LOCARNO 67 – Nell'oscurità: Alive di Park Jungbum e Cavalo dinheiro di Pedro Costa

cavalo dinheiro

Il film coreano porta sullo schermo una vicenda di ordinaria disperazione con un secco realismo  in un film non sempre in equilibrio ma che comunque conferma la vitalità di una delle cinematografie piu' interessanti degli ultimi anni. Il cineasta portoghese porta gli echi della Rivoluzione dei garofani come se fosse un viaggio tra la dimensione terrena e quella ultraterrena ma entra anche dentro la testa e la memoria di Ventura

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park jungbum in AliveDue cinema diversissimi, sospesi nell'oscurità. In concorso a Locarno, il coreano Alive di Park Jungbum e il portogherse Cavalo dinheiro di Pedro Costa prendono forma dall'ombra e vivono di una luce che alimenta parole e gesti. 

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Alive, secondo lungometraggio di Park Jungbum dopo The Journals of Musan (premiato a Rotterdam e al Tribeca), ha una parte iniziale tutta di rumori. Segni di stordimento di un film che cerca di evitare le pause pur in una lunga durata (circa 3 ore), che da l'impressione che i personaggi siano continuamente spiati, come le azioni degli operai dalla tv UHD della Samsung di 85 pollici. Jungchul (interpretato dallo stesso regista)lavora in una fabbrica di pasta di soia. Aspetta la primavera per andarsene nelle Filippine dpve il clima è migliore e la vita sembra piu' semplice. Fino ad allora, deve pero' produrre la quantità che ha promesso al suo capo. Ma, sfortunatamente la muffa comincia a espandersi. Il cineasta coreano porta sullo schermo un'altra storia di mancata integrazione (in questo caso gli operai della fabbrica con il posto di lavoro) che nel precedente lunmgometraggio aveva mostrato il tentativo di inserimento degli immigrati della Corea del Nord nella realtà sudcoreana. Una vicenda di ordinaria disperazione, un realismo secco che riesce a mantenersi efficace per buona parte della sua durata. Cio' è evidente nei momenti del licenziamento dei dipendenti e nella rappresentazione dello scarto sociali tra classi differenti, dove quella benestante che ha paura di perdere il suo status è incarnata dal capo e dalla figlia che sta per sposarsi. Seoul diventa un miraggio ma anche un inferno. La follia della sorella del protagonista rimandano invece forse a quel cinema claustrofobico di Park Chan-wook: l'autoflagellazione è un modo per sentire sul suo corpo quelle reazioni, anche fisiche, piu' sopportabili della sua sofferenza mentale. Non è sempre un film in equilibrio, ma forse non lo vuole neanche essere. E il nome di Park Jungbum è un altro esempio di una cinemtografia tra le piu' vitali degli ultimi anni.

cavalo dinheiroDalle foto in bianco e nero (di Jacob Riis) aprono invece l'ultimo lavoro del cineasta portoghese Pedro Costa,  a 14 anni di distanza da No Quarto da Vanda presentato proprio a Locarno. Foto fisse che sembrano già muoversi, anche quando l'inquadratura prende colore e si infiamma sullo sfondo buio. Al centro, la figura di Ventura, autentico modello d'ispirazione per Cavalo dinheiro, essenziale traccia biografica per mostrare un momento essenziale della storia del Portogallo, la Rivoluzione dei garofani del 1974. I giovani capitani conducono la loro rivoluzione nelle strade. La gente di Fontainhas (il quartiere che era presente anche in Ossos) va alla ricerca di Ventura che si è perso nella foresta che qui conquista centralità piena nel cinema di Pedro Costa dopo esserre comparso in tre cortometraggi: Terrafal (all'interno del collettivo O estado do mundo), The Rabbit Hunters (che fa parte di Memoires) e O nosso homem. I rumori esterni sono come echi. Il protagonista sembra trovarsi in una situazione sospesa, quasi un passaggio tra la vita terrena e quella ultraterrena. Risuonano i suoi passi, emerge il suo volto dal buio e si espande dentro l'inquadratura. Quasi una trasfigurazione. Come se ci fosse una separazione continua tra il suo corpo e la sua voce. Lo si sente, per esempio, nel momento in cui canta o nelle domande che gli vengono fatte fuori-campo. E anche nell'ascensore, nella lunga sequenza in cui sono da soli lui e la statua del soldato, potrebbe essere anche lui la figura immobile. Le parole si intrappolano li' dentro, quel periodo storico perde la sua collocazione temporale e potrebbe essere un istante eterno. Il rigore del cinema di Pedro Costa porta dentro la testa e la memoria del protagonista. Ma lo fa creando una notte sottambula lunghissima, dove ogni immagine viene fuori dal buio dell'oscurità, quindi del cinema. Come i suoi ritratti su Straub e Huillet o Jeanne Balibar in Ne change rien. Ma Ventura qui va oltre. Un viaggio nel tempo. Un 'back to the future' dove la macchina del tempo è l'ascensore. E in Cavalo dinheiro mostra la Rivoluzione. Dall'interno. In un'altra dimensione. Dove il tempo ha definitivamento perso ogni traccia delle sue coordinate.

 

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