"In Good Company", di Paul Weitz

Autentico cinema politico sul mondo del lavoro che riprende le atmosfere di alcune migliori commedie corrosive degli anni Ottanta con cui condivide i dialoghi davvero brillanti e la cura per i personaggi secondari, ma anche vibrante film privato, gioco degli specchi tra i due personaggi maschili. Una delle più belle sorprese del 2005

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Carter sta facendo footing sulla spiaggia. Stavolta non è una simulazione come in un momento di In Good Company quando la macchina da presa mostrava il giovane protagonista correre in uno spazio aperto e poi stringeva in una stanza del suo appartamento dove si stava esercitando su un "tapis roulant". Stavolta lo spazio del film di Weitz – spesso situato in un interno – si rompe, si squarcia proprio alla stessa maniera di un altro grande finale su una spiaggia, quello di I guerrieri della notte di Walter Hill – dove le fughe, i percorsi labirintici dei Warriors si placano in una pace che appare definitiva.

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La libertà, la rottura dello sguardo di Paul Weitz è ancora più sorprendente se si considera che il film possiede una sceneggiatura di ferro, con dialoghi brillanti e situazioni scatenate come quella di Dan che interviene nella conversazione telefonica tra la figlia minore e il fidanzato o, più specificatamente, tutta la serata in cui Carter è andato a cena a casa dei Foreman con un catastrofismo che riporta al Weitz demenziale di American Pie.


In Good Company, presentato in concorso all'ultimo festival di Berlino, è ambientato a New York e vede protagonista Dan Foreman (Dennis Quaid), responsabile delle vendite della rivista "Sports America". Quando una nuova compagnia, la Globe-com, rileva il pacchetto azionario del magazine, il posto di Dan viene preso da Carter Duryea (Topher Grace), un ventiseienne privo di esperienza che diventa il suo principale, stravolge i metodi di lavoro cercando nuove soluzioni per trovare pubblicità e costringe i dipendenti a vedersi anche fuori gli orari normali di lavoro. Inoltre Carter e Alex (Scarlett Johansson), la figlia maggiore di Dan, si stanno innamorando a sua insaputa.

Commedia sentimentale 'atipica' In Good Company, vitale e amara come Green Card di Weir – con cui condivide il finale sospeso – che, come negli altri due riusciti film di Weitz (American Pie ed About a Boy) analizza istituzioni come la famiglia e la scuola. Stavolta però è soprattutto il mondo del lavoro ad essere preso di mira, con accenti corrosivi evidenti nel modo di inquadrare gli spazi (la redazione di "Sport Magazine"), gli oggetti (i vetri socchiusi quando viene licenziato un dipendente) con i colori neutri della fotografia di Adefarasin (Sliding Doors, Insieme per caso) e le forme di un capitalismo rampante e selvaggio che possiede la stessa potenza di due grandi film statunitensi degli anni Ottanta come Gung Ho di Ron Howard e Una donna in carriera di Mike Nichols. Dietro la struttura della commedia, In Good Company è invece autentico cinema politico, molto più impegnato di certi documentari sociali, che però non guarda freddamente i personaggi, ma gli sta vicino, ne condivide le ansie come nel caso di un dipendente del magazine (Morty) interpretato da David Paymer, esempio di come la scrittura di Weitz sia curata nei dettagli anche nel mostrare i desideri e le paure delle figure secondarie.


In Good Company è però anche un'opera capace di entrare nel privato della vita dei protagonisti, mostrando Dan e Carter come due figure opposte e speculari, un po' come il quarantenne scapolo Will e il ragazzino Alex di About a Boy; entrambi si rompono il braccio, tutti e due s'incrociano attraverso Alex. Dan e Carter hanno lo stesso timore della solitudine, vanno alla scoperta di qualcosa di nuovo in maniera vera e non artefatta come i personaggi dei film di Alexander Payne, però si confrontano, condividono esperienze ("Tu ci parlavi con i tuoi genitori quando avevi 18 anni?" chiede Dan a Carter) e gioie (l'arrivo del terzo figlio per Dan). Si apre, si libera e si frantuma In Good Company,  negli slanci e nei silenzi dove c'è un uso azzeccatissimo delle musiche come nel caso di Solsbury Hill di Peter Gabriel, con attori al meglio della forma come un Dennis Quaid sempre più maestoso e un sorprendentissimo Topher Grace, già visto in un'altra grande commedia 'nascosta' dello scorso anno, Appuntamento da sogno di Luketic. Una delle più belle sorprese del 2005.


 


Titolo originale: id.


Regia: Paul Weitz


Interpreti: Dennis Quaid, Scarlett Johansson, Topher Grace, David Paymer, Marg Helgenberger, Clark Gregg, Philip Baker Hall, Selma Blair, Frankie Faison


Distribuzione: Bim


Durata: 109'


Origine: Usa, 2004

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