Le ultime 24 ore, di Brian Smrz

Il film con Ethan Hawke soffre l’attaccamento a certi regimi della filmografia dell’attore e non si apre del tutto alla novità asiatica

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L’intreccio di Le ultime 24 ore non è ben chiaro. E non è solo per il fatto che si basa principalmente sulla possibilità di avere un giorno di vita in più a disposizione dopo la morte (pur non essendo uno sci-fi), ma soprattutto perché alcune cose proprio non tornano. Questo di per se è poco importante dal momento che, sulla carta, dovrebbe essere un’operazione che appartiene al genere “spara tutto e uccidi più gente possibile” che, storicamente, non si è mai risparmiato sull’impossibilità di certi eventi o sul limitare la conoscenza di alcune situazioni rivelatrici. Il problema sorge all’entrata in scena del protagonista Ethan Hawke, un attore che non ha proprio la fisicità di un Bruce Willis di turno e che negli ultimi anni si è costruito una carriera dedita alla personificazione delle idiosincrasie americane (la sua interpretazione in Good Kill di Andrew Niccol, per dirne una). Arriva quindi anche in questo Le ultime 24 ore il momento in cui si deve fare i conti con la coscienza del protagonista, con la sua redenzione ed i suoi rimpianti, abbandonando così del tutto la gioia dell’intrattenimento alla John Wick. Questo viaggio metaforico nel mondo dei sentimenti non viene però supportato da nessuna premessa iniziale, quindi diventa vano e fuori contesto.

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L’unica possibilità di andare a rintracciare una piccola forma di concretezza risiede nel personaggio femminile di Xu Qing. Lei dall’essere carnefice diventa vittima, da bersaglio diventa alleata. Oltre a rendere un minimo fluida la costruzione dei personaggi, è interessante guardare al suo ruolo in un’ottica più generale. E’ evidente come l’entrata prepotente del mercato cinematografico orientale nell’egemonia americana stia cambiando alcuni assetti, e l’affidare in un film d’azione il motore degli eventi ad un’attrice dai tratti somatici asiatici, mentre al protagonista si lascia la parte emozionale, ne è solo una delle conseguenze. Palese è inoltre come la parabola del rapporto con l’americano doc Hawke sia emblematica di questa apertura che guarda ad est: il protagonista ha letteralmente i minuti contati e deve affidare l’intera risoluzione finale alla sua partner. E’ l’America obbligata dall’industria a rivedere il proprio intrattenimento per sopravvivere, senza però voler rinunciare a parlare di se stessa. Si è ancora nelle fasi ibride del compromesso, chissà quando se ne uscirà una compenetrazione equilibrata ed efficiente. Purtroppo questo non è il caso.

 

Titolo originale: 24 Hours to Live
Regia: Brian Smrz
Interpreti: Ethan Hawke, Rutger Hauer, Paul Anderson, Liam Cunningham, Nathalie Boltt, Tanya van Graan, Hakeem Kae-Kazim
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 93′
Origine: USA, 2018

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