In The Mood For Love (of the Game)

Ogni anno troviamo un film che ci prende completamente, che si accartoccia dentro di noi raccontandoci, fin dentro le nostre viscere, sentimenti (e cinema) veri. La scorsa stagione era il duo Raimi/Costner con Gioco d’amore, che mostrava le tempeste di oggi, quelle che stanno tra le persone e gli impediscono di viversi liberamente. Cinema-mélo puro Gioco d’amore, che preannunciava la “struggenza” e urgenza del sentire e del rischiare, come pratica necessaria del (tentare di) vivere.
Il film di Wong Kar-Way ci mostra questo sentire nell’atto del suo nascere, e lo descrive come un soffio, un alito di dubbio, un qualcosa di aleatorio che sfiora i corpi dei due personaggi, che percorrono universi paralleli trovandosi/ incontrandosi in stretti corridoi, in angoli bui di vicoli scoscesi, giocando tra loro attraverso le rispettive storie d’amore ormai precipitate.
In The Mood For Love affascina per uno stile strepitoso (e basti vedere il lungo trailer cinematografico musicale o visitare il sito del film per rimanerne abbagliati), cui peraltro Wong Kar-Way ci ha ormai abituato, ma soprattutto per quella messa in scena del divenire dei sentimenti attraverso i corpi, che lo caratterizza davvero come cinema “immanente” dei nostri tempi, vero luogo dove sperimentare e mettere in gioco le nostre anime dissennate.

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