La felicità è un sistema complesso, di Gianni Zanasi

A otto anni da Non pensarci, il cineasta realizza un film respingente e insieme coraggioso che forse ha la consapevolezza che può esplodere in ogni momento. E qui Valerio Mastandrea è al top

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Sceglie strade nuove, diverse, il cinema di Gianni Zanasi. A otto anni da Non pensarci, il suo cinema si getta liricamente nel vuoto, senza sostengo. Respingente e coraggioso, sembra essere chiuso in una sua impermeabilità nella rappresentazione di personaggi che vivono come dentro una bolla d’acqua, protetti ma anche soffocati nel loro mondo.

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Valerio Mastandrea è Enrico Giusti, un tagliatore di teste, il cui lavoro consiste principalmente a convincere dirigenti incompetenti ad andarsene prima che questi mandino in rovina le loro aziende. Una mattina però tutto cambia. Muoiono in un incidente d’auto due imprenditori lasciando orfani i due figli, Filippo di 18 anni e Camilla di 13 che diventano soci di maggioranza dell’impresa dei genitori. Enrico ha il compito di portare i due ragazzi a rinunciare all’incarico cercando anche di fargli cedere le loro quote di maggioranza. Il compito però si rivela più difficile del previsto. Inoltre, un giorno l’uomo si ritrova una ragazza israeliana, ex del fratello, nel suo appartamento. La sua esistenza così lineare inizia a prendere delle strade impreviste.

valerio mastandrea e giuseppe battiston in la felicità è un sistema complessoCon maggiori rischi, Zanasi sembra prendere una strada diversa ma simile a quella di Virzì in Il capitale umano. C’è la rappresentazione del capitalismo con riunioni aziendali, villa con piscina, in luoghi circondati dalle persistenti luci grigie e blu della fotografia di Vladan Radovic (lo stesso di Tutti i santi giorni, Anime nere e Vergine giurata)  dove i personaggi appaiono come pedine in attesa di essere manovrate. Ma è solo un’illusione. Il cineasta, in questo sistema davvero complesso che è il suo film, cerca invece di aprirgli continui squarci di libertà. Li porta sull’orlo del precipizio, li fa gettare nel vuoto (il tuffo in piscina di Enrico dovrebbe rappresentare questo il desiderio e insieme la momentanea impossibilità di una fuga), li circonda da una colonna sonora anche invadente e insieme trascinante (con il brano In A Manner of Speaking dei Nouvelle Vague che diventa come un refrain e insieme un dialogo di script nascosto e parallelo), in una continua mescolanza tra commedia e dramma sempre disequilibrata. E il film appare (ma non ne abbiamo la certezza) migliore quando sceglie questa seconda strada.

valerio mastandrea e hadas yaron in la felicità è un sistema complessoCi sono due discorsi da fare. Il primo è che questo potrebbe essere il film della vita di Zanasi. L’ha pensato, progettato, e anche sofferto a lungo. E forse per questo, pur nella durata di quasi due ore, appare come monco. Come se ci dovevano essere delle altre parti che poi sono state tagliate, oppure non sono state più girate. Si autoesalta, diventa prigioniero del proprio stile tra piano-sequenza e ralenti, ma poi questa ambizione che può apparire esteriore ha dentro qualcosa di profondo e di vero. E allora più che esaltazione, La felicità è un sistema complesso è un film alla continua ricerca dell’inquadratura giusta, come se ci fosse uno scarto continuo tra la storia che viene mostrata e come deve essere filmata. E sta qui forse la sua sottile forza perversa, il suo bipolarismo. Proprio nella ricerca di spazi di intimità che vengono continuamente negati. Come nella scena in cui la ragazza israeliana va a casa di Camilla e viene inseguito da Enrico, forse geloso di quella complicità che si stanno ritagliando.

Il secondo discorso è che Valerio Mastandrea, uno dei migliori attori italiani, con Zanasi è al top. A metà tra la bella grinta degli eccessi delle commedia all’italiana e George Clooney di Tra le nuvole. Quanto è fragile e opprimente La felicità è un sistema complesso, quanto gli attori sono diretti con mano sicura. E questo si vede anche nella prova di Hadas Yaron (Coppa Volpi a Venezia nel 2012 per La sposa promessa) e anche dei due ragazzi, Filippo De Carli e Camilla Martini. Come delle molle caricate a orologeria. Con un film che rischia di esplodere ad ogni momento. Anzi che a volte sembra avere proprio l’intenzione di farlo. Forse perché realizzato troppo presto troppo tardi. Dove però la strada intrapresa infastidisce anche ma crea anche una strana dipendenza, nel senso che per certi aspetti se ne vorrebbero vedere di più di film così.

Regia: Gianni Zanasi

Interpreti: Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Hadas Yaron, Paolo Briguglia, Teco Celio, Maurizio Donadoni, Filippo De Carli, Camilla Martini

Distribuzione: Bim

Durata: 117′

Origine: Italia 2015

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