La parrucchiera, di Stefano Incerti

Quello di Incerti si conferma un cinema che sa ben maneggiare un mix di generi e atmosfere. I problemi del film li intravediamo oltre gli interessanti presupposti, in troppe forzature metaforiche

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La parrucchiera è perennemente in movimento. Il film e la sua bellissima protagonista, infatti, ci catapultano sin dalla prima inquadratura in una Napoli coloratissima, multiculturale, favolistica, problematica ma pur sempre materna. Una città/mondo che sembra non avere confini proprio perché assorbe naturalmente ogni situazione e linea narrativa rilanciandola come fosse un vero e proprio personaggio del film. Ma andiamo con ordine: Rosa è una solare ragazza madre che fa la parrucchiera, è costretta a licenziarsi per le troppe avance del viscido marito della proprietaria del negozio e decide così di aprire un’attività in proprio con l’aiuto di un’inquietante e bizzarra strozzina/cartomante. Testa e tempesta vuole essere un piccolo salone di bellezza dove i tagli contro crisi sono spesso gratuiti e dove si sperimentano nuove fantasiose colorazioni autocnone (il “vesuviush”). Questo plot principale si dirama però in una miriade di situazioni collaterali (amori, gelosie, vendette, violenza improvvisa) e personaggi di contorno che circondano Rosa (come la coraggiosa vicina di casa transessuale o l’ex fidanzato innamorato che vuole fare da padre a suo figlio), che superano ogni barriera culturale (dal gender all’etnia) estendendo intelligentmente il concetto di libertà dalla crisi economica ai diritti civili. Umori e colori che riecheggiano Pappi Corsicato e Pedro Almodovar (due referenti sin troppo evidenti) in una Napoli declinata decisamente al femminile.

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incerti1Quello di Stefano Incerti si conferma un cinema molto consapevole, che sa maneggiare abilmente l’inedito mix di generi e atmosfere pop che tira in balloI problemi del film, allora, li intravediamo oltre questi interessanti presupposti. Perché le continue forzature metaforiche che vogliono incanalare i personaggi nella cronaca della “nostra” società, rendono il loro percorso sin troppo facile da intuire e tracciare. Un’umanità ribollente e viva che però non riesce a evadere dalle gabbie narrative del film, liberandosi raramente in quella sana anarchia formale che proprio i film del primo Almodovar raggiungevano. E quindi ovviamente la crisi, i soldi, la televisione spazzatura, i 15 minuti di celebrità, la violenza endemica delle periferie, le piccole truffe e i pentimenti, ecc., ecc… insomma si procede per accumulo e il film viene fatalmente addomesticato non riuscendo a sfruttare appieno le sue carte vincenti. Peccato, perché questa parrucchiera sempre in movimento sa comunque parlare con il linguaggio del cinema. E non è poco.

Regia: Stefano Incerti
Interpreti: Pina Turco, Massimiliano Gallo, Cristina Donadio, Tony Tammaro, Arturo Muselli, Lucianna De Falco, Alessandra Borgia, Ernesto Mahieux
Distribuzione: Good Films
Durata: 108′
Origine: Italia, 2017

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