La rivincita delle bionde, di Robert Luketic

Quest'opera prima di Luketic possiede un’incredibile e straordinaria immediatezza, così spudoratamente diretta, forse tra i pochi imprevisti “colpi di fulmine” di questa stagione

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Negli Stati Uniti è stato un successo. Costato circa 18 milioni di dollari ne ha incassati circa 95, ottenendo due nominations ai Golden Globes 2002 per la migliore commedia e la migliore interpretazione femminile (Reese Withespoon). Dentro l’opera prima del ventinovenne australiano Robert Luketic c’è, oltre al riuscito progetto commerciale, una precisa struttura che vive dentro continui ribaltamenti, nella mutazione di abiti, colori, capelli, dal mondo acceso e troppo colorato di Elle, all’attenuazione cromatica dell’università di Harvard. Ne “La rivincita delle bionde” non c’è tanto quella struttura basata sul contrasto/opposizione di Hawks in “Gli uomini preferiscono le bionde”, ma è presente soprattutto la capacità di Luketic di collocare continuamente un corpo “fuori” dal proprio contesto, di farlo vivere in uno stato di totale opposizione. Il singolo dentro/fuori la massa indifferenziata. Elle (una bravissima Reese Witherspoon) come Buster Keaton confuso tra i poliziotti in “Cops”. La ragazza nell’aula universitaria che si differenzia non solo nel look, ma soprattutto dal suo originale quadernino per prendere appunti rispetto agli altri studenti che utilizzano indifferenziati computer portatili. C’è ogni volta una consapevolezza geometrica nella disposizione del personaggio all’interno dell’inquadratura, c’è un’energia vergine e attraente prodotta da Elle al suo passaggio. Se Luketic, grazie anche all’intelligente sceneggiatura scritta da Karen McCullah Lutz e Kirsten Smith tratta dal best seller autobiografico di Amanda Brown (le stesse autrici dello script dell’ottimo “10 cose che odio di te”), guarda da una parte alla velocità e all’eleganza di certa commedia degli anni Sessanta e Settanta – Blake Edwards soprattutto ma anche Richard Quine – dall’altra parte il film possiede un’umanità coinvolgente (il rapporto tra Elle e la sua parrucchiera) in cui sembra esserci totale adesione emotiva di Luketic al proprio personaggio.
“La rivincita delle bionde” possiede un’invidiabile freschezza di stile e una grazia degna del Nichols di “Una donna in carriera”, ma è opera anche totalmente imprevedibile nel rovesciamento continuo nei rapporti trai personaggi (soprattutto quello tra Reese Witherspoon e Selma Blair, la bionda e la bruna, che si erano già incrociate sul set di “Cruel Intentions”). Sull’apparente struttura di un “teenager-movie”, “La rivincita delle bionde” si trasforma in autentico “film processuale”, con Luketic che pone il corpo di Elle quasi come una sorta di reincarnazione al femminile del Jefferson Smith di James Stewart in “Mister Smith va a Washington” di Capra, con la stessa incoscienza, con quel senso di amarezza che si nasconde dietro l’esibito ottimismo. C’è un attraversamento continuo del corpo in spazi vergini, c’è quel modo di esibire la propria protagonista come icona diversa, potenzialmente emarginata, in realtà libera e selvaggia. Reese Witherspoon appare quasi come un misto tra Judy Holliday e Jayne Mansfield, tra “La ragazza del secolo” e “La bionda esplosiva”, sul trionfo della forma del corpo e del suo potere mediatico (le riviste come “Cosmopolitan” lette da Elle e le sue amiche) che utilizza l’immagine anche nella sua direzionalità pubblicitaria. Alla fine quest’opera prima di Luketic possiede un’incredibile e straordinaria immediatezza, così spudoratamente diretta, forse tra gli imprevisti “colpi di fulmine” di questa stagione.Titolo originale: Legally Blonde
Regia: Robert Luketic
Sceneggiatura: Karen McCullah Lutz, Kirsten Smith dal romanzo di Amanda Brown
Fotografia: Anthony B. Richmond
Montaggio: Anita Brandt-Burgoyne, Garth Craven
Musica: Rolfe Kent
Scenografia: Missy Stewart
Costumi: Sophie Carbonell
Interpreti: Reese Witherspoon (Elle Woods), Luke Wilson (Emmet Richmond), Matthew Davis (Warner Huntington), Selma Blair (Vivian Thelma Kensington), Victor Garber (prof. Callahan), Jennifer Coolidge (Paulette Bonafonté), Ali Larter (Brooke Taylor-Windhame), Jessica Cauffiel (Margot Sweeney), Holland Taylor (prof. Margaret Stromwell), Alanna Ubach (Serena McGuire)
Produzione: Ric Kidney, Marc E. Platt per Marc Platt Productions/Metro Goldwyn-Mayer
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Durata: 96’
Origine: Usa, 2001

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