"Il pescatore di sogni", di Lasse Hallström


Liquida, come quell'acqua di torrente, è la regia di Lasse Hallström. Inafferrabile, veloce, in grado di unire i vari elementi della narrazione in maniera trasparente, con una leggerezza che abbraccia registri diversi. Hallström concentra l'occhio della macchina da presa sui personaggi, avvicinandosi a loro da un punto di vista emotivo, ma, al tempo stesso, li inserisce sempre all'interno di un ambiente più grande, dedicando larghe inquadrature ai luoghi che, magicamente, dissolve tra loro, trasformandoli da luoghi reali a luoghi dell'anima.

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Il pescatore di sogniSin dalle primissime immagini del film, prima ancora che la narrazione abbia inizio, l’acqua ha un ruolo centrale. Cristallina e viva come quella di un ruscello che i salmoni risalgono alla fonte. E l’acqua sarà poi uno degli elementi fondamentali del film, non solo dal punto di vista funzionale e simbolico, ma anche, potremmo dire, scenografico, una sorta di legame tra i vari luoghi, così diversi tra loro, in cui il film si svolge, dai laghi della Scozia ai deserti dello Yemen. In questo caso, l’acqua è un qualcosa di prezioso, che va cercata e incanalata artificialmente, ma che alla fine permetterà la nascita di nuova vita e la realizzazione di un sogno apparentemente impossibile.

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Liquida, come quell’acqua di torrente, è la regia di Lasse Hallström. Inafferrabile, veloce, in grado di unire i vari elementi della narrazione in maniera trasparente, con una leggerezza che abbraccia registri diversi. Hallström concentra l’occhio della macchina da presa sui personaggi, avvicinandosi a loro da un punto di vista emotivo, ma, al tempo stesso, li inserisce sempre all’interno di un ambiente più grande, dedicando larghe inquadrature ai luoghi che, magicamente, dissolve tra loro, trasformandoli da luoghi reali a luoghi dell’anima. Una regia che stratifica l’immagine, arricchendola di significati altri, ma anche di elementi visivi estranei, di natura tecnologica e mediale (dal WhatsApp alle mail). Hallström ricrea, così, per immagini una storia-sogno, quella dello sceicco che vuole portare la pesca al salmone nello Yemen, che fa da contenitore a tale liquidità, non in contrasto rispetto a essa, ma in continuità rispetto alla sceneggiatura di Beaufoy.

Quella dello sceicco e di Fred, l’ittiologo scozzese incaricato di portare i salmoni nello Yemen e renderne possibile la pesca, più che una storia è una parabola biblica vera e propria, nella quale si innestano schegge di reale attraverso i personaggi dell’addetta stampa del Primo Ministro e del soldato disperso in Afghanistan. Tuttavia, anche rispetto alla fonte letteraria, la questione araba e la satira politica passano in secondo piano. Il vero cuore pulsante è l’incontro/scontro tra l’uomo di fede e l’uomo di scienza. Lo sceicco, colui che crede, diventa una sorta di predicatore, un buon pastore per la propria comunità, che porta Fred a mettere in dubbio le sue scientifiche convinzioni, in un percorso di ricerca spirituale, di avvicinamento all’amore vero, di ritrovamento del proprio sé, forse mai davvero cercato fino a quel momento. Sarà proprio dall’acqua che arriverà la risposta a tutto. Un po’ come la moltiplicazione dei pani e dei pesci o l’acqua trasformata in vino, quei salmoni che dopo il disastro sopravvivono e proseguono a risalire il fiume sono la prova di fede ultima, non tanto in Dio, quanto nelle capacità delle forze della natura e del destino. E su quelle immagini che chiudono il film, così come lo avevano aperto, passa un messaggio di speranza mentre l’occhio rimane sommerso, un po’ appannato, come in un sogno.

 

Titolo originale: Salmon Fishing in the Yemen

Regia: Lasse Hallström

Interpreti: Ewan McGregor, Emily Blunt, Kristin Scott Thomas, Arm Waked, Tom Mison

Distribuzione: M2 Pictures

Durata: 107′

Origine: UK, 2011

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