lo ossessiona da tempo: una compagna di classe, ragazzina con evidenti problemi di comunicazione, potrebbe essere vittima di violenza da parte del padre. Henry si trasforma in investigatore privato, coinvolge la madre ed escogita un piano di vendetta dalle pesanti conseguenze…

naomi-watts-Troppa carne al fuoco. Il film frantuma disordinatamente le sue linee narrative e ricomincia sempre su binari diversi. Colleziona generi (teen movie, thriller, commedia nera, melodramma familiare) e situazioni (le difficoltà economiche, il bullismo a scuola, le molestie sui minori, la malattia, i problemi di una madre single), ma non trova mai il giusto amalgama che giustifichi tutti questi spunti. Perché purtroppo manca completamente il tempo e il respiro per far vivere le belle immagini di Trevorrow che qui vuole fondere gli umori da teen movie anni ’80 alle vertigini hitchcockiane, sondando molti dei traumi americani latenti. Insomma l’ambizione è tanta, la “cinefilia” è esibita come nei film precedenti, ma ogni snodo narrativo diventa incredibilmente affrettato. Tanto da allontanarsi, in maniera preoccupante, dal lato emotivo delle cose. Del resto nel libro che il giovane protagonista scrive ci sono pochissime parole e tante belle immagini affastellate, appunti per possibili invenzioni, note per inquietanti traiettorie spionistiche… e il film ne segue paradossalmente le orme: è solo abbozzato, come un appunto interessante. Colin Trevorrow ha un evidente talento registico, speriamo faccia tesoro di questo innegabile passo falso.

Titolo originale: The book of Henry
Regia: Colin Trevorrow
Interpreti: Jacob Tremblay, Naomi Watts, Lee Pace, Sarah Silverman, Tonya Pinkins, Dean Norris, Jaeden Lieberher, Bobby Moynihan
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 105′
Origine: USA, 2017

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