Loving Vincent, di Dorota Kobiela e Hugh Welchman

Il film utilizza alcuni generi, dal biopic al giallo d’inchiesta, per una ricostruzione pittorica, letteralmente, delle ultime settimane dell’artista Vincent Van Gogh. In sala 16-17-18 ottobre

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Giallo d’inchiesta, biopic, docu-romanzo divulgativo/didattico, definizioni abbastanza pregnanti, eppure nessuna colpisce nel segno. Loving Vincent, come intuibile dal titolo, è anzitutto una dichiarazione d’amore all’artista olandese. Armand Roulin è un giovane spiantato. Il padre, postino, lo incarica di cercare il fratello di Van Gogh, Theo, affinché gli consegni l’ultima lettera destinata al pittore. Tuttavia anche Theo è deceduto, a sei mesi di distanza. Si parte quindi con l’indagine, con un Armand travestito da Poirot, e la ricostruzione delle ultime settimane di vita di Vincent. Alla ricerca di luoghi e personaggi, abitanti dell’immensa creatività del genio. Eppure il biografico è solo luce sullo sfondo, come la stessa narrazione, perché a prendere vita sono gli interscambi fra i dipinti dell’artista: il tempo meteorologico, i colori, i soggetti, tutto accede ad un divenire continuo e sensato, coerente ad un disegno che Van Gogh, nella sua mente, aveva già progettato. E, per fortuna, anche lo spirito educativo trova il tempo che trova.

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La genesi di Loving Vincent riflette le modalità produttive del nuovo secolo.

loving2 Dorota Kobiela, regista polacca, riuscì a ottenere i finanziamenti per un corto grazie a kikstarter, la piattaforma di crowdfunding. Ma il producer Hugh Welchman, britannico, ed evidentemente galvanizzato dal lavoro, le offrì una co-direzione, e chiaramente più fondi, perché il prodotto si trasformasse in film a pieno titolo, con tanto di distribuzione. Una corazzata di artisti, ben centoventicinque, hanno partecipato all’impresa: dipingere su tela riprese sciatte, di attori in teatri di posa, e ambienti e situazioni, magari in una CGI rudimentale, promuovendo il film a quadro vivente. Uno sforzo erculeo, se pensiamo alla dozzina di fotogrammi che popolano un singolo secondo di girato.

Una-delle-opere-riprodotte-per-Loving-VincentParlavamo di dichiarazione d’amore perché l’interesse per lo sguardo di Van Gogh non si sottomette mai alla magnificenza visiva. L’artista resta protagonista e la sua sofferenza viene indagata non tanto per scovare il movente del suicidio, ma per comprendere la strabiliante maniera in cui riuscì a canalizzarla. I demoni, quelli ancora presenti, e che non conosceremo mai fino in fondo, non cessarono la loro missione, e questo Kobiela e Welchman lo sanno. Motivo per cui, utilizzando Armand più come narratore/contenitore, che come detective, danno ampio spazio ad una lenta rilettura dell’opera vangoghiana. Un studio meticoloso, amorevole, in cui importa solo la spinta alla partecipazione. Il tentativo di accostarci ad un dolore e al dolore necessario a ridimensionarlo. Proprio perché non siamo Van Gogh.

Titolo originale: id.
Regia: Dorota Kobiela, Hugh Welchman
Origine: UK, Polonia, 2016
Distribuzione: Adler Entertainment
Durata: 95′

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