inizioPartita. Gamification, il “nuovo” marketing aziendale

La “gamification” é una delle trovate più interessanti degli ultimi anni: venuta alla ribalta nei processi di formazione, e poi allargatasi al settore del marketing

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La “gamification” é una delle trovate più interessanti degli ultimi anni: venuta alla ribalta nei processi di formazione, e poi allargatasi al settore del marketing, sta infine sfociando a trecentosessanta gradi in ogni ambito. Le aziende che si occupano di ricerche di mercato la danno in forte crescita, ma, soprattutto, con un ampliamento orizzontale rispetto a tutti i settori di applicazione. Sembrerebbe scontata, ma, a questo punto, la domanda corretta da porsi è: in cosa consiste, e a cosa serve davvero?

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Potremmo proporvi una risposta articolata lunga almeno una decina di paragrafi, ma rischieremmo la noia (…soprattutto la vostra) e quindi saltiamo direttamente a quella breve: in sintesi, stiamo parlando di tecniche specifiche di coinvolgimento dell’utenza, mutuate dal mondo dei giochi e applicate a settori e contesti non ludici, per scopi che spesso lo sono ancora meno.

Si parte dalla elementare considerazione che il giocare è un’azione capace di coinvolgere e divertire colui che la compie; quindi, mentre giochiamo, siamo propensi a divertirci e a non porre barriere psicologiche (…come il rifiuto) di fronte al tipo di attività che stiamo praticando.
Pensiamo al gioco delle carte o ad una sessione con un FPS (first-person shooter, cioè uno “sparatutto in prima persona” per dirla in italiano), o ancora ad una partita a calcetto. Il divertimento ludico risulta liberatorio e mentre ci impegniamo nel gioco siamo presi in modo totale da questo stato mentale. Non solo per il gioco in sé stesso, ma anche perché vogliamo essere gratificati dalla vittoria e dal punteggio che possiamo raggiungere con la nostra partita, indipendentemente da che cosa si stia giocando.

In effetti, in quasi tutti i giochi viene calata la logica del punteggio: più si assecondano le meccaniche di gioco, compiendo azioni correttamente orientate a conseguire gli obiettivi previsti dalle stesse, più punti si guadagnano. Alla fine della partita, il giocatore vede il proprio punteggio sintetizzare tutte le azioni risultate in un successo. Si provi ad immaginare questo sistema dei punteggi associato ad un corso di formazione: ogni intervento in un forum, ogni test svolto, ogni lezione studiata, ogni modulo visionato, assegna al partecipante un determinato punteggio parziale. Alla fine del corso, quest’ultimo riceverà un punteggio totale e magari una “ricompensa”. In questo caso, si è quindi applicata un’impostazione ludica ad un contesto non ludico, quale la formazione.
Per chiarezza, questa NON è gamification: il solo applicare un’impostazione ludica ad un contesto non ludico non è gamification! Si tratta tuttavia di un esempio – minimale – delle tecniche di applicazione del principio che sta alla base del gioco ad altri ambiti.
Ed proprio questo esempio che serve a comprendere il perché una cosa semplice come il gioco riesca a penetrare contesti più impegnativi come la formazione, i programmi di fidelizzazione, l’e-commerce, ecc…

La gamification, tra le altre cose, pone l’accento e sfrutta questa “capacità penetrativa” del gioco. In questa maniera, ad esempio, la soddisfazione e gratificazione che si ricevono da un punteggio o da una ricompensa possono essere utilizzati non solo per appagare l’utenza, ma anche per instillarle un senso di coinvolgimento che la spingerà su percorsi logici ideati e voluti per raggiungere altri scopi. Costituisce un esempio lampante di ciò l’e-commerce. In genere, un individuo tende a comprare quello di cui avverte bisogno nell’immediatezza; tuttavia, se pensiamo al commercio online, una gamification adeguatamente implementata sui contenuti di un sito-web di vendite può invogliare l’eventuale acquirente a sfogliare un catalogo, a visionare prodotti di cui non conosceva l’esistenza e, quindi, a creare un bisogno indotto di un bene originariamente sconosciuto. Ciò con successive ricadute economiche. L’utente probabilmente non si accorgerà nemmeno dell’induzione del nuovo bisogno, dato che sarà portato a sfogliare il catalogo di cui sopra per via di un sistema “punteggio – ricompensa” probabilmente simile a quello descritto in precedenza.

Ad ogni modo, perché la gamification di un determinato contenuto abbia successo, si devono rispettare tre punti cardine:

● Divertimento: le azioni previste per l’utenza in un contesto di gamification devono risultare divertenti (…molto divertenti), perché, in caso contrario, nessuno le vorrebbe sperimentare, quando invece dovrebbero incentivare a ripetere un determinato processo più volte;

● Coinvolgimento: le stesse azioni devono coinvolgere l’utenza ad un tale livello da non permetterle di percepire che, proseguendo nel loro compimento, essa viene guidata verso obiettivi al di fuori e diversi dal gioco: fino a quando si rimane nell’azione del gioco, si cattura l’attenzione inconsapevole del cliente.

● Partecipazione: pur potendo essere rivolta al singolo, la gamification ottiene migliori e più persistenti risultati quando applicata ad un insieme di più soggetti. Un insieme che può essere costituito da un minimo di alcune decine, fino alle migliaia di utenti. L’idea di fondo è che il giocatore si senta parte di una community, con la quale condividere scopi ed obiettivi (…come detto in precedenza, il sistema “punteggio – ricompensa” da solo non basta e non funziona).

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