Liberato – ROMA RENDEZ-VOUS

Stasera a Roma il concerto dell’ artista misterioso che fa della non-immagine il suo tratto distintivo. Un viaggio nel suo universo, fatto di rendez-vous, citazioni cinematografiche ed amori finiti

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Roma Città Aperta, Roma Città Libera, Roma Liberata. Un post su Instagram a certificare che oggi è il grande giorno: Liberato arriva nell’ Urbe, è già all’ombra del Colosseo.

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La consueta sciarpa del Napoli Calcio sovrasta la veduta sull’Anfiteatro dei Flavi. Un apparente oltraggio per Roma e la romanità, vista l’acerrima rivalità calcistica tra i partenopei e le squadre della Capitale.

Liberato questo lo sa. Come sa, altrettanto bene, che le immagini di questi tempi contano. Ed è proprio per questa capacità di giocare con le apparenze, con le illusioni, che per noi di Sentieri Selvaggi, commentatori d’immagini per professione, il fenomeno Liberato assume dei tratti impossibili da avallare.
Fellini diceva che Roma è la città delle illusioni e che non era un caso se tra i suoi vicoli risiedevano le tre illusioni per eccellenza conosciute dall’uomo: la Chiesa, il Governo ed il Cinema.
Nel giorno in cui il Banksy della musica italiana si appresta a suonare all’Ippodromo delle Capannelle ci sarebbe allora da aggiungere una quarta e definitiva illusione alla lista felliniana, riscritta ai tempi della fotografia da postare ad ogni costo, e quindi dell’inganno che si fa linguaggio: Liberato.
Nel suo saggio La camera chiara, Roland Barthes definiva come punctum l’aspetto emotivo restituito da una fotografia, un dettaglio che colpisce lo spettatore in maniera del tutto irrazionale.


Liberato, di questa capacità di accalappiare spettatori, giocando sulla forza delle piccole cose, ne ha fatto una strategia comunicativa efficace come il guerilla marketing.
Te ne accorgi dalla copertina del suo primo LP, una specie di lastra mal emulsionata, o forse una vecchia pellicola ai titoli di coda. C’è un gusto vintage che rimanda alle cover di James Senese e la Napoli Centrale. Poi c’è quel rettangolo rosso che tiene alto il mistero e scatena ancor più hype tra la fan base dello scugnizzo (?) napoletano.

Poi i titoli. Tutti necessariamente in stampatello maiuscolo. Da pornografo delle apparenze, Liberato rievoca la grammatica gomorresca da Paranza dei bambini, usa lo slang duro del rione per raccontare quanto di meno macho possa esserci in una società patriarcale: le lacrime versate a causa di una donna.
Ma il tempo passa, la società dei consumi è una piovra che allunga i tentacoli fino a Spaccanapoli, e quindi quella sofferenza non può che essere cantata mitigando il dialetto con l’inglese. 

Liberato

«Allora Marie, che differenza passa tra un singolo momento e l’eternità?». Chiede il produttore cinematografico alla bella attrice nei primi istanti di Capri-Rendez-vous, serie di cortometraggi che hanno accompagnato l’uscita dell’album d’esordio dell’artista (ovviamente il 9 maggio).

In quel primo videoclip la martoniana isola di Capri è un set cinematografico degli anni ’60, popolato da uomini di cinema che tanto ricordano Carlo Ponti e da barcaioli autoctoni che si innamorano della protagonista straniera del film, come nella più classica delle pubblicità di profumi.

Il produttore parla della fugacità del tempo, del cinema come illusione. Ma un tempo la pellicola marcirà, le rughe rovineranno anche il più liscio dei volti, appesantendo irrimediabilmente persino chi sembrava poter sfidare l’eternità col proprio fascino.

Forse allora è anche per sfuggire alle sentenze degli anni che passano che Liberato abbia scelto di farsi da parte. I Gorillaz avevano deciso di affidarsi alle oleografie sul palco, alla cartoon-band.


Ma era una vita fa. Nel 1998 Damon Albarn e Jamie Hewlett non potevano ancora usufruire di quello strumento potentissimo che è Instagram.
Più di vent’anni dopo, il vero atto rivoluzionario diventa quindi quello di avere un corpo, una voce, un universo proprio, ma continuare a tenerlo nascosto ai flash pur essendo sempre e comunque sotto i riflettori.
Tanto poi il tempo passa, i corpi cambiano e persino le cicatrici di un vecchio amore si riassorbono.
Solo il cinema continua ad illuderci che l’eternità è plausibile. E Liberato, che pur non essendo, rimarrà eterno. Proprio come la Città in cui suonerà stasera.

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