LIBRI DI CINEMA – "Musical! Sex!"

Musical Sex! Pier Maria Bocchi
Finalmente un saggio indispensabile sulle modalità di rappresentazione dei sessi nel musical hollywoodiano, dai classici Berkeley, Donen, Kelly fino a Todd Haynes, con molte sorprese di rilettura critica. Presenta Blow Up per edizioni Tuttle.

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Musucal Sex!

Pier Maria Bocchi
Edizioni Tuttle, 2009
p. 95 – euro 15

 

 

 

 

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Pier Maria Bocchi ha scritto un volume prezioso. Quasi da pioniere degli studi italiani di gender (e pure sul musical, secondo Bocchi, gli studi italiani sono “senza uno spessore critico di valore”). Presso le nostre accademie non affiorano interessi per le identità sessuali rappresentate attraverso il linguaggio cinematografico. Forse non è un caso che proprio di recente in Italia si possa (forse) affrontare il tema delle diversità sessuali con una nuova maturità (Marrazzo docet), o quantomeno con minore ipocrisia, visto che i tempi sono tanto cambiati e il resoconto di Bocchi ne calcola il percorso nei vari decenni del musical hollywoodiano. Che poi si è diffuso in tutto il mondo generando altre forme di musical, di contaminazione geo-culturale, dall’Italia (musicarello) all’Inghilterra (horror) all’India (spettacolo ultrapopolare, melò). Bisogna partire dal presupposto che il genere musical prima degli anni sessanta, come suggerisce lo studioso Rick Altman “sostenendo apertamente convenzioni sociali conservatrici (dagli stereotipi maschili e femminili alla separazione razziale, dall’inibizione sessuale a una predilezione quasi omofobica per l’eterosessualità) offre per ogni problema un’unica soluzione: l’amore e la comunità”. Insomma, secondo Bocchi è impossibile intravedere una benché minima stratificazione di sensi e quindi l’erosione dei cliché fino a A qualcuno piace caldo, la celebre commedia di Billy Wilder che segna un radicale cambiamento. Non deve ingannare il fatto che sia una commedia a segnare la data, 1960, perché i due generi musical e commedia, corrono nel tempo a braccetto. I ruoli rappresentati erano sempre i medesimi: “maschio cacciatore, piacevolmente invadente, endemicamente malizioso, cavaliere disposto a tutto pur di conquistare la dama; la femmina bilancia l’ingenuità con la consapevolezza, è astutamente refrattaria” e poi naturalmente la donna “non può che immalinconirsi nella propria condizione di debolezza sottomessa” – quando l’uomo è lontano in guerra – “e starsene a casa a rimpiangere l’amore interrotto, a stirare e a far asciugare le calze sul termosifone”. Il matrimonio è la vetta simbolica che trova una perfetta visualizzazione in Il paradiso delle fanciulle (1936) di Robert Z. Leonard, laddove “l’ipertrofia immaginifica (…) diventa simbolo principe dell’ideologia dominante, valore indiscutibile da rincorrere e premio zuccheroso (le nozze, la torta, l’amore) per tutti coloro che riusciranno a conquistarlo”.
All’inizio di ogni capitolo campeggia la locandina di un film che segna quel particolare decennio. Se la scelta di Cantando sotto la pioggia (1952) di Stanley Donen e Gene Kelly vale soprattutto come riferimento a una serie di opere, tutte molto stereotipate ancorché illustri, nel secondo capitolo troviamo la locandina di West Side Story (1961) di Robert Wise, film nel quale “a colpire è la spudoratezza della rappresentazione dei sessi: che restano ancora ben determinati, uomo e donna, ma che si offrono allo sguardo dello spettatore impreparato con un’audacia finora mai adoperata”. La sessualità esplicita è la nuova caratteristica dei musical, certo non di tutti, tanto che il presunto scandalo di Oh Calcutta! (1969) di Jacques Levy “rimane il reperto di una controcultura da salotto”. Bob Fosse con Cabaret nel 1972 “spazza via in un sol colpo le zavorre stereotipate dell’esordio e dà al pubblico un dramma che rappresenta a tutt’oggi il primo vero musical moderno del cinema”: per la prima volta protagonista è l’ambiguità dei ruoli sessuali.

 Il decennio successivo, gli Ottanta, inizia con l’eredità di musical poco autentici o pieni di brutti stereotipi, come i vari La febbre del sabato sera, Flashdance, Hair, Saranno famosi. Tanto che la locandina prescelta è Can’t Stop the music (1980), di Nancy Walker, laddove si pratica, grazie alla creatività delle maschere dei Village People, un evidente rovesciamento dei ruoli maschili e femminili in una contaminazione che abbraccia il gusto popolare ed il sogno americano, ma senza l’ideologia preoccupante dei film prima citati come La febbre del sabato sera. Bocchi analizza brevemente nel decennio anche Michael Jackson. In realtà gli basta una nota di poche righe per stigmatizzare la sostanziale innocenza asessuata di Jackson, il quale sarebbe più interessante per quel cambiamento di pelle e di corpo agognato, da nero a bianco, mutazione che circola ampiamente in altri personaggi quali Prince, o in maniera più illuminante in Videodrome di David Cronenberg che inneggia alla “lunga vita della nuova carne”.

Nell’ultimo capitolo dedicato ai decenni novanta e duemila era prevedibile che campeggiasse la locandina di I’m not there (2007) di Todd Haynes: “Velvet Goldmine e Io non sono qui sfogliano i sessi come raramente s’è visto: ne risultano dei neo-sessi che non si chiamano più coi loro nomi e non hanno più i volti dei loro volti; (…) Più di così, forse, per la libertà di gender, non si può fare”. Altri esempi il recente Mamma mia (2008) di Phyllida Lloyd e il cinema di John Waters da Grasso e bello (1988) a Cry Baby (1990). La postfazione dedica una parentesi al musical europeo. In effetti, è una strana appendice, visto che il volumetto è dedicato a Hollywood. Però le opere citate, a nostra opinione, sembrano molto più estreme. Oltre a The Rocky Horror Picture Show (1975) di Jim Sharman, le opere di Ken Russell, Tommy (1975) e Lisztomania (1975) con esiti discutibili, e poi Zero Patience (1993) di John Greyson e Otto donne e un mistero (2001) di François Ozon, che però a Bocchi non piace per la misoginia, e Les chansons d’amour (2007) di Louis Garrel. Il libro contiene immagini di quarantacinque film (per un totale di 186 fotogrammi). Sono di ottima qualità e accompagnano perfettamente l’analisi dell’autore. Utilissimi gli indici conclusivi comprendenti  nomi, titoli e immagini. Un ultimo plauso alla rivista musicale Blow Up che ha presentato nella collana “I libri di Harry” i rapporti tra musica e cinema con questo “seminale” saggio di Bocchi e il già recensito “Rock-o-Rama” di Roberto Curti.  

Introduzione
Sessi in fiore. I ruoli dell’uomo e della donna nella Hollywood classica.
Sessi al banco. Quando i ruoli dell’uomo e della donna si ispessiscono.
Sessi in saldo. Quando i ruoli dell’uomo e della donna si confondono.
NeoSessi. Ovvero tutto quello che avreste voluto sapere dal Musical e finora avete soltanto intuito. 
 Postfazione. Ai sessi non si comanda (più).

Bibliografia essenziale

Indice dei nomi e dei titoli
Indice delle immagini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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