#Locarno69 – Lettere dall’esilio: Correspondências e I Had Nowhere to Go
Racconti speculari di esili affidati alla memoria inossidabile del testo scritto: ma se Douglas per dare risalto alla voce di Mekas spegne l’immagine, Azevedo Gomes la manipola con estrema libertà.
Due opere speculari che sembrano parlarsi a distanza e riflettere sui medesimi temi, traendo però conclusioni opposte: si tratta dell’emozionante Correspondências, della portoghese Rita Azevedo Gomes, presentato in Concorso, e di I had nowhere to go di Douglas Gordon, strombazzato film d’apertura della sezione cineasti del presente che, pur contando sulla presenza potente del poeta e cineasta lituano Jonas Mekas, delude non poco le aspettative, che erano molto alte dopo aver apprezzato l’ottimo e originale Zidane: A 21st Century Portrait.
Dieci minuti di immagini sui circa cento di durata e poi soltanto schermo nero, ad ascoltare le parole di Mekas, la sua fuga sotto le armi nemiche, il suo arrivo in America, dove la comunità lituana rivive in una nuova patria ancora sconosciuta, le giornate trascorse in giro per New York, tra fantasmagorie urbane e smarrimento.
Pagine di un diario rilette e rivissute da Mekas, ammortizzate da un espediente troppo studiato e ormai abusato, che allo schermo nero replica con suoni ritornanti di bombe, musiche, per restituire l’esperienza mnemonica attraverso piani non materiali, ricorrendo all’immaginazione e non all’immagine, ma la razionalità estrema della scelta rende purtroppo l’opera un artificio luttuoso.
Nella cronaca di un’amicizia leale e di una stima profonda che resistono alla lontananza, al tempo, ai dolori privati di tutta una vita, l’approccio di Azevedo Gomes è invece molto più libero e vitale: senza porsi a priori dei limiti linguistici, la cineasta portoghese manipola le immagini, riprende buffi quadretti familiari che a volte stemperano la solennità del testo (come il cagnolino, scodinzolante alla finestra, che attira tutti gli sguardi rubando la scena alla lettura), taglia sulle reazioni poco convinte dei partecipanti a questo appassionato tributo, dando l’impressione – rinfrancante in una selezione che ci appare, a prima vista un po’ sterile – di assistere soprattutto a un atto d’amore. Verso i due scrittori protagonisti, ma anche verso tutti coloro che non ci sono più e hanno vissuto per l’arte (spicca, inevitabilmente, la presenza di Eva Truffaut…), verso la poesia come forma di resistenza alla perdita di identità.
E se la vita, come recita uno stralcio delle lettere scritte da Sophia a Jorge, non appare che “una lotta di immagini” allora la forma piu giusta per celebrarla è ritornarvi senza paura di dare forma a un pensiero.