Incontro con Richard Curtis, il "maestro di cerimonie"

richard curtis questione di tempo

Richard Curtis, la mente dietro le più belle commedie britanniche dagli anni Novanta in poi, ci parla del suo ultimo film, Questione di tempo, che attraverso la trovata del viaggio temporale racconta la necessità di amare ed essere riamati, senza sprecare mai neanche un momento. È un inguaribile sentimentale Curtis. Ma è forse per questo che dai suoi film non si vorrebbe mai uscire…

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questione di tempo richard curtisIncontriamo Richard Curtis, la mente dietro le più belle commedie britanniche dagli anni Novanta in poi, per l'uscita italiana di About Time, Questione di tempo, il suo ultimo lavoro distribuito da Universal.

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Un ritorno alla commedia romantica più classica – dopo la felice e singolare esperienza di I love Radio Rock – che, attraverso la formula del viaggio temporale, racconta la vita e gli affetti in una sorta di inno al carpe diem, alla necessità di amare ed essere riamati, senza sprecare mai neanche un momento. È un inguaribile sentimentale Curtis. Ma è forse per questo che dai suoi film non si vorrebbe mai uscire…

 

 

Il suo film racconta di un viaggio nel tempo, grande utopia dell'uomo, ma qui è limitata, ridotta al quotidiano. In questi tempi di crisi non si può neanche più sognare in grande?

 

In effetti il mio è un anti-viaggio nel tempo. Inizialmente credevamo che lo sviluppo di quest'idea ci sarebbe costato molto in termini produttivi, di effetti speciali ecc. Invece per aderire alla prospettiva intima della storia che racconto abbiamo fatto di tutto per renderlo pragmatico, concreto e totalmente realistico. Però mi diverte l'idea di legare la scelta all'austerità imposta dai tempi.

 

Lei è prima di tutto uno scrittore. Come sceglie le sue regie?

 

In tutti i film a cui ho lavorato in veste di sceneggiatore e produttore sono stato sempre presente, dai casting all'editing, senza saltare alcun passaggio. E questo a volte può essere stato un problema per il regista che avrebbe poi "firmato" la storia. Per autodifesa a un certo punto ho cercato di passare io stesso dall'altra parte della macchina da presa, di iniziare una pratica registica, anche se ho ancora molto da imparare.

 

Il romanticismo è cambiato dai tempi di Quattro matrimoni e un funerale?

 

Ho sempre considerato i miei lavori dei film divertenti sull'amore anziché delle commedie romantiche. Mi sembra che ci sia una differenza di fondo, perché la commedia romantica pone l'accento sulla dimensione giocosa del genere, mentre io amo i film che hanno qualcosa da dire sull'amore, che sono davvero interessati a esplorare il sentimento.
Film come Quattro matrimoni e un funerale o Io e Annie di Woody Allen non sono commedie romantiche ma film autobiografici scritti da persone interessate all'argomento 'amore'. 
Su questa linea, i film che mi hanno più colpito in questi anni sono stati Lost in translation di Sofia Coppola, The Eternal Sunshine of the spotless mind (Se mi lasci ti cancello) di Michel Gondry e 500 days of Summer (500 giorni insieme) di Marc Webb, per il modo in cui affrontano l'amore mantenendo una certa leggerezza.

 

Questione di tempoLa sua è una storia d'amore soprattutto fra un padre e un figlio…

 

La storia romantica fa solo il 50% del film. Il primo amore è la famiglia. Se sei abbastanza fortunato puoi trovare una persona che si innamori di te, con cui formare una nuova famiglia che si prenda anche cura della vecchia. Mi sono reso conto di non aver capito fino a questo film quanto fosse importante la famiglia. In Quattro matrimoni e un funerale e Notting Hill avevo raccontato più la sfera dell'amicizia. 

 

Negli ultimi tempi ho avuto tre perdite familiari, tre lutti che mi hanno spinto a elaborarli attraverso la formula del viaggio temporale. Quando mia madre si è ammalata mi sono fatto raccontare tutti i dettagli della sua vita prima che morisse. I fatti però erano irrilevanti, quello che mi interessava era sentire la sua voce, il suo modo di parlare. Se dovessi scegliere un momento del passato in cui tornare sarebbe il 1976, a un pranzo con la mia famiglia.

questione di tempo matrimonioLei racconta una famiglia normale i cui membri si vogliono bene. Si sente in controtendenza rispetto ai film contemporanei che raccontano invece la disgregazione dell'unità familiare?

 

È quello che vedo e che mi viene naturale riportare. Proprio pochi giorni fa ero in spiaggia a passeggiare e vedevo giovani coppie innamorate, famiglie felici che giocavano con i bambini. A volte una sola parte negativa viene considerata come la totalità: se si vede una coppia felice litigare, si inizia a pensare che in realtà sia infelice e invece quello può essere un solo momento di confronto.
In Inghilterra mi accusano sempre di sentimentalismo. Ma ho avuto un'infanzia felice e forse il mio compito è scrivere che nella vita ci sono ancora cose belle. 

 

Sembra che nel suo cinema la vita scorra lungo le due direttrici dei matrimoni e dei funerali. Qui il matrimonio fra Tim e Mary è filmato in maniera molto libera, sembrano momenti rubati nonostante il suo cinema tragga sempre grande forza dalla sceneggiatura. Quanto c'è di programmato e quanto di improvvisazione anche nella gestione degli attori?

È indubbiamente complicato girare quelle scene ma anche molto divertente. Prima bisognava programmare a lungo le riprese: piazzare un grandangolo, le camere per i primi piani, i carrelli ecc. Ora tutto è più semplice, basta mettere una piccola camera addosso all'operatore e si riesce a entrare davvero nel vivo nell'azione. Mi ha consentito di ricreare la vita vera, che è quello che mi interessa. 

È bello poter vedere affiorare sul volto degli attori le loro vere emozioni e riuscire a coglierle. Nel momento del funerale si è verificato proprio questo. Era l'ultimo giorno di riprese per Bill e tutto il cast e la troupe lo sapevano. La tristezza per il personaggio si fondeva alla malinconia per il distacco che da lì a poco ci sarebbe stato con l'interprete. Il sentimento reale degli attori ha contribuito a rendere più vera la sensazione di perdita che la scena ha in sé.

 

Come mai la scelta insolita del brano Il mondo di Jimmy Fontana per la colonna sonora?

 

Anche quello dipende dal mio vissuto. Mi ricorda una vacanza all'Isola d'Elba che feci nel '65. C'era un juke box nel bar sulla piazza che la trasmetteva sempre e prima di tornare in Inghilterra comprammo tre copie del disco. E' una canzone molto bella, che non ha avuto il successo che meritava, probabilmente perché non è stata reinterpretata in inglese da qualche grande come Frank Sinatra. Mi è rimasta in testa per tutto questo tempo e ho voluto renderle omaggio.

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