Il valore della memoria: Helen Mirren e Simon Curtis parlano di Woman in Gold

Helen Mirren e il regista Simon Curtis hanno accolto i giornalisti per la conferenza stampa di Woman in gold, biopic sulle vicende di Maria Altman

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Una luminosa Helen Mirren ha accolto i giornalisti alla conferenza stampa di Woman in gold, che la vede protagonista accanto a Ryan Reynolds. Il film, diretto dal regista britannico Simon Curtis, anch’esso presente alla conferenza, è un biopic sulle vicende di Maria Altmann, cresciuta in una delle migliori famiglie viennesi negli anni immediatamente precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, e costretta alla fuga dall’invasione nazista dell’Austria. Dopo sessant’anni passati in America, aiutata dal giovane avvocato Randy Shoenberg, tenterà il recupero dei beni di famiglia saccheggiati dai nazisti, tra i quali il prezioso ritratto di sua zia, Adele Bloch – Bauer, dipinto da Klimt e divenuto un simbolo della cultura austriaca.

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“Questo film per me ha qualcosa di particolarmente interessante” afferma la Mirren, “perché racconta fatti realmente accaduti. Io sono crescita subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, e da bambina interrogavo continuamente i miei genitori su come fosse stato vivere sotto i bombardamenti di Londra. Quindi interpretare Maria (Altmann) mi ha riportato alla generazione dei miei genitori, e a quei tempi così oscuri, che ci servono per comprendere realtà anche attuali, come quello che sta succedendo in Siria, o che è successo in Ruanda”. Simon Curtis sottolinea l’universalità della vicenda narrata, che può rappresentare un monito per le nuove generazioni:

woman“Pur raccontando la storia di una famiglia ebraica, il film non si limita ad essere il racconto delle vicende tra ebrei e nazisti, ma aspira ad essere un’opera più ampia, un racconto più generale. Quando il personaggio di Maria Altmann nel film afferma che le persone dimenticano, specialmente i giovani, è un’affermazione importante, ed il mio film è uno sforzo affinché le nuove generazioni ricordino, e che tale ricordo sia un monito per un secolo potenzialmente tribolato come è il nostro”. Il regista prosegue elogiando i protagonisti del film: “Ho avuto la grande opportunità di lavorare con Helen e Reynold, e di scoprire che tutto ciò che appare nel film, la loro sintonia, lo spirito, il calore, lo humor che trasmettono, è stato il frutto reale della loro alchimia. I due attori hanno messo molto di loro, del loro umorismo e umanità”.

 Le opere d’arte non restituite, sono gli ultimi prigionieri di guerra”. Afferma Curtis citando un’altra battuta del film, e prosegue: “Il vero Randy Schoenberg, dopo le vicende raccontate nel mio film si è specializzato nel recupero di opere d’arte trafugate, e mi ha spiegato in questo modo il lungo periodo che è trascorso prima che si avviassero le ricerche: dopo la Seconda Guerra Mondiale i costi umani erano così elevati che c’è voluta un’intera generazione prima che si potesse parlare delle opere d’arte. E una volta passato tutto quel tempo, si è tentato di combattere una battaglia contro il tempo prima che fosse troppo tardi e le vittime dei saccheggi morissero di vecchiaia. Le persone coinvolte nella ricerca, e la società civile in generale, sentiva di dover fare ammenda nei confronti di uomini e donne che si avvicinavano alla morte”.

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