"Le ombre rosse", di Francesco Maselli

le ombre rosse

Potevano esserci gli elementi giusti per un documentario ma invece Maselli sceglie la strada simbolico-metaforica per esprimere una decadenza che ormai investe il pensiero, gli ambienti e i corpi attraverso un cinema logoro, vecchio stampo, sopravvissuto a se stesso ormai da 20 anni che raggiunge apici imbarazzanti come la scena del dibattito televisivo

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le ombre rosseNon si tratta del grande film di John Ford. Anche se a suo modo quello di Maselli vorrebbe essere quasi una specie di western politico. Il nemico si vede ma non è dichiarato. Da una parte ci sono i ragazzi del centro sociale “Cambiare il mondo” che soggiornano nei locali fatiscenti di un vecchio cinema romano. Dall’altro intellettuali (tra cui uno scrittore che deve scrivere un’Enciclopedia del ‘900, un architetto di fama mondiale) che entrano in contatto con loro per creare una casa della cultura nel nome di Malraux. Il loro è uno scontro non definito ma alla fine gli opposti entrano più direttamente in contrasto. Al posto delle pistole ci sono le parole. Lo scontro è insieme politico e generazionale. C’è la classe dei padri smarriti e dei figli perduti. Le ombre rosse inizia nell’autunno del 2007 durante il governo di centrosinistra e al suo interno ci potevano essere degli elementi validi per un documentario. Maselli invece sceglie la strada di un simbolismo vecchio stampo che prende forma attraverso frasi-cliché (i clacson non sono il modo della sinistra di festeggiare la vittoria), manifesti elettorali con scritto destra e sinistra attraverso i quali il regista sceglie il suo mondo ideale e ne sottolinea al tempo stesso la natura utopica. Malgrado l’energia di Valentina Carnelutti e il consumato mestiere di Roberto Herlitzka, Le ombre rosse appare ormai l’esempio di un cinema logoro, di una sinistra che si è rintanata nei suoi salotti (come il personaggio di Siniscalchi) e se ne sta stravaccata sui divani a lamentarsi, che denuncia che della strage di Civitella della Chiana non ne parla più nessuno, che guarda dalla finestra un gruppo di teatro che se ne va in giro per le strade di Roma. Sono pochissimi infatti gli esterni del film e si tratta di immagini quasi rubate e prive di qualunque spessore. Piuttosto imbarazzanti risultano anche i momenti del dibattito politico nello studio televisivo con il direttore di “Le Monde” in collegamento esterno. Più della realtà politica, si tratta di una simulazione della realtà politica. Dietro la parola e l’azione c’è sempre una rappresentazione metaforica. Forse fa bene Siniscalchi, quando viene invitato sul palco dai ragazzi di “Cambiare il mondo”, a parlare pochissimo e a lasciare suonare il gruppo musicale in uno degli rari istanti del film non soffocati. Peccato che poi Maselli voglia continuare a sottolineare la decadenza con la sua proverbiale enfasi. La decadenza del pensiero, dei luoghi, dei corpi (come quella del fondatore del centro sociale). Che in realtà è la decadenza di un cinema che da circa 20 anni è sopravvissuto a se stesso.  
Regia: Francesco Maselli
Interpreti: Roberto Herlitzka, Valentina Carnelutti, Ennio Fantastichini, Lucia Poli, Arnoldo Foà, Flavio Parenti
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 91'
Origine: Italia, 2009

 

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