L’uomo che sapeva troppo, di Alfred Hitchcock

Tra suspence e straordinario, verosimiglianza e humor, depistaggi ed eventi inattesi, costringe lo spettatore a chiedersi quale sia il vero oggetto della visione. Stasera, ore 23.35, Iris

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Uno dei temi più affascinanti del cinema di Alfred Hitchcock è quello sotteso alla domanda, cosa stiamo vedendo mentre guardiamo un suo film? Se in Nodo alla gola sembra di assistere ad un incidente che ha portato alla morte di una persona e agli stratagemmi per nascondere la verità agli astanti, in realtà stiamo assistendo ad una cerimonia funebre o anche ad una storia d’amore tra i protagonisti; se in La L'uomo che sapeva troppo_5donna che visse due volte sembra di assistere ad una indagine su una persona scomparsa e misteriosamente ricomparsa, in realtà stiamo guardando il percorso di guarigione di un nevrotico; e ancora, se in La finestra sul cortile osserviamo il tentativo di un assassino di sfuggire alla sua colpa e allo sguardo troppo insistente di uno che non ha nulla da fare ed è pure immobilizzato, in realtà stiamo riflettendo su noi stessi impotenti spettatori di cinema. Questi i temi del cinema hitchcockiano sempre pronto a depistare l’ansia di anticipazione dello spettatore e forse per questo i suoi film sembrano autoalimentarsi per emopoiesi ed è per questa ragione che mai finiranno di affascinarci nella loro segreta complessità. Un paradigma che diviene essenziale per comprendere le ragioni di quanto funzioni anche una visione illimitata delle sue storie, se non addirittura eterna. Il suo cinema, sempre depistante e straordinario (la gente fa una vita comune, al cinema vuole vedere sempre qualcosa di straordinario, diceva), mai verosimile e sempre credibile, sembra piazzare dentro lo spettacolo una specie di cavallo di Troia che nelle vesti della apparente normalità fa scaturire, invece, lo straordinario, l’eccezionale che a volte prende la forma del fantasma che assilla l’esistenza e la muta per sempre.
Non si discosta da queste caratteristiche L’uomo che sapeva troppo (1956).

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All’incipit del film vediamo una allegra e spensierata famigliola, in vacanza in Marocco. Lui medico di provincia, ma affermato, lei ex cantante oggi dedicata al suo ruolo di madre e un figlio vispo e un po’ sfacciato. Un piccolo incidente sull’autobus sul quale viaggiano e la mediazione di un francese sembra risolvere la questione. Il francese li inviterà a cena, ma alla fine non vi parteciperà e la famiglia L'uomo che sapeva troppo_6cenerà con una coppia che sembra ritrovarsi occasionalmente nello stesso ristorante. Mentre sembra di assistere ad un solito rituale vacanziero con tanto di cena e preliminare champagne in hotel, in effetti stiamo assistendo alla costruzione di una fitta ragnatela che terroristi e servizi segreti antagonisti sembrano costruire attorno alla famiglia di Ben McKenna e di sua moglie Jo. Girato in parte in Marocco e in parte negli studi della Paramount e quindi tra riprese dal vero e trasparenti evidenti, il film non soffre mai di una scarsa adesione ad una realtà possibile. È proprio questo atteggiarsi della realtà verosimile, ma con il correttivo di un elemento disturbante, che caratterizza sempre il cinema di Hitchcock diventandone segno distintivo.
L'uomo che sapeva troppo, 1956Il disturbante diventa lo straordinario e il suo correlativo cinematografico spesso si coniuga con l’incubo. Ancora una volta, in questo film, Hitchcock crea una macchina spettacolare perfetta nella quale scaraventa un uomo qualunque, mediamente comune e sicuramente non straordinario, in uno scenario che non gli appartiene. Lo stesso meccanismo di Intrigo internazionale, lo stesso di Il ladro e il medesimo di Delitto per delitto, nel quale sembra dettare le regole per questa aurea regola del thriller, dello spettacolo e della vita comune che al cinema sembra infiammarsi della scintilla del sorprendente.L'uomo che sapeva troppo, A. Hitchcock
Creatore di suspance senza limiti e con mille stratagemmi, il cinema Hitchcock che, come tutte le grandi opere, resiste al tempo e alla reiterazione della visione, è sempre capace di sorprendere lo spettatore anche più assiduo facendogli nascere la paura che forse questa volta qualcosa vada male. Nel dilatato pre finale, nella sequenza della Royal Albert Hall, il film vive di una lunga sequenza in cui è assoluta protagonista la musica e il brano è il medesimo utilizzato nel film del 1934 poiché il compositore Bernard Hermann (che nel film compare come direttore d’orchestra in questa sequenza) disse ad Hitchcock che nessuna musica sarebbe stata migliore di quella. Ancora la musica protagonista nel concitato finale, brevissimo il tempo reale, in fondo quello della durata della canzone Que sera, sera, che Doris Day canta per richiamare l’attenzione del figlio rinchiuso in una delle stanze dell’ambasciata, ma Hitchcock dilata ancora una volta il tempo, ne prolunga la durata e alla fine chiude rapidamente con l’abbraccio tra il figlio e la madre. Hitchcock teorico della suspance era altrettanto convinto che questa non potesse costituire uno stato duraturo e quindi le sue sequenze vivono L'uomo che sapeva troppo, Hitchcocksempre dentro un eccezionale equilibrio tra tutte le componenti del suo cinema.
Suspance e straordinario, verosimiglianza e humor, queste le principali componenti del cinema del regista inglese, in L’uomo che sapeva troppo questi elementi costituitivi delle sue storie ci sono tutti. Hitchcock non avrebbe potuto rinunciare allo humor componente essenziale della sua realtà. E’ così che l’impacciato James Stewart non sa dove sistemare le gambe bassi divani su cui dovrà adattarsi a cenare al ristorante marocchino ed è divertente il tentativo degli operai del laboratorio di animali impagliati di mettere in salvo il pesce appena completato e il ghepardo e tenere a bada la testa del leone che sta per cadere a terra durante la lotta tra il titolare e lo stesso dott. McKenna. Ai quattro elementi sicuramente fondanti nel suo L'uomo che sapeva troppo_4cinema se ne aggiunge un quinto e L’uomo che sapeva troppo ci offre l’occasione per soffermarci sull’inatteso. L’inatteso o l’imprevisto non è la sorpresa, ma qualcosa di diverso che piomba nella storia senza ragione e costituisce una ulteriore struttura sulla quale Hitchcock costruisce il proprio immaginario. Cosa c’è di più inatteso in questo film, nel bel mezzo della bagarre alla ricerca del figlio, dentro una Londra sconosciuta, ripresa nei campi lunghi dalla macchina da presa di Hitchcock, che vedere comparire nella propria camera d’albergo tre amiche e un amico di Jo dei tempi in cui lei faceva la cantante? Gli amici si accorgono di qualcosa, ma i coniugi entrano ed escono dalla camera, a turno, telefonano, sono concitati, i quattro personaggi resteranno da soli e sbigottiti nella camera d’albergo. L'uomo che sapeva troppo_1Assomigliano ad un coro da tragedia greca, ma poiché non siamo in una tragedia, non sono onniscienti, ma ignoranti. Hitchocock mette in scena il coro degli ignoranti, degli sbalorditi. Passa il tempo, i McKenna recuperano il figlio, tra sparatorie e corpo a corpo con i terroristi che lo hanno rapito, tra stratagemmi e suspance. Ma poi tornano in albergo, come se nulla fosse accaduto. Ben McKenna dice “Scusate il ritardo, siamo andati a recuperare nostro figlio”, come fosse la cosa più naturale del mondo. Ma gli amici dormivano beati, il sogno è finito e anche il nostro di spettatori ora onniscienti.

 

Titolo originale: The Man Who Knew Too Much
Regia: Alfred Hitchcock
Interpreti: James Stewart, Doris Day, Daniel Gélin, Brenda De Banzie, Bernard Miles
Durata: 120’

Origine: USA, 1956
Genere: thriller

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