LOCARNO 66 – Conversazione con Otar Iosseliani

otar iosseliani

Una lezione di cinema. E anche una cultura sterminata. Non è solo un incontro quello con il cineasta georgiano, Pardo d'Oro alla Carriera. E' soprattutto un'immersione in cui si mescolano insieme la visione teorica, la pratica, l'esperienza. Nostalgia del muto, attacco diretto al dialogo e al colore che ha snaturato il cinema. Ed entrano in campo pittura, letteratura e musica.

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otar iosselianiUna lezione di cinema. E anche una cultura sterminata. Non è solo un incontro quello con il cineasta georgiano Otar Iosseliani, Pardo d'Oro alla Carriera al 66° Festival di Locarno. E' soprattutto un'immersione in cui si mescolano insieme la visione teorica, la pratica, l'esperienza. E oltre al cinema entrano in campo pittura, letteratura e musica.

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Oggi il Festival omaggia il regista con la proiezione di Pastorale (1975), suo ultimo film girato in Georgia e con il documentario di Julie Bertuccelli Otar Iosselliani, le merle siffleur (2006).

 

Improvvisazione

Il contenuto della sequenza è già fissato su carta ma poi si improvvisa perché entrano nel film le persone, quindi la vita e gli oggetti. La linea direttrice del film deve però restare la stessa. Certo c’è un’improvvisazione però non si arriva sul set senza sapere che fare. Federico Fellini invece spesso stravolgeva tutto durante le riprese. E poi non psso tradire il produttore che ha investito sul progetto.

 

 

Lingue

In Aprili (corto realizzato nel 1961) ho inventato una lingua inesistente. Le persone parlavano tra di loro e quello che dicevano era comprensibile attraverso l’intonazione e il gesto ma per lo spettatore, tedesco o italiano per esempio, è molto difficile. In Francia per esempio mi chiedono spesso: "In che lingua è il film?"  Io rispondo: “Nessuna”. Se, per esempio, è francese mi danno la sovvenzione, se non lo è non sanno come classificarlo.

 

 

otar iosselianiL'inquinamento della parola e del colore

La nazionalità di un film determinata dalla parola è una malattia. Quando i tecnici hanno aggiunto la pista del dialogo hanno mangiato lo spazio del’inquadratura alterandone le proporzioni. Originariamente, nel cinema muto, il film veniva accompagnato da un  pianista. E’ la parola che ha ucciso il cinema muto. Come una pugnalata sulla schiena.

Il linguaggio cinematografico è complicato. E’ stato inventato un po’ alla volta. Buster Keaton ha fatto di tutto per evitare le parole. Chaplin non parla e neanche Tati lo fa anche se c’è il suono nei loro film. Con la parola ci si è allontanato dal testo. Ed anche con il colore ha alterato il cinema. Ha costretto a pensare alla gamma cromatica a cui  fare riferimento, a citare per esempio, a Rembrandt o Caravaggio. Nei miei film a colori ho sempre supllicato gli operatori di trovare quel grigio soffocato che ricordi il bianco e nero. Poi noi dobbiamo fare i film a colori anche perché la tv non paga quelli in bianco e nero.

 

 

Formati, mutazioni e odori

Giro sempre con il formato 1:65 che è quello che si avvicina a quello del cinema muto. Ma per esempio in America o In Georgia non ci sono obiettivi per poterci lavorare.

Tra un po’ ci saranno anche gli odori. Ci sono già sale in 'odorama' dove ci saranno schermi da tutte le parti, anche sul tetto, che sono un vero incubo. Il progredire tecnico del cinema è puramente commerciale e si allontana dal testo e la grammatica originaria. E' chiaro che ci sono delle convenzioni a cui siamo abitutati. Oggi uno spettatore non si spaventa più del primo piano come all'origini del cinema in cui pensavano che si trattasse di un uomo tagliato.

 

 

Personaggi

La cosa interessante nella drammaturgia è che esiste un metodo della creazione del conflitto tra il personaggio e il mondo che lo circonda. Il personaggio di Monsierur Hulot creato da Tati è l’unico essere vivente normale che arriva altrove e va controcorrente, che ci fa vedere la follia che ci circonda. Non è cattivo ma è estremamente ironico.

Una volta un personaggio altolocato del partito comunista mi chiese: “Ci dia un eroe positivo”. Io risposi: “Ma lei lo sa che un eroe si sviluppa sullo sfondo degli incubi che lo circondano?. Più lui è positivo, più l’incubo sarà agghiacciante”. Anna Karenina è una donna che si ribella dalle regole della vita sociale aristocratiche che sono disgustose. Su di lei ci sono 18 film. Tolstoj è uno sceneggiatore molto pratico, come lo sono anche Victor Hugo e Agatha Christie. Anche se io non sopporto Poirot ma che ci possiamo fare? Appena l’ho visto sullo schermo non riesco più à a leggere Agatha Christie perché non mi riesco a liberare di quell’immagine.. Molti poi si sono buttati su Carmen quando sono caduti i diritti d’autore.

 

 

otar iosselianiMusica

Non sopporto la musica nei film americani che si sente dall’inizio del film fino alla fine. Non smette mai neanche durante i dialoghi, fa da sottofondo. La cosa più disgustosa è quando viene utilizzata quella classica (Bach, Beethoven, Stravinskij) (….) Il mio compositore lo torturo tutto il tempo. Innanzitutto la musica non deve essere d’accompagnamento ma deve avere una fonte, una sorgente sonora. Ed entrare nel tessuto cinematografico come se fosse un personaggio.

 

 

Drammaturgia

A nous la liberté (1931) di René Clair lo potete vedere anche 10 volte. Perché di che si tratta? Di nulla. Mentre alcuni polizieschi la seconda volta già non li potete più vedere perché sapete già tutto. E questo è uno dei limiti della drammaturgia

 

 

I film della (sua) vita

Non ce ne stavano molti di film georgiani. Erano soprattutto quelli di René Clair che mi hanno influenzato perché erano metafisicamente eleganti. Poi John Ford, Orson Welles e quelli messicani. Mi hanno dato l’idea che questo è un mestiere attraverso il quale possiamo trasmettere un pensiero. La cosa che mi affascina è che qualcun altro che la pensa come me e che è riuscito a fare qualcosa di bello. Questo avviene non solo nel cinema ma anche nella letteratura, nella pittura, nella musica. E mi fa sentire meno solo.

 

Cinema sovietico

Il mestiere dei film sovietici invece non lo conosco. E' quello delle sottomissioni. I rregisti sovietici avevano auto, appartamenti, privilegi. Erano definiti come ‘i portatori dell’Ordine’ durante Lenin e questo stemma non se lo toglievano neanche quando tornavano a casa.

 

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