LIBRI DI CINEMA – “Lessico del cinema italiano Vol. 2”, di Roberto De Gaetano

Per chi volesse capire le tendenze reazionarie di un paese invecchiato male e stordito dalla cattiva televisione, il II volume del Lessico del Cinema Italiano regala una testimonianza storica preziosa

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LESSICO DEL CINEMA ITALIANO

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FORME DI RAPPRESENTAZIONE E FORME DI VITA

VOLUME II

A cura di Roberto De Gaetano

Mimesis Edizioni

Pagine 540

28 euro

Il secondo atteso volume del Lessico del Cinema Italiano di Roberto De Gaetano continua a disegnare lo sviluppo sociopolitico di una nazione attraverso la alfabetizzazione suo cinema, aggiungendo nuovi importanti tasselli alla già monumentale operazione del primo volume. Si inizia con Giacomo Manzoli: Habitus, inteso come l’insieme delle “abitudini collettive che variano da una società all’altra”. Si parte dal trasformismo di un attore geniale come Leopoldo Fregoli per arrivare ai giorni nostri, all’italietta post berlusconista della comicità irriverente di Checco Zalone. In mezzo, le illusioni del boom economico e le mutazioni dei costumi sessuali, la scomparsa del sottoproletariato e del proletariato e la nascita di una borghesia rampante capitalistica. Tra i film citati in questa sezione ricordiamo L’onorevole Angelina (Zampa, 1947), Il cappotto (Lattuada, 1952), Il grido (Antonioni, 1957), Rocco e i suoi fratelli (Visconti, 1960), Mamma Roma (Pasolini, 1962), Don Giovanni in Sicilia (Lattuada, 1967), Il merlo maschio (Festa Campanile, 1971), Ferie d’agosto (Virzì, 1996) e Sole a Catinelle (Nunziante, 2013).

 

Si continua con I come Identità a cura di Roberto De Gaetano che indaga l’ambivalenza del rapporto tra il soggetto e il mondo, con una confusione di confini che si trasforma in perdita di identità. Dall’alienazione del cinema di Antonioni alla commedia grottesca di Germi fino ad arrivare alla desertificazione dell’essere nel cinema di Marco Ferreri. Tra tutti i titoli citati un posto di rilievo spetta a Io La conoscevo bene di Pietrangeli (1965) che precorre i tempi evidenziando tutte le nefandezze e le ipocrisie dietro i lustrini della società dell’ immagine.

Interessante Lingua, il capitolo di Fabio Rossi, perché pone in rilievo un elemento spesso trascurato dai nostri sceneggiatori, quello del linguaggio parlato in contrapposizione al dialogo scritto. Dialetto? Lingua madre? Prodotto ibrido? Tra realismo e anti-realismo il discorso rimane ancora aperto e molto spesso nel cinema italiano i dialoghi soffrono di una impostazione teatrale che li rende poco naturali. Da sottolineare i mascheramenti linguistici di film come Sedotta e Abbandonata (1964) e Divorzio all’Italiana (1961), le parole “importanti” dei film di Moretti e gli esilaranti neologismi di neoborghesi alle prese con la verbalizzazione dei propri sentimenti in C’eravamo Tanto Amati (1974) di Ettore Scola.

M come Maschera di Bruno Roberti ci conduce nel campo pirandelliano della maschera intesa come occultamento del sé, unica realtà sopra un’assenza. Dalla figura di Totò, in equilibrio tra Pinocchio e Pulcinella, si arriva alla maschera moderna: quella perturbante felliniana, quella nichilista di Ferreri e quella mostruosa di Ciprì e Maresco. Un discorso a parte è dedicato alle maschere del potere, dai film di Petri fino ai recenti esempi di Garrone (Reality 2012) e Sorrentino (La Grande Bellezza 2013).

Daniele Dottorini ci conduce dentro la parola Nemico e ne mette in luce l’ambivalenza, dall’unità alla dualità e al molteplice. Due diverse idee di sguardo, quello rosselliniano e quello pasoliniano conducono a due diverse interpretazioni della figura del nemico: una tende a negarla, l’altra tende a rideterminarla. Il film che fa da sutura definitiva tra queste due visioni è Salò (1975) di Pasolini in cui il conflitto diventa parte integrante della società attraverso l’atto sessuale.

Opera è il capitolo scritto da Francesco Ceraolo sul melodramma come nota dominante di uno stato d’essere, spesso nel contrasto tra passato e presente. L’esempio di Noi Credevamo (2010) di Mario Martone è paradigmatico dell’utilizzo dell’opera lirica (Verdi) per esaltare tensioni e stati dell’animo dell’opera cinematografica. I due autori che hanno di più attinto alla tradizione operistica sono Visconti e Bertolucci: dal determinismo di Senso (1954) alla forma melodrammatica “aperta” di Novecento (1976) in cui la costruzione di un’individualità viene pensata in rapporto all’immagine, al di fuori di un legame vincolante con il mondo.

Si chiude con Potere di Gianni Canova che verifica come il nostro Cinema si sia posto di fronte alle varie forme di potere, soprattutto politico. La rappresentazione si è quasi sempre risolta in una riproduzione fantasmatica in cui l’immagine del corpo del Capo è tutto: la visibilità e la riproduzione iconografica (quadri, foto, film, sculture) ne determina la forza di attrazione e repulsione. Un film come Vincere (2009) di Bellocchio analizza il perché del successo della figura del Duce attraverso la mitizzazione e la deformazione spettacolare della propaganda fascista: “Mussolini si è insediato nel paesaggio reale e immaginario degli italiani non solo e non tanto esercitando il potere, quanto piuttosto recitandolo”. Altri film importanti nel ridefinire le patologie del potere sono L’ultimo imperatore (Bertolucci, 1987), Il portaborse (Luchetti, 1991), Buongiorno, notte (Bellocchio, 2003), Il caimano (Moretti, 2006), I viceré (Faenza, 2007), Il divo (Sorrentino, 2008), Bella addormentata (Bellocchio, 2012), Viva la libertà (Andò, 2013), Belluscone. Una storia siciliana (Maresco, 2014).

 

Per chi davvero volesse capire le tendenze reazionarie di un paese invecchiato male e

mimesis-roberto-de-gaetano-lessico-cinema-italiano-volanche un po’ stordito da trent’anni di cattiva televisione, questo secondo volume del Lessico del Cinema Italiano regala una testimonianza storica molto preziosa, filtrandola attraverso il cinema, specchio fedele delle diverse epoche. Derive totalitarie, provincialismi, utilitarismi, bigottismi, ipocrisie sono nel codice genetico di un popolo che ha faticato tantissimo a trovare una propria identità e che ha sostituito nel tempo, ai confronti politici e agli ideali di rinnovamento sociale, una deriva qualunquista foraggiata dai mass media e incoraggiata dalla società dello spettacolo.

 

INDICE

HABITUS di Giacomo Manzoli p 7

IDENTITA’ di Roberto De Gaetano p 69

LINGUA di Fabio Rossi p 141

MASCHERA di Bruno Roberti p 215

NEMICO di Daniele Dottorini p 283

OPERA di Francesco Ceraolo p 361

POTERE di Gianni Canova 429

INDICE DEI FILM p 507

INDICE DEI NOMI p 523

 

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