Loro 2, di Paolo Sorrentino

Alla sua conclusione, il dittico non si dimostra altro che un’allegoria della società dello spettacolo che utilizza un bidimensionale Berlusconi come perno

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Ma quanto si può veramente odiare Paolo Sorrentino? Uno che dalla sua prima apparizione ha dichiarato il chiaro obiettivo di eliminare l’intreccio all’interno di un film e che ci sta riuscendo. Si può essere delusi perché, come si diceva per Loro 1, ha reso la mitologia berlusconiana innocua, si può fare del sarcasmo per il solo fatto che esistano generatori automatici dei suoi monologhi, si può continuare a parlare di quanto strizzi l’occhio allo stereotipo italico per mercificarlo all’estero, ma non si può dire che non abbia una visione limpida di dove vuole andare con il suo cinema, anche se questo diventa sempre più insopportabileIl fastidio deriva soprattutto dal non riuscire a trovare mai una centralità in un discorso che si restringe e si dilata in continuazione, generando dei (non) film nel film che rimangono a galleggiare in una superficie sotto alla quale risiede il nulla, mentre ci si aspetterebbe qualcosa. Questa falsa speranza è sintomo però di un’abitudinaria idea di autore e di cinema perché Sorrentino lo dice, ancora, chiaramente all’inizio di questo Loro 2: a lui interessa l’apparenza. Prende degli spunti narrativi e poi li molla. Il gioco dialettico di una coppia dura così poco da passare immediatamente alla successiva, dove gli interlocutori cambiano ed anche il Berlusconi sorrentiniano muta e si adatta. Diventa un uno, nessuno, centomila che scompare (come nella prima parte del dittico) o si moltiplica (come in quest’ultima, un secondo film appunto) in funzione di un altro che guarda, dei famosi Loro. Ed allora anche i momenti più intimi e coinvolgenti con Veronica, da cui ci si aspetterebbe uno svelamento di un quadro generale, naufragano e si scoprono solo dei siparietti per delle persone che osservano, per dei Loro nascosti ad origliare.

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Sorrentino ha preso il personaggio che meglio nel nostro secolo ha saputo leggere il copione della vita e lo ha messo al centro della scena con il solo scopo di farci circumnavigare intorno il compimento vivente della società dello spettacolo debordiana. Ha trasformato la sua personale banalizzazione di Berlusconi nella maschera del venditore che se ne va in giro a smascherare tutti i suoi clienti, per trovare i loro punti deboli e poi sfruttarli nella giostra della compravendita, che altro non è che uno spettacolo di varietà. E a salirci sono i Loro che prima guardano e poi entrano a far parte del siparietto della mercificazione dell’ambizione, della paura, dell’amore. Le conseguenze del meccanismo sono solo di allestimento: la politica, la legge, i cittadini sono fuori scena. L’intero film è allora solo un’allegoria bidimensionale dello spettacolo dello stato umano nell’epoca dei media. Non un biopic, né tantomeno un racconto. Pensavamo che fosse complicato invece è tutto molto superficiale, banale, riduttivo. Semplice. Sforzarsi di trovarci qualcosa di più sarebbe solo una forzatura.

Allora, di nuovo, come si può odiare Sorrentino se sceglie come linguaggio quello dei videoclip, dei fotogrammi da Instagram, dei monologhi da stato di Facebook, tutti espedienti che per loro natura escludono un fuori contesto, che sono funzionali solo ai Loro utenti? Ha adagiato perfettamente la sua scrittura sulla poca profondità del suo racconto, perché proprio quello era il suo scopo. E se era rimasto qualche dubbio che la sua non fosse una provocazione (o allargandoci una visione dello stato moderno delle cose) ci pensano qualche immagini di pura verità che dissemina nel finale di questo Loro 2 per farci ricordare che lui sa dove avrebbe dovuto guardare per fare il film su Berlusconi che tutti si aspettavano, ma ha scelto deliberatamente di non farlo. Ha scelto di guardare da lontano la patina di quella che oggi è diventata l’immagine mercificata costruita ad personam su un riflesso. E Berlusconi è lo specchio. L’uomo che con la sua solitudine si cela dietro il concetto apparente “lo mettiamo da parte perché ci renderebbe inutilmente tristi”. Arriverà un giorno che questo sorrentiniano togliere cinema dal cinema diventerà più sopportabile, ma probabilmente non è questo il momento.

 

Regia: Paolo Sorrentino
Interpreti: Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio, Roberto De Francesco, Dario Cantarelli, Anna Bonaiuto, Giovanni Esposito, Ugo Pagliai, Lorenzo Gioielli, Ricky Memphis, Alice Pagani, Elena Cotta, Iaia Forte, Duccio Camerini, Yann Gael, Mattia Sbragia, Max Tortora, Milvia Marigliano, Michela Cescon, Caroline Tillette, Roberto Herlitzka
Origine: Italia, 2018
Distribuzione: Universal
Durata: 100′

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