La libertà non deve morire in mare, di Alfredo Lo Piero

Nell’essenziale efficacia comunicativa si racconta un immaginario viaggio al contrario, per raggiungere l’Africa e poi soffrire il ritorno impossibile

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Realizzato tra il 2016 e il 2017 con la collaborazione di Guardia Costiera, Medici senza Frontiere, Guardia di Finanza e con il patrocinio di Amnesty International Italia, La libertà non deve morire in mare di Alfredo Lo Piero racconta la drammatica situazione degli sbarchi sull’isola di Lampedusa, attraverso testimonianze dirette di volontari, sopravvissuti, medici, associazioni, organi di Stato. Con questa opera prettamente documentaristica, senza fronzoli, Alfredo Lo Piero restituisce voce a chi ce l’ha fatta, a chi era presente sul posto al momento degli sbarchi, a chi lavora ogni giorno per affrontare e gestire al meglio una situazione sempre più delicata e difficile. E in punta di piedi, lontano da retorica, sensazionalismi e facile tifo da stadio restituisce il ricordo di chi non c’è più, uomini, donne, bambini, esseri umani, la cui vita si è fermata in mare, a due passi dalla meta e dalla libertà.

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A rendere possibile un progetto così complesso, l’umana e gratuita partecipazione di un cast tecnico di professionisti, che hanno fornito supporto, vicinanza, competenza. Sono stati impiegati operatori subacquei, piloti di droni, operatori all’estero, traduttori, centri accoglienza, si è fatto ricorso all’archivio filmico della Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Medici Senza Frontiere, sono state rintracciate le testimonianze dei protagonisti e dei sopravvissuti, tutti liberi di raccontare la propria verità di fronte alla telecamera. La libertà non deve morire in mare, visto oggi, è quasi un documento storico, tanto è cambiata l’Italia e l’assetto sociopolitico in soli due anni, come spiega l’autore:

“Il mio non è un film politico, lotterò sempre per non farlo strumentalizzare o percepire come tale; è un film umano, realizzato in un periodo storico, se pur recente, differente da quello attuale: mai avrei immaginato che a distanza di appena due anni quegli stessi eroi, con e senza divisa, potessero essere additati, vincolati, obbligati a nuovi protocolli, drastici e fuori da ogni ragione… A mio avviso la libertà di migrare, qualsiasi sia il motivo, significa libertà di vivere, e non c’è guerra, razzismo, paura o ragione al mondo che possano giustificare il fatto che si possa morire in mare. L’uomo deve poter fare l’uomo, porgere una mano a chi ha bisogno, la politica e le istituzioni devono poter fare tutto il resto. L’incapacità di accogliere burocraticamente e logisticamente oltre settecentomila migranti non deve minimamente ledere o mettere in discussione quello che è l’animo umano. Noi italiani siamo straordinari nel prestare soccorso e aiuto, poiché dotati di uno spiccato senso umano, ma è anche vero che siamo incompetenti nel gestire una massa migratoria sproporzionata come quella di questi ultimi venti anni. Chiudere porti, bloccare le frontiere o seminare paura e odio razziale, ritengo sia la strategia più sbagliata e discutibile per frenare un dramma epocale di queste dimensioni. Il problema va risolto a monte, finché l’Africa continuerà a essere terra di conquista, da sfruttare e saccheggiare, anziché ricca risorsa del nostro Pianeta, gettare le basi per un processo di cambiamento non sarà neanche minimamente pensabile”.

Nella sua essenziale efficacia comunicativa, il regista catanese sembra ad un certo punto raccontare, un immaginario viaggio al contrario, in cui siamo noi a voler raggiungere l’Africa e siamo sempre noi a soffrire il ritorno impossibile. Il continente di tenebre compatte, che di notte noi sorvoliamo per ore, rinunciando a scomodi barconi, la terra senza strad, pelle infinitamente rugosa, senile, impervia, il pachiderma planetario abitato da insetti leggerissimi e rarissimi, resta impenetrabile per tutti, anche per gli stessi che partono. Non è ancora cominciata l’era dei grandi esodi, i soli che possono davvero generare il paesaggio. L’uomo non è più libero neppure qui: catturato nel suo spazio vasto ma intransitabile, irretito da una splendida e angosciosa trama di animali, insetti, alberi, argilla e rupi, l’africano è prigioniero dei suoi luoghi senza confini. È qui il mare bagna all’unisono terre di approdo e luoghi di partenza.

Regia: Alfredo Lo Piero
Interpreti: Giacomo Brignone (il pescatore), Brigitte Paul Souleye (sopravvissuta), Caterina Famularo (psicologa a Lampedusa), Costantino Baratta (testimone), Osaro Adosa (sopravvissuto), Fabio Bia (Tenente Guardia di Finanza)
Distribuzione: Distribuzione Indipendente
Durata: 77’
Origine: Italia, 2017

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