"La finestra di fronte", di Ferzan Ozpetek

Si sente il respiro dei corpi e il sapore dei dolci in un'opera che appare davvero tattile, con personaggi reali che progressivamente si trasformano in visioni, figure smaterializzate nate da una scrittura – quella di Ozpetek e Gianni Romoli – che li porta a una costante deambulazione fatta di movimenti disordinati e di "sguardi indiscreti".

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Ri/dare forma alla memoria. Con La finestra di fronte Ozpetek utilizza il corpo (quello dell'anziano pasticciere Davide Veroli), il cibo (i dolci), la materia (il muro e la serranda), lo spazio (il ghetto ebraico di Roma) per una dispersione totale e anomala, dove il realismo dell'inizio del film – il pasticciere Veroli che fugge dal forno durante le deportazioni dell'ottobre 1943 – diventa ossessione fantasmatica, incubo mai rimosso in un luogo che non sembra mai aver cancellato le scorie del tempo. La finestra di fronte regala un'emozionante forza emotiva a personaggi dall'identità sempre incerta: Davide Veroli (Girotti) – che poi dice di chiamarsi Simone – che cammina per le strade di Ponte Sisto; una ragazza come Giovanna (Mezzogiorno) che lavora come contabile in un'azienda che macella e confeziona polli, sposata da nove anni con Filippo e madre di due bambini; un dipendente bancario, Lorenzo (Bova) che sta per avere una promozione ma deve trasferirsi in una filiale di Ischia.

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La finestra di fronte si popola di personaggi reali che progressivamente si trasformano in potenziali visioni, in figure smaterializzate che sembrano nascere da una scrittura – quella di Ozpetek e di Gianni Romoli, vitale figura di sceneggiatore/produttore – che li porta a una costante deambulazione fatta di movimenti disordinati e di "sguardi indiscreti".  La finestra di fronte forse non riesce a spingere all'estremo questa perdita (soprattutto nei dialoghi tra Lorenzo e Giovanna dove la seduzione non passa mai attraverso le loro parole), ma possiede un invidiabile calore per il modo in cui il suo sguardo sembra sempre scivolare sui personaggi senza mai intrappolarli, per il modo in cui Roma assume, grazie alla fotografia di Corticelli, un'illuminazione fisicamente straniante, ben lontana da quel sospetto di estetismo che caratterizzava Hamam – Il bagno turco. L'opera di Ozpetek lascia emergere ombre del passato, che hanno vissuto la tragica esperienza della deportazione e ora restano quasi come corpi solidificati, quasi statuari (l'anziana signora della merceria, la donna a cui Davide ha salvato la vita), squarcia sentimenti repressi (quello tra Simone e Davide) con una passionalità-limite dove il foglio di una lettera mai spedita diventa materia emotiva determinante come in Le parole che non ti ho detto di Costner/Mandoki.


Si sente il respiro dei corpi e il sapore dei dolci in un'opera che appare, nelle sue imperfezioni, davvero tattile. Il film prosegue sulla linea di un cinema che si apre su un passato che continua ad essere tramandato come eredità: Francesco che diventa proprietario di un bagno turco grazie all'eredità di una zia in Hamam – Il bagno turco, la signora che racconta ad una giornalista dell'ultima odalisca entrata nell'harem di un sultano alla vigilia del crollo dell'Impero Ottomano in Harem Suare. Questo stesso passato viene smascherato attraverso una ricerca che apre su "altre identità": la rivelazione dell'amante di Davide segue quasi le stesse traiettorie di quello del marito di Antonia in Le fate ignoranti. Forse, rispetto quest'ultimo film, a La finestra di fronte manca quella contagiosità epidermica della collettività, ma  al tempo stesso c'è una sincera partecipazione per i luoghi (il ghetto di La finestra di fronte come il quartiere Ostiense di Le fate ignoranti) per personaggi così veri e intensi, soprattutto grazie alle prove di un grande Massimo Girotti (personaggio della Resistenza, quasi omaggio all'attore del "cinema della Resistenza" inaugurato da Ossessione di Visconti) e una sempre più convincente Giovanna Mezzogiorno; l'ultimo sguardo di Giovanna, con il dettaglio dei suoi occhi, che anticipa la canzone di Giorgia nei titoli di coda, provoca un sussulto improvviso, quasi liberatorio, come quello di Moretti che beve il bicchiere d'acqua prima delle note della Mannoia in Caro diario.


 


 


Regia: Ferzan Ozpetek
Sceneggiatura: Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli
Fotografia: Gianfilippo Corticelli
Montaggio: Patrizio Marone
Musica: Andrea Guerra
Scenografia: Andrea Crisanti
Costumi: Catia Dottori
Interpreti: Giovanna Mezzogiorno (Giovanna), Massimo Girotti (Davide), Raoul Bova (Lorenzo), Filippo Nigro (Filippo), Serra Yilmaz (Eminè), Maria Grazia Bon (Sara), Massimo Poggio (Davide da giovane), Rosaria Di Cicco (Irene), Ivan Bacchi (Simone), Flavio Insinna (uomo del forno)
Produzione: Tilde Corsi e Gianni Romoli per R&C Produzioni/Redwave Films/Afs Film/Clap Filmes
Distribuzione: Mikado
Durata: 106'
Origine: Italia, 2002

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    Un commento

    • mariagiovannagurreri@libero.it

      Giovanna e Nigro, tirano avanti una relazione che sembra un pò stanca. L'incontro con Davide, un anziano che no si ricorda più come si chiama, la nascita di un nuovo amore, apriranno nuovi orizzonti alla protagonista. Adesso Giovanna affronterà con passione la vita di tutti i giorni.