La regola del gioco, di Michael Cuesta

Michael Cuesta con il suo La regola del gioco cerca di allontanarsi dallo schema apologetico ma, senza mai un colpo d’ingegno, le battaglie solitarie di Webb scorrono inermi di fronte ai nostri occhi

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Gary Webb, giornalista scomparso in circostanze misteriose nel dicembre del 2004, era un uomo che credeva in quello che faceva. Dopo anni di serio e affidabile lavoro nella stampa locale, segnato da diversi premi come il Pulitzer nel 1990, si ritrovò per le mani una storia incredibile, talmente “vera da non poter essere raccontata”, una notizia che distrusse per sempre la sua carriera e la sua vita. Sarebbe stato mortificante vedere un’esistenza, cosi eroica e tragica, rilegata nella solita operetta agiografica dove uno dei troppi martiri civili americani si ritrova sacrificato sull’altare hollywoodiano dell’esaltazione autoreferenziale delle Grande America. Politici incorruttibili, avvocati idealisti, giornalisti coraggiosi e intrepidi sostenitori dei diritti civili, quanti sono gli eroi che si sono visti “restituita” (spesso dopo la propria morte) da pellicole non sempre all’altezza, quella riconoscenza stima spesso negatagli ottusamente in vita? Michael Cuesta con il suo La regola del gioco (Kill the Messenger) cerca di allontanarsi da questo schema apologetico, cavalcando con decisione strade narrative schiette e anticonformiste. Il film, infatti, racconta la lotta di Webb per ricostruire i traffici illegali che la CIA intratteneva con diversi narcotrafficanti per finanziare la controrivoluzione nel Nicaragua e il suo successivo isolamento forzato dal mondo dei media. Dipingendosi anche di tenue attacco alla politica reaganiana La regola del gioco di Cuesta (reduce da diverse regie televisive nei serial più quotati) vive, però, la contraddizione di non riuscire, nonostante la sua voglia di rompere gli schemi, a rendere incandescente l’incredibile storia vera che ha tra le mani. Senza mai uno squillo d’impegno, una trovata d’ingegno, le battaglie solitarie di Webb scorrono inermi di fronte ai nostri occhi. La decisione di concedere poca attenzione alla quest giornalistica (limitata principalmente alla prima mezzora) per poi immergersi nella lenta disfatta del protagonista, nel gioco al massacro costruito sulla sua pelle, fa perdere molta forza al concept iniziale. Il tentativo di “rivoluzione” del genere, forse, aveva bisogni di altri strumenti e di altro carisma registico visto che anche la trovata di privare la trama della rivalsa dell’eroe (relegata in scritte sovrappressione prima dei titoli di cosa dove s’informa della “vittoria morale” di Webb) si dimostra un altro autogol. Lontano, ovviamente, dalla grandezza di Pakula, a Cuesta, dunque, va il merito di mettere in scena un grande cast di contorno (dove brillano il sempre convincente Oliver Platt e un’ottima Rosemarie DeWitt), scegliendo in Jeremy Renner il suo perfetto protagonista. L’attore marveliano, solito a interpretazioni più “eccitate” e scanzonate, regala qui al suo personaggio una vena di umanità che, in più di un’occasione (il rapporto con il figlio maggiore), rompe i legami di uno script troppo ingessato nei suoi obiettivi programmatici. Pur nella sua non eccezionale riuscita, La regola del gioco si conferma onesto film di mestiere, nuovo elogio alla grandezza del giornalismo d’inchiesta che non porterà nulla di nuovo a un format consumato.

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Titolo originale: Kill the Messenger
Regia: Michel Cuesta
Interpreti: Jeremy Renner, Paz Vega, Michael Sheen, Ray Liotta, Andy Garcia,Mary Elizabeth Winstead, Robert Patrick, Barry Pepper, Rosemarie DeWitt
Distribuzione: Bim
Durata: 111′
Origine: Usa 2014

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