"Itaker- Vietato agli italiani", di Toni Trupia

Itaker - Vietato agli italiani
Trupia racconta la storia con uno sguardo tanto innocente quanto maturo come quello del piccolo Pietro. È attraverso i suoi occhi che passa la vicenda di emigrazione dei “grandi”, da un punto di vista parzialmente esterno, ma estremamente coinvolto, che si fa via via più disilluso, come necessariamente avviene quando si è costretti a crescere in fretta.

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Itaker - Vietato agli italianiL'Italia che Itaker racconta non è quella del benessere che caratterizza gli anni '60, ma l'altra faccia della medaglia: l'emigrazione e la povertà in un non-luogo sospeso tra la nostalgia di casa e la voglia di iniziare una vita nuova altrove. La grigissima fabbrica dove si svolge gran parte dell'azione è una sorta di limbo, a tratti infernale, dove gli immigrati stazionano in attesa che qualcosa cambi, un punto di partenza che si può trasformare in eterna dimora, bloccati qui senza possibilità di andare avanti o tornare indietro. Un luogo alienante che, però, può anche diventare una casa vera e propria come accade per Pietro e Benito, i protagonisti di questa storia, raccontata da Trupia con uno sguardo tanto innocente quanto maturo come quello del piccolo Pietro. È attraverso i suoi occhi che passa la vicenda di emigrazione dei “grandi”, da un punto di vista parzialmente esterno, ma estremamente coinvolto, che si fa via via più disilluso, come necessariamente avviene quando si è costretti a crescere in fretta.

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Ma soprattutto è la storia della ricerca della propria identità e di una famiglia. In questo luogo della Germania si incontrano anime senza legami (e se c'erano, vengono strappati come la foto dei genitori di Pietro, che in parte preannuncia la scelta finale del bambino). Incontri a volte fugaci, senza soluzioni. Altre, invece, si (ri)crea un nucleo familiare stabile, come per Pietro, Benito e Doina. Da una parte, un legame genitoriale nei confronti del bambino; dall'altra, una storia d'amore. Anche questa volta, però, la famiglia va di nuovo in pezzi con l'intrusione forzata del corpo estraneo Pantanò/Placido, un corpo che sfugge ai confini della macchina da presa, che non riesce a essere razionalizzato. Ciò che rimane è un nucleo essenziale, composto da Pietro e Benito, figlio non voluto e padre non cercato, che inevitabilmente diventano indispensabili l'uno per l'altro. La propria identità si scopre, si trova forse per la prima volta, nell'ultimissima immagine del film, in quello sguardo determinato di Pietro che guarda avanti e sceglie il proprio padre.

Trupia coglie così, con una forte carica emozionale, un pezzo di storia “nostrana” che si fa racconto universale, a tratti corale grazie alla presenza degli altri personaggi, su tutti Goffredo, altro corpo che stravolge l'inquadratura ogni volta che appare sullo schermo. Una storia che finalmente trova la propria voce attraverso l'eternità dell'immagine cinematografica.


Titolo originale: Id.

Regia: Toni Trupia
Interpreti: Francesco Scianna, Monica Birladeanu, Tiziano Talarico, Nicola Nocella, Michele Placido

Origine: Italia/Romania, 2012

Distribuzione: Istituto Luce – Cinecittà

Durata: 98'

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    2 commenti

    • una splendida regia da parte di un giovane e impegnato regista..era ora di finirla con i soliti e banali "filmetti". L'italia è stata anche questa e spesso lo dimentichiamo.E' una rappresentazione "poetica" che guarda attraverso gli occhi del bambino (uno sguardo che cattura) una realtà cruda che il regista riesce a far dimenticare facendo leva sul rapporto affettivo che man mano si sviluppa tra Pietro e Benito. Il finale è quello che lo spettatore spera e desidera ma….. non vede. Attori fantastici, forse Placido troppo caricaturale ma…. UNA SPLENDIDA ED EFFICACE DIREZIONE.

    • salvatore marchiano

      dopo l'uomo giusto,il piccolo grande TRUPIA, continua a mettere in discussione le nostre coscienze