La verità sta in cielo, di Roberto Faenza

Si preferisce questo tipo di cinema civile del regista invece che quello debolmente calligrafico. Ma il film non sembra rendere giustizia al forte lavoro di ricerca compiuto in preproduzione

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Parte con una citazione di Oscar Wilde (“La verità è raramente pura e non è mai semplice”) e nel titolo racchiude la frase che ha detto Papa Francesco alla famiglia Orlandi. Il nuovo film di Roberto Faenza ‘riapre’ il caso di Emanuela, la ragazza quindicenne figlia di un messo pontificio scomparsa a Roma il 22 giugno 1983. Una rete televisiva inglese, sollecitata dallo scandalo “Mafia Capitale” decide di inviare in Italia una giornalista, Maria, (Maya Sansa) per indagare sul caso. Le sue ricerche si intrecciano con quelle di Raffaella Notariale (Valentina Lodovini), un’inviata di un noto programma televisivo (il riferimento è a “Chi l’ha visto?”) che ha scoperto una nuova pista, Sabrina Minardi (Greta Scarano), l’amante di Enrico De Pedis detto Renatino (Riccardo Scamarcio), il boss che riusciva ad avere frequenti rapporti con le alte sfere di potere e poi è stato ucciso soto i colpi della banda rivale della Magliana.

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la-verita-sta-in-cielo-riccardo-scamarcioQuasi un thriller poliziesco, sulle tracce di Copkiller, uno dei migliori film del regista, mentre il lavoro sull’archivio sembra rimandare a Forza Italia. Sono infatti presenti immagini di repertorio di Papa Wojtyla, come se La verità sta in cielo volesse oscillare dichiaratamente tra il documentario e l’oggettiva ricostruzione fiction. Sicuramente La verità sta in cielo fa parte di quel cinema civile di Faenza – tra il film per la tv Il delitto di via Poma e Alla luce del sole su Don Puglisi – che si preferisce alla derive calligrafiche di titoli come Mio caro dottor Grasler o Il caso dell’infedele Klara. La verità sta in cielo è sospeso tra il 1983 e il presente, sottolinea il periodo storico anche con brani come Solo noi di Toto Cutugno (scelta singolare, visto che il brano aveva vinto a Sanremo tre anni prima) e ha anche dei frammenti inquietanti con la prima apparizione di Sabrina Minardi, con la sempre più sorprendente Greta Scarano nei panni del personaggio in due differenti fasi della sua vita.

la-verita-sta-in-cielo-valentina-lodoviniC’è però un’estrema caratterizzazione, e quindi semplificazione, dei personaggi, forse più adatti ad una serie tv da un respiro più ampio come Marcinkus o anche lo stesso Renatino. Roma è presente ma resta sullo sfondo, quasi come opaca ambientazione di un dramma storico. E ciò è ancora più evidente nella parte moderna. Dove il film non rende giustizia anche al ricco lavoro d’inchiesta che deve essere stato fatto in fase di preproduzione. Perché i fatti restano soprattutto nelle parole dei personaggi. La rappresentazione invece appare figlia di una vecchia tv, per certi aspetti anche con un suo look vintage. Dove anche certi spunti interessanti – il diverso modo di dare la notizia tra il 1983 e oggi tra skype, testi dettati al telefonino, telecamere per riprendere l’intervista e macchine da scrivere – rischiano di diventare ingombranti in un film forse troppo pieno di dettagli che finiscono per accentuare invece le parti mancanti. Il ‘romanzo criminale’ di Faenza funziona più nella sua struttura di base ma non riesce a restituire – narrativamente e visivamente – quel suo potenziale impatto esplosivo. Il cinema di Placido (oltre il film citato anche Un eroe borghese) si butta nell’inchiesta completamente, di pancia. A quello di Faenza invece basta far tornare i conti. Per questo il respiro appare corto e alla lunga, più va avanti, più si evidenziano i difetti. Una sorte simile alle ultime puntate della serie 1992.


Regia: Roberto Faenza

Interpreti: Riccardo Scamarcio, Maya Sansa, Greta Scarano, Valentina Lodovini, Shel Shapiro, Paul Randall

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 94′

Origine: Italia, 2016

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