Il ragazzo invisibile: Seconda generazione. Incontro con Gabriele Salvatores e il cast

Si è svolto oggi a Roma l’incontro con il regista e il cast del nuovo capitolo della saga iniziata nel 2014. In sala dal 4 gennaio.

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Si è svolto stamattina, presso il Cinema Adriano di Roma, l’incontro con il cast del secondo capitolo della saga di fantascienza italiana iniziata con Il ragazzo invisibile nel 2014, firmata da Gabriele Salvatores. Il regista ci tiene a presentare i suoi collaboratori presenti in sala, soprattutto quelli seduti in platea, tra i quali spiccano il direttore della fotografia Italo Petriccione, la scenografa Rita Rabassini e il compositore Federico de’ Robertis, autore delle musiche originali del film.
Si entra presto nel vivo del discorso, con il moderatore Diego Malara che apre le danze sottolineando quanto innovativo sia per il nostro Paese affrontare una saga di supereroi come questa, un prodotto per l’appunto di natura crossmediale – insieme al film usciranno sia il secondo romanzo per Salani Editore che la nuova graphic novel per Panini Comics – al quale la produzione cinematografica italiana non è poi così avvezza. Salvatores chiarisce subito il nucleo centrale della propria saga, differenziandola così da molti altri film che trattano in differenti modalità le vicende di supereroi (tipologia Batman). Si riferisce al processo di crescita vissuto dal suo protagonista Michele, che in questo secondo episodio ha raggiunto il pieno dell’adolescenza e vive, un po’ come tutti i suoi coetanei, momenti di grande difficoltà, scoprendo appunto il lato oscuro della vita, così come anche quello più poetico e melanconico: «Essendo cresciuto il protagonista, il film segue la sua crescita e si fa più oscuro ma anche più complesso, tecnicamente e in termini narrativi. Il primo film era lineare e semplice; qui ci sono salti temporali, ci sono cose da scoprire, con un aspetto misterioso quasi da thriller».
Parlando, allora, del giovane e coraggioso Michele Silenzi, ecco arrivare puntuale la domanda per l’attore protagonista, Ludovico Girardello. Gli si chiede come sia cambiato, dal suo punto di vista, vestire per una seconda volta i panni del ragazzo invisibile, in quello che sembra essere a tutti gli effetti un “romanzo di formazione in chiave fantasy”. Girardello, trascinato dall’effervescenza della sua giovane età, risponde diretto: «Qui c’è molta più ciccia! Il primo è un prologo, il secondo è stato più semplice…».
L’attenzione torna presto sul regista, considerato oramai, forse proprio sulla scia tracciata in Europa da Luc Besson, una sorta di paladino italiano della fantascienza, al quale ora si chiedono ripetutamente le ragioni dell’assenza del suo nome da soggetto e sceneggiatura del film. Ma Salvatores è spontaneo a questo riguardo, confessa di non avere mai visto la saga degli X-Men e di non amarne il genere – eccezion fatta per gli Spider-Man diretti da Sam Raimi –, nonché di preferire un’idea di cinema collettivo più che di impronta esclusivamente autoriale: «Perché firmare una cosa se non l’hai scritta tu? Poi un regista ci entra in una sceneggiatura, ma sono cose tecniche…». Contro i film targati Marvel, inoltre, Salvatores ricorda con estremo piacere i classici del genere anni Ottanta ai quali resta fortemente legato, dall’indimenticabile E.T. – L’extra-terrestre di Steven Spielberg ai Gremlins di Joe Dante, quando era ancora possibile conservare un pensiero del/nel film, tenendo assieme e la generazione del padre e quella del figlio.
La parola passa poi a Victor Perez, artista di visual effects tra i più accreditati a livello internazionale, nonché regista e sceneggiatore con oltre venti anni di esperienza, che qui si è occupato della supervisione dei numerosi effetti visivi del film, prodotti dallo studio di post-produzione Frame By Frame. Perez parla a lungo delle grandi difficoltà di budget che solitamente si è costretti ad affrontare quando si realizza un prodotto come questo, in particolar modo in Italia. Eppure, afferma con veemenza Perez, questo non deve costituire un ostacolo insormontabile nella riuscita finale del film: «Avere un budget costretto è sempre un problema perché ci sono sempre inconvenienti, ma ciò fa uscire anche il meglio. Il computer è solo un pennello che ha bisogno di tanto talento…Bisogna cancellare il preconcetto che in Italia questo non si può fare!». Scopriamo, allora, quanto sia stata importante l’intesa tra Perez e il regista sul set, entrambi consapevoli che una scena debba essere prima di tutto qualcosa di poetico, perché è in quel momento che si visualizzano delle emozioni sullo schermo, e ciascuna inquadratura diventa significativa, al di là del lavoro digitale fatto dietro.203659713-31061ad8-8399-44f3-bdf5-d77f93e045dd
Riguardo all’intreccio del film, Salvatores cerca di chiarire la figura degli “Speciali”, appunto i supereroi dotati di incredibili poteri sovrannaturali dei quali seguiremo evoluzioni e imprese nel corso della saga: «Da una parte, siamo abituati a vedere supereroi che salvano gli altri, ma la verità è che molti che hanno superpoteri li usano in modo sbagliato (ad esempio, un americano e un coreano)». Salvatores, dunque, ci racconta di un gruppo di cattivi che diventa tale solo nel tempo, e a causa di un’emarginazione forzata; svela il rovescio della medaglia – e del superpotere – e lo fa attingendo in parte alle paure degli adolescenti di oggi (dal timore dell’essere figli d’altri al terrorismo), i quali ritroveranno in Michele un supereroe ideale, ma che soffre comunque delle loro stesse inquietudini esistenziali.

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Il ragazzo invisibile: Seconda generazione aspira, allora, a diventare un nuovo film cult per le giovani generazioni nostrane, anzi, come afferma il produttore Nicola Giuliano della Indigo, un vero e proprio film fondativo per l’immaginario dei ragazzi, che sappia finalmente smuovere le acque nella produzione italiana e spingere sempre più registi verso la strada coraggiosa della sperimentazione tra i generi, che Salvatores ha intrapreso con successo oramai dai tempi di Nirvana (1997).
L’incontro si conclude con gli interventi dei tre sceneggiatori del film, Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, trio oramai felicemente collaudato da anni (La doppia ora, l’adattamento italiano di In treatment, la serie Sky 1992 e 1993), che pur tuttavia confessa le grandi difficoltà di lavorare a questo sequel – vero e proprio “romanzo di distruzione”, secondo la Rampoldi – , dovendo ricostruire tutte le premesse narrative del primo capitolo e tentare di dare risposte laddove erano state sparse solo tracce e interrogazioni. Afferma Sardo: «Noi siamo abituati a scrivere in modo seriale: dissemini premesse, hai dei sentori, metti punti interrogativi confidando che troverai una risposta. Qui dovevamo tararci su un livello produttivo che cambiava le regole del racconto, ma senza disattendere l’aspettativa del pubblico. Ci siamo stressati e divertiti». Riguardo al nuovo fumetto in uscita, Sardo lo interpreta nei termini di un «universo che si espande», nel quale ritroveremo fatti e situazioni che coprono i tre anni intercorrenti tra il primo e il secondo film, in particolare dal punto di vista di Natasha (Galatea Bellugi), altra nuova protagonista, che si mette sulle tracce del fratello gemello, appunto il Michele “invisibile” che conosciamo.
Salvatores saluta, infine, manifestando tutto il suo interesse per la serialità televisiva e, naturalmente, pensando già a quali premesse potrebbero condurre a un terzo conclusivo capitolo della saga.

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