inizioPartita. …c’era un cavaliere… (Games & Literature) – La recensione

Stampato da Europa Edizioni, il romanzo breve dell’esordiente Dracon Nemo sembra afferrare a piene mani spunti ed idee dall’universo narrativo caro a molti giocatori incalliti di Assassin’s Creed

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La setta degli Assassini uccide.
La setta degli Alchimisti conosce come riportare in vita.
Ma nessuna delle due può permettere che una vita venga strappata senza una valida ragione.

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La tensione ritmica profonda tra due essenze opposte, la danza frenetica di due personalità intorno ad un punto d’equilibrio che non esiste e, pertanto, il continuo sforzo da esse profuso nel tentativo di non collassare su sé stesse in un nulla inconoscibile e spaventevole, funge da collante per una storia fantasy sui generis che l’esordiente Dracon Nemo ci propone attraverso le pagine di questa sua opera prima titolata “…c’era un cavaliere…”.

Stampato da Europa Edizioni, questo romanzo breve sembra afferrare a piene mani spunti ed idee dall’universo narrativo, caro a molti giocatori incalliti, di Assassin’s Creed, la nota serie videoludica Ubisoft. Ne parliamo in questa rubrica proprio per la sua attinenza con il nostro campo d’interesse specifico, proponendovi quella che potrà risultarvi una valida e leggera lettura da affrontare sotto l’ombrellone vacanziero, durante questo torrido finale estivo d’Agosto.

Se è pur vero che non sempre ci si può portare appresso un PC od una game-console in spiaggia, e che anche lo smartphone spesso tira le cuoia al netto di power-bank e sistemi di ricarica ameni, un libro lo si può sfogliare anche mollemente adagiati sotto il solleone, nutrendo con stimoli nuovi le avvizzite sinapsi cerebrali.
Oltretutto, al netto dei rimandi videoludici, l’ispirazione alla base della narrazione appare francamente personalissima, fresca ed intensa. L’autore riesce ad infondere un quid cinematico all’azione, con una ricostruzione visiva degli scontri, delle battaglie, delle scene di lotta con creature mostruose e orridi parti del chimerismo.

Da un lato è quindi presente una forte introspezione nel mondo interiore dei vari personaggi, dall’altro non mancano scene cruente pronte a prendere di sorpresa il lettore, ma mai fini a sé stesse. Esse s’inquadrano piuttosto in quella tensione ritmica, cui accennavo in precedenza, che propone momenti di riflessione ed altri di furioso e puro stordimento mortale.

Una lettura a tratti ubriacante, che ci riporta in un 1300 fittizio sulle orme del protagonista, o meglio, dei protagonisti, Marius e Jacob, e della loro ricerca del segno che avrebbe chiarito il motivo dell’allontanamento da Roma.

I loro dubbi sono quelli dello scrittore, e del lettore che vi si immedesima; le certezze, o la parvenza delle stesse, sono lasciate agli antagonisti principali, Zero e Primo, che rispecchiano un tentativo diverso di vincolare e dare consistenza ad odio e disprezzo per sensazioni umane e sentimenti. Così innaturali ed apparentemente caricaturali da sembrare a tratti, per contrappasso, molto più reali del vero. Tanto che vien da chiedersi chi davvero si nasconda dietro quelle figure, e quanto ci sia dell’autore e del suo vissuto in esse.

Affrontando un gorgo di varie infelicità, si arriva poi ad un finale atteso ed allo stesso tempo inaspettato, che, forse, lascia spazio a più domande cui rispondere che ad uno reale stupore. Ma soprattutto, alla voglia subliminalmente instillata di intraprendere un viaggio, o meglio… il Viaggio.

Perché, in fondo, c’è un cavaliere in ognuno di noi… o almeno c’era…

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