"Il realismo mi annoia, non mi interessa". Incontro con Jean-Pierre Jeunet.

Oltre 40 milioni di dollari incassati in Francia e 12 candidature ai Cèsar: l'ultima fatica di Jean-Pierre Jeunet arriva nelle sale italiane. L'incontro con il fantasioso ed intraprendente regista si è svolto presso l'Accademia di Francia a Roma, in un salone meraviglioso dall'incantevole vista sulla capitale.

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Forte di oltre quaranta milioni di dollari incassati da Novembre in poi nella sola Francia, e soprattutto delle recenti dodici candidature ai Cèsar, l'ultima fatica di Jean-Pierre Jeunet arriva nelle sale italiane per commuovere ancora una volta quei molti spettatori che hanno amato le peripezie di Amelie. L'incontro con il fantasioso ed intraprendente regista si è svolto presso l'Accademia di Francia a Roma, in un salone meraviglioso dall'incantevole vista sulla capitale.

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Quali sono state le difficoltà maggiori che ha incontrato nel realizzare questo film? La sua struttura ricorda una serie di cartoline dell'epoca…


 


Non ho avuto nessuna difficoltà, fortunatamente ho potuto godere di una totale libertà nella realizzazione del film. Ho avuto la possibilità di lavorare con un budget americano, ma con totale libertà nella stesura della sceneggiatura, nel casting, nel montaggio.


Per quanto riguarda la similitudine con le cartoline, è stata una scelta deliberata da parte mia, addirittura c'è un'inquadratura della Torre Eiffel che è tratta proprio da una cartolina dell'epoca. Ho scelto questa strada perché volevo che le persone avessero l'impressione di conoscere realmente questo periodo e quindi le immagini trasmesse attraverso le cartoline dell'epoca possono risvegliare qualcosa di familiare negli spettatori.


 


Rispetto al testo originale che modifiche ha apportato?


 


Il film secondo me è molto fedele al romanzo, per esempio tutto quello che è racconto fuori campo ne è il testo praticamente esatto, un po' come capitava nel film Jules et Jim. Poco tempo fa la vedova dello scrittore ha detto che il marito sarebbe stato molto fiero del film. Per un altro verso, il romanzo ha una struttura epistolare, quindi ho dovuto compiere un adattamento che mi ha consentito di dare il mio contributo, non un adattamento letterale del testo.


 


Si tratta di un film sulla prima guerra mondiale. Quanto ha influito un film come "Orizzonti di Gloria"?


 


Ci sono stati pochi film sulla prima Guerra Mondiale, ce ne sono molti di più sulla seconda. Ce n'è anche uno italiano, però, "Uomini contro" di Francesco Rosi che mi ha colpito particolarmente. Per quanto riguarda il film di Kubrick, io sono un fan di Kubrick però per questo film non mi sono ispirato tanto ad altre pellicole quanto ad archivi dell'epoca, a materiale scritto, a racconti, a filmati e materiale fotografico.

Un altro tema importante trattato dal film è quello della condanna a morte dei militari per automutilazione. Questo ha fatto nascere diverse polemiche in Francia, perché ha deciso di trattarlo?


 


Ci sono state molte polemiche in Francia per questo argomento. Occorre dire che qualche anno fa l'allora premier Jospin organizzò una cerimonia ufficiale per scusarsi nei riguardi dei nostri militari condannati a morte durante la Prima guerra mondiale. C'è una grande volontà di riscoprire questi drammi, c'è una grande apertura anche da parte dell'esercito e infatti per girare il film ho avuto grande collaborazione da parte delle forze armate, mi hanno portato a visitare i posti, e aiutato a ricostruire gli ambienti.


 


Quella che lei propone è una raffigurazione cruda della guerra, in contrapposizione ad un'immagine moderna di una guerra diversa, più fredda e tecnologica.


 


Naturalmente tutte le guerre sono orribili, e in questo si somigliano. La particolarità di questa guerra è di aver ucciso soprattutto dei soldati e non ha colpito molto i civili, anche se possiamo dire che molti civili erano i ragazzi strappati alla loro vita e gettati nelle trincee per combattere. Per di più non era una guerra contro un'ideologia, una guerra basata su niente, semplicemente una guerra di soldi, nata per gli interessi dei mercanti d'armi. Volevo far vedere non soltanto la violenza della guerra vera e propria, ma anche l'aspetto disumano delle condizioni di vita nelle trincee.


 


A proposito dell'ambientazione, ha compiuto un lavoro immenso, ci può dire qualcosa su come avete ricostruito questa "terra di nessuno" tra la trincea francese e quella tedesca?


 


Abbiamo utilizzato dei riferimenti storici per ricostruire le trincee, principalmente documentazioni scritte e immagini. Ma soprattutto abbiamo costruito un enorme plastico, grande sei metri, e abbiamo fatto moltissime riunioni prima di cominciare le riprese, per cercare di capire come sistemare le macchine da presa. Questo ci ha permesso di risolvere in anticipo molti problemi. Abbiamo usato una piccola camera e abbiamo girato dentro questo plastico. Tutto questo lavoro preliminare ci ha permesso di rispettare i tempi previsti nella fase successiva.


 


Come è nata la polemica sulla nazionalità del film?


 


Ci sono ancora polemiche in corso in Francia, ma questo è un film francese, non potrebbe essere più francese di così. Purtroppo le grandi case produttrici si sono sentite un po' attaccate sul loro terreno da un nuovo concorrente, come la Warner. Per questo si sono servite di piccole scappatoie legali e hanno chiesto di non riconoscere la nazionalità francese a questo film. Secondo me questa polemica è assolutamente stupida, perché in fondo questo film ha fatto lavorare seicento tecnici francesi e un enorme troupe; è tutto francese, non lo abbiamo girato altrove. Questo avviene perché queste persone non hanno a cuore gli interessi del cinema francese, ma solo i loro interessi commerciali. Siamo in un mondo altamente capitalista in cui ognuno fa soltanto il proprio interesse commerciale.

 


Il film è pieno di idee inserite da lei. Come in "Amelie" la parte immaginativa è importantissima.


 


Sì, ho aggiunto molte cose, per esempio tutti gli omicidi di Tina Lombardi non c'erano nella storia, le piccole superstizioni di Mathilde, oppure la scena in cui corre per cercare di arrivare alla fine della strada prima dell'auto. Tutte queste cose sono il mio contributo, lo devo fare altrimenti mi annoierei a fare un adattamento. L'ho sempre fatto, anche in Alien: la clonazione ho apportato qualcosa di mio ad ogni scena, è il mio modo di lavorare.


 


Lei è uno dei registi europei che mantiene un tocco molto personale e francese. Che rapporto ha con la realtà e la fantasia?


 


Il realismo mi annoia, non mi interessa. Se per fare un film bisogno far vedere quello che succede fuori dalla finestra, tanto vale fare un documentario. Anche il mondo totalmente immaginario non mi esalta. Per quanto riguarda questo film, l'aspetto della guerra era talmente forte che non c'era niente da aggiungere, quindi è un po' l'eccezione nel mio lavoro. Mi piace molto usare l'immaginazione e la fantasia perché secondo me un artista deve prima di tutto dare una sua particolare e personale visione del mondo.


 


In una sua conferenza in Francia lei ha detto di essere morto nel 14/18. E' una cosa molto bella, come se lei così potesse capire un soldato morto durante la guerra.


 


Diciamo che era uno scherzo, perché io non credo nemmeno nella reincarnazione. Però era il solo modo per spiegare questa specie di ossessione che ho sempre avuto per la Prima guerra mondiale, che mi ha portato a scavare in profondità. Un altro aspetto che mi interessava molto è quello della pena di morte. Per questo ho voluto girare la scena che riproduce esattamente la pena come veniva applicata in quel periodo.


 


Lei possiede una fantasia che potremmo definire mediterranea. Qual è il suo regista italiano preferito?


 


Quando ero alla premiazione dei Golden Globes sedevo a tavola con altri registi di altri paesi, tra cui Walter Salles e Alejandro Amenabar, e tutti eravamo d'accordo sulla necessità di mantenere la propria identità culturale, senza cercare di copiare il cinema americano. Il mio regista italiano preferito è ovviamente Fellini.


 


Ha mai pensato di girare un film in Italia?


 


La grande sfida è di trovare una buona storia; io su ogni film lavoro per tre anni. se c'è una buona storia ambientata in Italia, perché no.


 

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