Jurassic World – Il regno distrutto, di J.A. Bayona

Anche in un film sui dinosauri il punto centrale sembra essere lo stesso: quanto riusciamo a essere (veri) umani…. o a non esserlo?

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Se nel precedente Jurassic World si trattava di aumentare le proporzioni della visione, con tanto di 3D pronto ad amplificare le dimensioni e gli effetti di soprassalto dei dinosauri, Il regno distrutto cerca di deviare sul conflitto etico e su una certa “contemporaneità” ambientalista. Senza però che lo spettacolo alzi bandiera bianca, questo è chiaro. Ed è evidente che J.A. Bayona è l’uomo giusto al posto giusto, l’esecutore perfetto – forse persino più dotato del Colin Trevorrow dell’episodio precedente – delle coreografie spielberghiane necessarie a portare a casa l’intrattenimento Jurassic. Soprattutto nella seconda parte Bayona lavora benissimo infatti sull’immaginario horror domestico: ombre, scricchiolii, tetti, guglie gotiche come stessimo in un film della Hammer. E i dinosauri che distruggono il set, pronti a riconquistare il (loro) mondo perduto.

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Quinto capitolo della saga iniziata nel 1993 da Jurassic Park, questo Regno distrutto riformula le coordinate del secondo film (Il mondo perduto, anno 1997), quello in cui il T Rex finiva a San Diego. Qui in un finale affascinante e apocalittico vediamo infatti i mostri espandersi a macchia d’olio sul pianeta, creando forse le premesse per sequel più intriganti e coraggiosi. Il tema è l’annientamento del paesaggio, dell’ecosistema, dello spazio. Nel primo atto scopriamo che l’isola in cui abbiamo lasciato il parco dei divertimenti nelle mani dei dinosauri sta per essere inghiottita da un’eruzione vulcanica che probabilmente porrà fine all’esistenza delle bestie. Gli animalisti capitanati da Claire (Bryce Dallas Howard) sono disposti a tutto pur di salvare le specie dall’estinzione, persino ad affidarsi all’ambiguo progetto finanziato dal magnate Lockwood, scienziato ossessionato da Dna e clonazioni che organizza una spedizione sull’isola per recuperare un esemplare per ogni specie, in particolar modo l’intelligente velociraptor Blue. Qui ovviamente entra in scena il personaggio di Chris Pratt, l’unico in grado di comunicare con l’animale. Lui e Claire capiranno presto di essere stati sfruttati per biechi fini e dovranno così cavarsela da soli, prima salvandosi dall’eruzione finale che distruggerà il regno selvaggio e poi combattendo contro un nuovo modello di dinosauro creato in laboratorio: spietato e intelligentissimo.

Le novità a livello di sceneggiatura scarseggiano e la liason amorosa tra i due protagonisti è quanto di meno coinvolgente si possa immaginare. Progressivamente, grazie anche al ruolo giocato da Blue, si assiste però a una umanizzazione della mostruosità a cui viene contrapposta la graduale mostruosità dell’uomo. Si traccia una possibile coesistenza tra i due mondi, che diventa – almeno da un punto di vista teorico – creazione di un nuovo universo, forse persino di un nuovo corpo. Per questo il personaggio più interessante si rivela quello della nipote di Lockwood. Replicante fatta in laboratorio come le creature cinematograficamente plasmate anni fa da Spielberg e Michael Chricton. Sembra quasi una costola di Blade Runner. Ancora una volta il punto centrale nei film contemporanei sembra essere lo stesso: quanto riusciamo a essere (veri) umani…. o a non esserlo?

Titolo originale: Jurassic World: Fallen Kingdom
Regia: Juan Antonio Bayona
Interpreti: Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Ted Levine, Toby Jones, Rafe Spall, Daniella Pineda, Justice Smith, Jeff Goldblum, B.D. Wong, James Cromwell, Geraldine Chaplin, Peter Jason, Michael Papajohn, Robert Emms, Faith Fay
Distribuzione: Universal
Durata: 128′
Origine: USA, 2018

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