La cena di Natale, di Marco Ponti

Negli esordi di Ponti, c’era una certa attenzione per la forma, il gusto di uno stile giovane, anche troppo. Ma a distanza di oltre dieci anni, di quelle forme sembra non essere rimasto più nulla

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Si può dire tutto degli esordi di Marco Ponti, di quel dittico torinese Santa Maradona e A/R Andata + Ritorno, in qualche modo epocale, poggiato sulle battute geniali e malferme di Libero De Rienzo. Cinema vuoto, tutto di superficie, estetica da videoclip, una scrittura che rimescola il gusto per la citazione e  l’ammiccamento “generazionale” più facile. Ma di sicuro, c’era in quei due film una certa attenzione per la forma, un linguaggio cinematografico che sapeva spaziare dalle sospensioni romantiche alle accelerazioni improvvise ed esagitate, con le linee d’azione che si aprivano in “schegge ipercinetiche” ed esplodevano negli split screen e nella velocità del montaggio. Uno stile giovane, forse anche troppo. Ma comunque uno stile. A distanza di oltre dieci anni, di quelle forme sembra non essere rimasto più nulla. In mezzo ci sono stati altri film, Passione sinistra e Io che amo solo te, diretto antecedente di questo La cena di Natale, sequel ancora una volta tratto dai successi editoriali di Luca Bianchini. C’è stata la Tv, c’è stato il teatro, un esercizio di scrittura costante. Ma è come se lo stile si fosse inesorabilmente prosciugato, appiattito ancor più che normalizzato, fino a essersi ridotto a un imbarazzante grado zero da sceneggiato televisivo o da stanca sit-com.

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la-cena-di-natale1Ritorniamo ai giochi di coppia del precedente, con le due traiettorie narrative poggiate su Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti, da un lato, Michele Placido e Maria Pia Calzone, dall’altro. Siamo alla vigilia di Natale, a Polignano. Damiano e Chiara si sono sposati e attendono un bambino. Tutto sembra procedere tranquillamente, se non che Damiano non ha perso il gusto per le scappatelle. E la situazione rischia di esplodere, quando l’ultima sua conquista, Debora (Giulia Elettra Gorietti), gli rivela di essere incinta e minaccia ferro e fuoco. Dall’altra parte, don Mimì è pronto a compiere il grande passo, si ripresenta a Ninella e gli propone una fuga romantica a Parigi, proprio il giorno di Natale. L’ultima occasione per suggellare il grande amore incompiuto. In mezzo alle due tracce fondamentali, tutta una serie di personaggi: dal fratello di Damiano, gay alle prese con i tormenti amorosi e con le richieste dell’amica Daniela, alla sorella di Ninella (Veronica Pivetti), insostenibile e irresistibile parente milanese. Situazioni più o meno coerenti, che provano a virare verso la comicità più aperta, soprattutto grazie al grande Uccio De Santis, prete d’azione, e ad Antonio Gerardi, nei panni del recidivo Franco. Ma in generale la struttura si sfilaccia in mille rivoli, fino a collassare, indugiando su personaggi che non hanno alcuna reale funzione (Crescenza Guarnieri) e perdendone altri nel corso del cammino (Ivana Lotito), lasciandosi andare a trovate comiche gratuite (il vibratore scambiato per telefono, l’albero di Natale piegato). L’impressione è quella di una sgangheratezza generale, che tocca il culmine durante la fatidica cena, dove assistiamo a delle sorprese, a delle entrate e delle uscite in campo davvero senza senso. Potrebbe anche andar bene: in fondo proprio questa sgangheratezza garantisce gli unici momenti di autentica libertà del film. Ma rimane il peso di una incuria formale che si fa fatica a spiegare: l’incapacità di uscire dal più trito dialogo in campo-controcampo (che diventa la pura meccanica durante le telefonate), l’utilizzo insistito e fuori luogo delle musiche, la sensazione che la messinscena non controlli mai del tutto lo spazio e le relazioni dei personaggi, l’appiattimento su una Polignano da cartolina… forse si paga il prezzo di qualche distrazione produttiva, ma davvero La cena di Natale ha la stessa fragilità della capanna del presepe. Fortunatamente ci sono gli interpreti a tener in piedi il film. Gli uomini in particolare. De Santis e Gerardi, come detto, un ottimo Eugenio Franceschini, a cui è affidato l’unico momento davvero vibrante. E poi, è chiaro, un monumentale Scamarcio, che sembra sempre fuori tempo e fuori luogo, su un altro pianeta. In qualche modo, è sempre più speculare a Placido, incalzante nella sua svagata cialtroneria da latin lover. Vederli insieme è, comunque, una gioia.

 

Regia: Marco Ponti

Interpreti: Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti, Michele Placido, Maria Pia Calzone, Antonella Attili, Eugenio Franceschini, Antonio Gerardi, Veronica Pivetti, Uccio De Santis, Maria Elettra Gorietti, Eva Riccobono

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 95’

Origine: Italia, 2016

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