LETTE E…RIVISTE – Apocalypse next

Può accadere che un libro e un film colpevoli di mostrare un'America violenta e guerrafondaia suscitino indignazione o addirittura un boicottaggio. E' accaduto a Graham Greene durante la Guerra Fredda e stava per accadere dopo l'11 settembre. Da "Written by" la storia inquieta di “The Quiet American”, nelle sale italiane dal 28 febbraio.

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Il fantasma di Graham Greene

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"Gli executive della Miramax temevano che quella all'origine era una storia d'amore sullo sfondo dei primi interventi americani in Vietnam potesse ora passare per una bruciante critica all'imperialismo statunitense. L'Americano Silenzioso è stato silenziosamente archiviato." –The New York Times


Come in un dejà-vu soprannaturale. Un'altra versione cinematografica del romanzo del '55 di Graham Greene era stata compromessa dagli eventi politici. Nel 1958 la CIA aveva manipolato The Quiet American trasformandolo in propaganda anti-comunista. Questa volta, viene archiviato un fedele adattamento di Christopher Hampton e Robert Schenkan, diretto con riverenza da Phillip Noyce, un devoto di Greene. Ovviamente, quando una proiezione di prova compare il 10 Settembre 2002, può accadere che un film sia maledetto dalla storia. E quando il suo distributore, il co-presidente della Miramax Harvey Winsntein, lo mostrò a dei consulenti selezionati nel post-11 Settembre, fu messa in dubbio la sua sanità mentale. "Sei fuori di testa?" ricorda di essersi sentito dire. "Non può distribuire questo ora; è anti-patriottico. L'America deve essere unita e fare fronte comune".


Perché veniva considerato "anti-patriottico"? Il protagonista che dà anche il titolo a The Quiet American è l'agente CIA Howard Pyle, in missione segreta nel Vietnam dei primi anni '50, un crociato ostinato a guidare al potere un'armata mercenaria di anti-comunisti. La narrazione è affidata a un giornalista britannico non più giovane e dall'aria decadente, chiamato Thomas Fowler, con base nella Saigon coloniale francese. Questo è innamorato di una giovane taxi dancer vietnamita, Phuong, che crede che i doveri di una donna verso il suo uomo comprendano accendere la sua pipa d'oppio e praticare body-massages completi. Non stupisce che anche l'agente CIA se ne innamori. La loro conseguente battaglia in nome di questa bellezza vietnamita dà forma alla tragedia, ma alle sue spalle c'è la storia del tentativo americano, sempre più violento e sempre più condannato dalla storia, di imporre valori americani alla società vietnamita.


È passato un anno dal 9/11, e la versione Miramax da 26 milioni di dollari è stata in bilico, pronta a cadere nell'oscurità dello straight-to-video. Si può immaginare il fantasma di Graham Greene mentre tormenta le proiezioni di prova, chiedendosi perché dobbiamo ripetere gli stessi errori del passato. E di sicuro ripercorrere la storia di The Quiet American offre una preziosissima prospettiva sul presente, oltre che, purtroppo, sul futuro.

Guarda indietro


"Forse c'è più materia di reportage in The Quiet Amercian che in qualsiasi altro romanzo da me scritto", disse una volta Greene.


Il primo incontro di Greene con quella che allora era detta Indocina risale al 1951, quando vi si recò come ospite del console britannico ad Hanoi. Lo scrittore era estremamente incuriosito dalla lotta dei francesi per mantenere un controllo provvisorio sulla popolazione. Quando apprese che l'aiuto militare degli USA all'occupazione coloniale francese del Vietnam aveva superato i 500 milioni di dollari e che 90 soldati F-8F "Bearcat" stavano per essere scaricati a Saigon, iniziò ad immaginare un romanzo che si svolgesse nel Vietnam. Vi tornò come corrispondente per la rivista New Republic e per il Sunday Times di Londra. Nel giro dei due anni successivi, vi fece numerose spedizioni, coprendo la frustrazione delle forze militari francesi nel sottomettere i guerriglieri di Ho Chi Mihn. Nel corso di una di queste visite, nel 1953, Greene girovagò per Saigon, annotando sul suo giornale: "Esiste una soluzione che l'Occidente possa offrire? Ma il bar questa sera era straripante del frastuono di innocenti voci americane, e questa era la parte più inquietante. Non c'erano così tanti Americani qui nel 1951 e 1952." Di questi inquietanti Americani, Greene osservò più avanti sul Times: "Ho suggerito a un membro dell'American Economic Mission che la partecipazione francese alla guerra era probabilmente giunta al suo stadio finale. "Oh no", mi disse, "non possono. Ci devono ripagare"". […]


Il romanzo The quiet American apparve prima in Inghilterra nel 1955. Green preparò delle revisioni per un'edizione americana del 1956. La sua pubblicazione fece scaturire delle recensioni indignate, soprattutto negli Stati Uniti, dove venne considerato anti-americano. […] "Esiste una differenza," scrisse il critico del New Yorker, "tra dare dell'asino al vostro "rampollo" di successo [gli Stati Uniti]  e accusarlo di omicidio".


Il film inquieto


Ma Greene fu ancora più ferito da Hollywood. Quando seppe che l'astuto, brillante regista e sceneggiatore di Eva contro Eva, Joseph L. Mankievicz, avrebbe adattato, diretto e prodotto la versione cinematografica del suo romanzo, Greene fu estasiato, soprattutto nel sapere che Michael Redgrave avrebbe interpretato il giornalista britannico Fowler mentre l'eroe della seconda guerra mondiale Audie Murphie avrebbe indossato i panni dell'agente CIA Pyle. Meno convinto si mostrò per la scelta di un'attrice italiana per il ruolo dell'amante vietnamita. Ma dopo tutto si trattava di una produzione statunitense, e da girare a Saigon.


"Non penso che possano filmare il libro nel modo in cui è stato scritto", disse Greene in un'intervista precedente alla realizzazione del film, nel '58. "Faranno probabilmente in modo che l'Americano risulti essere stato per tutto il tempo ingannato dai Comunisti o da altri". Greene scherzava. Ma quello che Greene non poteva prevedere fu il fervente anti-comunismo e il patriottismo paranoico radicato nell'America dei '50, e come questo tipo di paura possa corrompere una buona scrittura.


La sceneggiatura di Mankiewicz apportò dei cambiamenti cruciali alla storia di Greene. Pyle non è più un lavoratore della Missione Economica ma di "Friends for free Asia". Non è più il privilegiato, astuto opportunista fresco di laurea ad Harvard del romanzo, ma un "bravo ragazzo" texano dal cuore d'oro. […] Infine, il giornalista britannico ne esce come un credulone filo-comunista, mentre l'Americano cerca di salvare la vietnamita da bravo eroe, proprio come Greene aveva sarcasticamente previsto. Tuttavia, Greene dichiarò ingiustamente che il film era "una farsa completa" e un "autentico pezzo di disonestà politica", a causa della "malafede di Joseph L. Makievicz". Greene non sapeva forse che il capo della Missione Militare della CIA a Saigon, il Colonnello Edward G. Lansdale, aveva dato un pesante contributo alla sceneggiatura.

Il Colonnello Lansdale fu probabilmente il più ignominioso agente CIA durante la Guerra Fredda. Fece da mentore a Oliver North e da modello per la sinistra figura dell'agente segreto in JFK. In un'intervista, Lansdale affermò: "Sentii che Greene era anti-americano...". Lansdale divenne un informatore del security file del governo USA a proposito di Greene. […] Sotto la copertura di un certo "Military Assistance Advsory Group", offrì il suo aiuto per la ricerca di contatti e location. […] "Le suggerirei di andare dritto per la sua strada fino a rivelare finalmente che furono i comunisti i responsabili, dopo tutto," Scrisse Lansdale [a Mankiewicz]. E riguardo "il tipo di lavoro che Pyle può avere svolto laggiù", Lansdale imbastì per il regista l'ipotesi che un Americano "con borsa di studio per studiare il sistema amministrativo del governo" avrebbe potuto "inciampare in un piano ordito dai Vietnamiti". Ovviamente, ipotizzava il colonnello, "sarebbe logico che [Pyle] venisse eliminato perché ha messo in pericolo il piano o perché sapeva troppo o semplicemente per vendetta". Il capo della CIA allora offrì a Mankievicz i "contatti" negli Stati Uniti, qualcuno che "può averti cercato in questo stesso momento". Poco dopo, Lansdale dichiarò nel corso di una corrispondenza governatoriale che aveva "letto il "trattamento" del Sig. Mankiewicz della storia, trovandolo un'eccellente rilettura del desolante romanzo di Greene". Nell'America di metà anni '50, un sotterfugio di questo tipo non saltava necessariamente agli occhi. Mankiewicz era probabilmente grato e lusingato da tanta attenzione ufficiale, così come Lansdale era lusingato ed eccitato dall'idea di fare parte di "Hollywood". Ovviamente, quando il film uscì nelle sale, Lansdale si mostrò subito un suo ardente promotore. Prese parte alla prima di Washington e fece rapporto al suo superiore, il Generale John O'Daniel, dicendo che "era una vera esperienza vedere ed ascoltare un approccio maturo a degli eventi così recenti nel Vietnam, così consapevole delle cose in cui credono gli uomini liberi." In aggiunta a questo, fece in modo di fare sponsorizzare il film dagli American Friends of Vietnam: "E' una naturale associazione d'idee, considerato il modo in cui Mankiewicz ha rappresentato la storia—gli American Friends non potrebbero che esserne fieri".


Greene lesse sui giornali dei cambiamenti apportati al suo romanzo. "Certo è vero che se vendi una storia a Hollywood, l'autore non mantiene alcun controllo sull'adattamento," scrisse Greene a The Times (edizione di Londra) poco dopo le prime uscite del film e prima di averlo visto. […].Se le modifiche che il vostro corrispondente descrive sono state fatte nel film di The Quiet American, allora queste renderanno solo più evidente la discrepanza tra ciò che il Dipartimento di Stato vuole far credere al mondo e quello che è realmente avvenuto in Vietnam".


Greene era furioso quando seppe che gli Stati Uniti avevano devoluto tutti gli incassi in una campagna di supporto al Vietnam. E andò ancora più in collera nello scoprire che lo studio gli aveva assegnato il posto a sedere accanto all'ambasciatore del Vietnam per la prima di Londra.


Ma il sistema militare statunitense aveva appena cominciato a capire davvero quanto significasse saper sfruttare i media a fini di propaganda. Il capo della Saigon Military Mission della CIA scrisse a Ngo Dihn Diem, presidente del Vietnam meridionale: "Ecco soltanto due righe per dirvi che ho visto il film The Quiet American, e che sento che contribuirà a creare nuovi amici a voi e al Vietnam nei tanti posti del mondo in cui verrà proiettato".


 


Il sequel


"Il libro si basava su una conoscenza della guerra in Indocina maggiore rispetto a quella che possedeva il regista," si pronunciò finalmente Greene, "e io mi sento abbastanza vanitoso da credere che il libro sopravvivrà qualche anno di più del film di Mankiewicz..."


La previsione di Greene si è avverata quando la Miramax ha finalmente ceduto alle continue pressioni di Caine e ha mostrato in anteprima il nuovo The Quiet American al Festival di Toronto nel 2002. L'adattamento è stato lodato da critica e pubblico, e la Miramax ha dato inizio a un timida campagna promozionale. Il fantasma di Graham Greene può riposare in pace adesso che The Quiet American può essere visto in una versione più vicina alla sua concezione originaria. Per gli sceneggiatori Christopher Hampton e Robert Schenkkan è stato un atto d'amore adattare il romanzo. Michael Caine ha basato la sua interpretazione di Fowler su degli incontri avuti con Greene, ricevendone in cambio quello che ha definito il ruolo più soddisfacente della sua carriera. Il regista Phillip Noyce ha mantenuto l'autentico spirito di Greene, portando sia Hampton che Schenkkan in Vietnam, allo scopo, come ha affermato lui stesso, "di riuscire a cogliere nel segno". Una volta in Vietnam, i registi hanno scoperto che The Quiet American è un tesoro nazionale. Ne hanno trovato copie in vietnamita, francese e inglese, vendute per le strade, nelle bancarelle e nei negozi. Quando è iniziata la produzione del film, il governo locale ha dato loro un trattamento di prima classe. Ovunque si effettuassero le riprese, ecco comparire un popolo già disposto al perdono e desideroso di facilitare la trasposizione cinematografica di un testo quasi sacro. Un libro che i Vietnamiti leggono per un approccio alla mentalità occidentale, un libro che usano per cercare risposte a una domanda fondamentale: "Perché? Perché gli Americani sono così inquieti? Perché la nazione più potente della terra insiste a fare la guerra contro una delle più vulnerabili del pianeta? Perché il Vietnam? Perché…?"


 


Articolo di Richard Stayton, da "Written By", Febbraio 2003.


Per leggere la versione integrale: http://www.wga.org/thewga_index.html . Traduzione di Marina Nasi.


 

Written By


La WGA (Writers Guild of America) rappresenta tutti gli sceneggiatori di cinema, televisione, radio e new media. Ufficialmente si dichiara legata a Hollywod, anche perché è un'associazione con base nella West Coast americana, ma, oltre ad avere creato la sua gemella nella costa dell'Est (WGA East), il campo di interessi coperto da quest'organo va oltre la sola industria hollywoodiana. Sul sito della WGA è possibile trovare informazioni preziose ed ufficiali su tutto quello che riguarda la carriera di sceneggiatore e, tra le altre cose, è offerto un servizio di "mentori", professionisti affermati, per assistere in parte il lavoro degli esordienti. È inoltre aperta una finestra sul mondo della produzione indipendente. Sempre sul sito è possibile trovare parte degli articoli di Written By, il mensile ufficiale che dedica tutte le sue pagine alla sceneggiatura, con interviste agli autori dei film e delle produzioni tv più in vista. Per quanto dedichi ampio spazio ai lavori e ai personaggi "di successo", il mensile non è appiattito tematicamente su posizioni legate alle logiche dell'industria, come dimostra l'articolo sull'odissea di The Quiet American riportato qui sopra.

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