"Il lupo", di Stefano Calvagna

Ancora Roma, nel cinema italiano in sala. Ma questa volta, in mezzo alla 'bella gente', alla musica nell'aria, a Scamarcio e a Tiziano Ferro, su Ponte Milvio si aggira il Lupo: Luciano Liboni, pluriomicida che mise a ferro e fuoco la Capitale nel 2004, poi "giustiziato" in maniera abbastanza sospetta dai Carabinieri in cerca di vendetta per un collega

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Ancora Roma, nel cinema italiano adesso in sala. Ancora Ponte Milvio, location ormai celeberrima delle nuove tribolazioni di Step/Scamarcio in Ho voglia di te – ma questa volta, in mezzo alla 'bella gente', alla musica nell'aria, alle coppiette che si amano, su Ponte Milvio si aggira il Lupo: Luciano Liboni, pluriomicida, che mise a ferro e fuoco la Capitale per qualche giorno nel 2004, poi "giustiziato" in maniera abbastanza 'sospetta' nei pressi del Circo Massimo dai Carabinieri inferociti dalla morte di un loro collega, freddato proprio da Liboni. "Se Liboni avesse sparato al figlio di un idraulico, anziché al figlio di un carabiniere, oggi sarebbe espatriato", dichiara Stefano Calvagna, regista di questo Il lupo che si inventa la figura di un Enrico Montesano tragico, nel ruolo del Colonnello a capo della Task Force a caccia di Liboni, padre del carabiniere ucciso dal bandito, accecato dall'odio e dalla voglia di vendetta (mette di nascosto una pistola nella borsa di Liboni quando lo incontra per un attimo, in modo da costringerlo a usarla per poterlo far freddare dai suoi uomini). Dopo la breve scena sul Ponte, Calvagna si allontana subito però dalla Roma in cui si muovono tutti i personaggi del "nuovo" cinema borghese italiano, stringendo invece l'obiettivo della sua mdp sulla zona della Stazione Termini, preferibilmente di notte: barboni, senza tetto, reietti della società – una città nascosta che vive tra le ombre dei colonnati, sotto i portoni d'entrata, nascosta tra i cespugli, che sorprende davvero vedere per una delle prime volte venire rappresentata sul grande schermo. E' forse questo il pregio maggiore di un film che cerca in maniera insistita il consenso e la partecipazione popolare (ok, gli sbirri sono degli infami…), in cui Calvagna semplifica al massimo psicologia e passato turbolento del Lupo (qui chiamato Franco Scattoni, col volto convincente del Massimo Bonetti della serie tv La Squadra e de Le vie del Signore sono finite), tra flashback in bianconero e sogni patinati sulla compagna marocchina incinta che lo aspetta sulle rive del mare: cerca un'empatia alla Manetti Bros, soprattutto nel personaggio che il regista stesso interpreta, il boss coattissimo Gladio, che intona l'epitaffio finale fuoricampo al bandito. Purtroppo, però, Calvagna rimane lontano, soprattutto nelle scene di sparatorie, dalle ellissi melò che il più grande narratore popolare del nostro cinema, il sublime Michele Soavi, avrebbe potuto tirar fuori da questa materia: ne viene fuori alla fine un film coi piedi di piombo, una messinscena poco avvincente che non riesce a trovare il suo sdegno civile.  

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Regia: Stefano Calvagna


Interpreti: Massimo Bonetti, Enrico Montesano, Maurizio Mattioli, Mirco Petrini, Claudio Angelini


Distribuzione: Poker Film


Durata: 89'


Origine: Italia, 2007


 

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