L’esodo, di Ciro Formisano

Da una storia vera un film di impegno civile, ma troppo rivolto verso se stesso, che non produce frutti e non alimenta pensiero. Ingabbiato nelle coordinate della storia commovente

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Era da tempo che il cinema italiano di fiction non volgeva lo sguardo così esplicitamente verso i temi del sociale. Quello che un tempo si definiva con un terribile termine “cinema impegnato” o meglio di impegno civile sembra(va) essere finito. Ciro Formisano, già autore di film non fiction a sfondo sociale prova a ripercorre, dopo Vicari e Placido, la via di questo cinema con un progetto autofinanziato.
L’esodo racconta la storia di Francesca, personaggio reale, un’esodata, come vengono definiti i lavoratori che, per un marchiano errore del governo Monti, che ha messo sul lastrico migliaia di persone, sono stati mandati in pensione senza reddito, perché troppo anziani per lavorare e troppo giovani per percepire la pensione. Francesca vive con la L'esodo_1nipote dopo avere rotto i rapporti con la figlia tossicodipendente, la mancanza di denaro la spinge a chiedere l’elemosina, ma il suo coraggio sarà premiato.
Per tante affinità narrative il pensiero corre a Umberto D. altra storia di povertà, ma non frutto di un male collettivo, bensì caduta verticale e individuale nella assoluta miseria e storia nella quale la difesa della dignità e del decoro sopravvive all’umiliazione dell’elemosina per superare le ristrettezze.
Ma i tempi sono cambiati e il cinema non è quello del neorealismo, anche se Formisano tenta la via di un cinema che si fa per la strada, tra personaggi che provano ad essere autentici, il Cesare coatto che prende coscienza, la zingara esperta di carità e il tedesco innamorato di Francesca con alle spalle una vita dura e difficile almeno quanto quella della protagonista. Ma il tentativo è riuscito solo in parte e la staticità dei set che non sembrano interagire con il respiro del film, ma diventare quasi entità estranea, rendono non sempre credibile la prova. Daniela Poggi, riconquistata ad un cinema che non sia una commedia, non sfigura e la sua prova appare credibile, non sempre i dialoghi che è costretta a recitare.

L'esodo, FormisanoL’esodo va sicuramente elogiato per il coraggio che dimostra nell’affrontare il tema, ma nel contempo questo cinema trova un evidente limite la dove sembra chiudersi in una storia assolutamente personale, qui aggravata dalla vicenda familiare e dal difficile rapporto con la nipote che si ricompone solo in chiusura. Ecco forse il limite maggiore del film è quello di non riuscire fare diventare mai la storia di Francesca una vicenda più generale, un manifesto in cui riconoscersi. L’esodo appare un film chiuso in se stesso nel quale la protagonista cerca le soluzioni esclusivamente nelle proprie forze, riproducendo sicuramente un comune sentire che non vede più le soluzioni all’interno di una solidarietà collettiva, ma nella soluzione individualistica che diventa escamotage solitario privo di proficuo esempio per il futuro. In altre parole una specie di “ si salvi chi può” che Francesca mette in opera con molto coraggio e con la dignità di chi prova a sopravvivere senza fare del male a nessuno. Ma forse l’invenzione narrativa e quella specie di libertà poetica che ogni narratore possiede potrebbe fare aprire lo sguardo e dare respiro ad un racconto che L'esodoaltrimenti resta ingabbiato nelle coordinate già previste e telefonate di una storia commovente, vera finché vuoi, anzi verissima, che però non produce frutti, non alimenta pensiero se non quello di altro individualismo privo di sbocchi. I troppi i riferimenti alla vita familiare della protagonista disperdono il focus del film e il senso di questo sguardo rivolto solo verso se stessi e non verso il mondo è offerto dall’unica inquadratura al corteo di protesta nella piazza nella quale Francesca chiede l’elemosina. Il corteo passa ma lei resta immobile, non sente e non ascolta l’afflato della folla di quelli che sono nella sua stessa condizione, non si percepisce, neppure da lontano, il senso solidaristico di una protesta collettiva. Ferma nel suo posto a continuare la sua dignitosa richiesta di carità.
Se perfino la storia di Francesca, così esplicita, diventa un’occasione solo per continuare a parlare di se stessi e non assume mai i connotati di un manifesto politico, allora bisogna proprio dire che quel cinema di impegno civile è destinato a restare seppellito e le nostre tradizioni a restare solo nelle pagine della storia del cinema.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Regia: Ciro Formisano
Interpreti: Daniela Poggi, Kiara Tomaselli, Rosaria De Cicco, Ilir Jacellari, Carlotta Bazzu
Distribuzione: Stemo Productions
Durata: 104′
Origine: Italia, 2016

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array

    2 commenti

    • Se Francesca è rimasta in disparte, non tutti gli esodati hanno seguito il suo esempio. Tanti e tanti hanno lottato contro una riforma iniqua.
      “Quel cinema di impegno civile è destinato a restare seppellito ” almeno qualcuno ha denunciato anche nel cinema che è esistito, che esiste un problema non ancora risolto a distanza di 7 anni, fra qualche mese 8.
      Ed allora perchè denigrare? Se Formisano facesse un film sulla madonna piangente cosa direste?

      • Ovviamente nessuno denigra, leggendo l’articolo si legge “L’esodo va sicuramente elogiato per il coraggio che dimostra nell’affrontare il tema…”, ma qui stiamo parlando di cinema, non della realtà. Si parla solo del film. Concordo sulla iniqua riforma (Marchiano errore).
        Tonino De Pace