"L'amore secondo Dan", di Peter Hedges

Forse l’unico vero problema di Steve Carell è Ben Stiller. Che esista già un Ben Stiller. E’ così che una commedia assolutamente ben congegnata, sofisticata, scritta alla perfezione e, soprattutto, maledettamente divertente come L’amore secondo Dan è costretta a scontare una visibilità tutto sommato ridotta. Condannata ad essere semplice, ennesima, puntata di un cinema di cui Ben Stiller è ormai totem indiscusso, modello riverito, riferimento inevitabile.

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All’inizio del film un’avvenente signora dai tratti francesi (Juliette Binoche, dove non te l’aspetti) incrocia in libreria il personaggio-protagonista di Steve Carell e scambiandolo per il titolare gli chiede indicazioni per un libro che “sia divertente, ma non proprio spassoso. Che faccia divertire ma non piegare in due dalle risate, che distragga ma non troppo. Qualcosa, ecco, di umanamente divertente”.
E’ probabilmente questa la sequenza-chiave e rivelatrice con cui Peter Hedges deve aver deciso di presentare il suo secondo film da regista e sceneggiatore, una specie di piccola scena-manifesto sulle sua idee di cinema, commedia e risate.
E si tratta di idee e di un cinema senz’altro da tener d’occhio – sguardo in via di formazione ma di un’ambizione già palese – di un film tutto giocato al rialzo, di ottima forza comica e di rara solidità di script. 
E con un super Steve Carell che sembra aver raggiunto – dopo le ottime performance in 40 anni Vergine e Little Miss Sunshine – uno speciale stato di grazia, una forma strepitosa che lo rende disinvolto ed efficace tanto nello humor sottile dei dialoghi che nelle gag costruite sulle disarticolazioni del suo corpo e sulle smorfie della sua faccia assolutamente e magnificamente anonima .  
In realtà forse l’unico vero problema di Steve Carell è Ben Stiller. Che esista già un Ben Stiller. E’ così che una commedia assolutamente ben congegnata, sofisticata, scritta alla perfezione e, soprattutto, maledettamente divertente come L’amore secondo Dan è costretta a scontare una visibilità tutto sommato ridotta ed una distribuzione francamente approssimativa, come se si trattasse in fondo soltanto di un altro film “sulla scia di”, dell’ennesimo epigono, di una nuova puntata di un cinema di cui Ben Stiller è ormai totem indiscusso: modello riverito, maestro da imitare, riferimento inevitabile.  
E allora uno vede Carell nei panni di questo goffo e bambinesco vedovo – papà di tre figlie che lo torturano, titolare di una rubrica dedicata alle “buone maniere” su un giornale locale – che sta lì ad innamorarsi della splendida ragazza del suo vacuo fratellone e ad un tratto è del tutto inevitabile chiedersi quanto un film dal potenziale comunque già notevole – la qualità media delle battute è strepitosa, alcuni dialoghi risultano addirittura superiori a quelli che lo stesso Hedges scrisse per l’ottimo About a Boy –  sarebbe per forza di cose cresciuto e sfociato in capolavoro se fosse stato, appunto, “un film di Ben Stiller”. E’ un po’ come se al posto di un autentico corpo attoriale, il pur ottimo Carell vivesse attualmente sullo schermo e nell’immaginario del pubblico come una sorta di cine-avatar di Stiller. Intrappolato dentro uno spazio ed un’idea di cinema mai come adesso.strettamente personale: la commedia secondo Ben.

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Titolo originale: Dan in Real Life
Regia: Peter Hedges

Interpreti: Steve Carell, Juliette Binoche, Dane Cook, Alison Pill, Brittany Roberston, Dianne Wiest

Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 98’
Origine: Usa, 2007

 

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