Kreuzweg – Le stazioni della fede, di Dietrich Brüggemann

In una struttura rigida, di indubbio rigore formale, la tensione emotiva dove la parola è sempre elemento claustrofobico di costrizione non è sempre costante. La fede diventa dipendenza verbale

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14 capitoli in un percorso cristologico. Piani quasi sempre fissi, in ognuno di questi leggeri movimenti durante la cerimonia religiosa, in ospedale e nel finale. Kreuzberg oscilla tra il corpo e il pensiero. La mutazione del primo causata dal secondo attraverso la figura di Maria, una ragazza di 14 anni la cui vita è profondamente condizionata dalla sua famiglia che segue gli insegnamenti della “Società di San Pio XII” e la sua visione del cattolicesimo. La ragazza così vive quotidianamente nella paura di commettere qualche peccato: non può ascoltare un certo tipo di musica e frequentare un coetaneo. Il suo cuore è diviso tra le tentazioni terreni e i rigidi dogmi che vengono fatti rispettare soprattutto dalla madre. Poi, da un certo momento, la situazione precipita.

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kreuzwegCi sono tanti piccoli segmenti che potrebbero essere anche autonomi. La fede diventa in Kreuzweg dipendenza verbale. Sul corpo della protagonista si cicatrizza il dogma, mostrato nella preghiera vicino al paesaggio o nella progressiva smaterializzazione nel fisico dove il tedesco Brüggermann potrebbe aver rintracciato riferimenti da Dreyer o da Cavalier, ma poi ogni capitolo è utilizzato anche come stacco temporale nel percorso della protagonista. Il suo immobilismo esistenziale è in qualche modo parallelo a quello fisico di Ben, il ragazzo sulla sedia a rotelle di Ben di Run If You Can presentato proprio alla Berlinale, nella sezione “Perspective Deutsches Kino” nel 2010.

In una struttura rigida, di indubbio rigore formale, la tensione emotiva dove la parola è sempre elemento claustrofobico di costrizione non è sempre costante. Ci sono quadri perfettamente riusciti (la lezione di ginnastica, la visita dal medico, la litigata con la madre in auto) mentre altri invece mostrano come lo stesso metodo applicato nelle situazioni più diverse non sempre funzioni.
E’ il caso del dialogo con il coetaneo in biblioteca e fuori scuola e la lunghissima inquadratura iniziale, dove la figura di Maria (interpretata comunque con sorprendente aderenza da Lea van Acken) emerge e si differenzia dagli altri con eccessiva velocità. Tutta la parte finale poi risulta forzatamente simbolica nell’associazione del cammino di Maria con quello di Gesù verso Golgota. Esempio di come uno stesso stile può si, caratterizzare un tipo di cinema. Ma gli può impedire anche di non muoversi oltre qualche centimetro. Proprio come la macchina da presa.

Titolo originale: Kreuzweg

Regia: Dietrich Brüggemann

Interpreti: Lea van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter, Lucie Aron, Moritz Knapp

Distribuzione: Satine Film

Durata: 107′

Origine: Germania 2014

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