La piscina, di Jacques Deray

C’è un’importante carica emozionale tutta vissuta all’interno dei personaggi. Con tracce di alienazione ed esistenzialismo che guardano ad Antonioni. Stanotte, ore 1.15, Rai Movie

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Ci sono film che riescono a catturare l’atmosfera di un determinato periodo storico con la magica commistione dei generi. La piscina di Jacques Deray è una di quelle opere difficili da approcciare dal punto di vista critico. Non la si può definire un dramma erotico anche se nella prima parte c’è uno vasto sfoggio di corpi maschili e femminili seminudi, con qualche concessione al sadomaso. Né la si può incasellare come thriller perché la trama noir, prevalente nella seconda parte, è solo il pretesto per un discorso molto più profondo. La piscina è la metafora di una ambivalenza sentimentale: il cielo azzurro e i rami degli alberi sono solo un riflesso nell’acqua, basta un tuffo (a bigger splash per citare il remake di Luca Guadagnino) per fare scomparire l’immagine (e i titoli di testa). Così le splendide vite dei quattro protagonisti nascondono un lato oscuro pronto a riemergere nel buio della notte.

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Jean-Paul (Alain Delon) è uno scrittore fallito che passa l’ estate in una villa con piscina poco fuori Saint Tropez, insieme alla affascinante giornalista Marianne (Romy Schneider). La loro accaldata routine è sovvertita dall’arrivo di Harry (Maurice Ronet), cantante di successo (ed ex di Marianne) e di sua figlia Pénélope (Jane Birkin) lolita diciottenne tanto inquieta quanto svestita. Dietro i sorrisi e le strette di mano covano rancori del passato: Harry pensa che Jean-Paul non abbia talento e non meriti l’amore di Marianne; Jean-Paul si sente minacciato da Harry e reagisce alla frustrazione seducendo Penelope. Nella piscina si dipana questo guazzabuglio di passioni e si incrociano i destini e le occhiate di seduzione.

Jacques Deray lavora molto sulle psicologie dei personaggi cercando i punti di attrito su cui costruire i conflitti: sia nella scena della festa sulle note di Run Rabbit Run (la citazione di Updike è pertinente) sia in quella in cui i quattro protagonisti sono a cena, le diagonali degli sguardi sostituiscono i dialoghi mentre la piscina diventa una camera di implosione dove confluiscono vita e morte.

La speciale alchimia tra Alain Delon e Romy Schneider illumina il film fino all’ultimo fotogramma, in una magica miscela tra finzione e vita reale (i due si erano separati nel 1964 per le continue infedeltà di lui). La contrapposizione tra la Schneider e la Birkin è giocata anche sul vestiario, sofisticato contro bohemienne, in un confitto generazionale amplificato dal dominio sessuale. Se al sole della Costa Azzurra prima risplendevano le carni dorate abbronzate degli amanti, davanti all’oscurità della notte un cadavere riaffiora dopo un omicidio di insostenibile crudeltà.

Alla rappresentazione della borghesia decadente sul modello del cinema di Chabrol, Jacques Deray aggiunge un misto di alienazione ed esistenzialismo in omaggio a Michelangelo Antonioni. Proprio il Jean-Paul di Alain Delon vive sulla sua pelle la frustrazione per una esistenza ingabbiata dalla accidia e ricorda molto da vicino il Piero de L’eclisse. L’innamoramento per la giovane Pénélope è più una fuga da una routine soffocante che un dispetto all’amico invidioso. Harry sfida e batte Jean-Paul in una gara di nuoto dal valore simbolico: nella società di fine anni ’60 la Maserati Ghibli è uno status symbol come la villa con piscina.

Sceneggiato con l’aiuto di Jean Claude Carrière (tra gli scrittori preferiti da Luis Buñuel) e musicato da Michel Legrand, La piscina è uno di quei titoli che nasconde dietro la lentezza delle azioni e la fragilità della trama, una importante carica emozionale tutta vissuta all’interno dei personaggi, divorati da un astratto velleitarismo che li fa muovere come burattini schiavi dei propri desideri: il sesso non è più un mezzo di liberazione ma lo strumento del potere di un corpo su un altro corpo.

 

Titolo originale: La piscine

Regia: Jacques Deray

Interpreti: Alain Delon, Romy Schneider, Jane Birkin, Maurice Ronet

Durata: 85′

Origine: Francia 1968

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