L’uomo sul treno, di Jaume Collet-Serra

Collet-Serra ottimizza i limitati mezzi produttivi e tira su uno spettacolo di materica fisicità puntando tutto sulle estremizzazioni delle situazioni e sul corpo che “sopravvive” di Liam Neeson

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In uno dei film contemporanei più lucidi sulle sorti economiche di Hollywood, Daddy’s Home 2, la rumorosa famiglia allargata di Will Ferrell e Mark Walhberg si ritrova a passare suo malgrado la notte di Natale in un multiplex innevato. Cosa andare a vedere? Il nuovo action con Liam Neeson troneggia in un enorme cartellone che non lascia spazio a scelte di ripiego… tutti in sala muniti di pop corn! Ecco allora: appena due mesi dopo il dinamitardo film di Sean Anders ci ritroviamo noi stessi dentro quella sala ad inseguire l’ennesimo run all night di Neeson che dal fatidico 2008 di Taken non smette proprio mai di correre. La sua è una sfida al tempo (e all’età…) lanciata qui per l’ennesima volta con il sodale regista Jaume Collet-Serra.

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Chi è l’uomo sul treno? Un onesto immigrato irlandese che ha trovato il suo american dream a New York (prima da poliziotto e poi da assicuratore) a cui improvvisamente crolla il mondo addosso. L’uomo è stato licenziato senza nessun preavviso, non ha il coraggio di dirlo alla sua amata famiglia e si ritrova per l’ennesima volta a bordo dell’affollatissimo treno che unisce i sobborghi della city ai quartieri alti degli uffici. Action! Come nella migliore tradizione del genere l’eroe non ha il tempo per “pensare”, deve subito agire sul campo, perché i più cupi incubi sociali (la crisi economica, la disoccupazione, la corruzione dilagante) vengono istantaneamente incarnati da fantomatici villain che irrompono nella sua quotidianità. Lo scontro non può che essere die hard: la fascinosissima Vera Farmiga ribalta qui il suo ruolo di Source Code – lì alleata virtuale dell’uomo nel treno Jake Gyllenhaal, qui spietata femme fatale che risucchia nell’incubo il nostro protagonista – dispiegando le regole-del-gioco e ammiccando a un mind game movie che costringe Neeson a risolvere un intricato mistero. Ben presto però ogni impalcatura narrativa da thriller sofisticato si sfarina lasciando il passo alla sana voglia di sopravvivere di questo corpo-cinema che sembra veramente uscito da un film di Robert Aldrich rivisto dagli eredi anni ’80/’90 Richard Donner, John McTiernan o Jan De Bont. Il treno (eterna metafora del cinema) rimane l’unico alleato dell’uomo di frontiera, intavolando una lotta serrata contro i dispositivi di controllo disincarnati (è dagli smartphone che arriva ogni percolo) e contro le multinazionali mandate orgogliosamente a quel paese (“in nome della middle class americana”).

2Jaume Collet-Serra (scuola Luc Besson) ottimizza i limitati mezzi produttivi e tira su uno spettacolo di materica fisicità, puntando tutto sulle estremizzazioni delle situazioni e sfornando l’ennesimo ufo filmico fuori dal tempo. Un film che nella sua sincera e zoppicante aderenza a un modus operandi old school riesce ad azzerare l’efficacia di ogni dispositivo di controllo digitale e a riportare tutto “sui binari” di una catastrofica contingenza: il deragliamento del treno in corsa, scena (in)volontariamente ironica, è come una cristallina confessione di appartenenza a un canone novecentesco che non vuole morire. Ecco allora: la sgangherata combriccola di Daddy’s Home continuerà a passare il Natale con gli action movie di Liam Neeson, perché intimamente affezionata a dei codici immaginari che sopravvivono al di là di tutto… anche all’età.

Titolo originale: The Commuter
Regia: Jaume Collet-Serra
Interpreti: Liam Neeson, Vera Farmiga, Dean-Charles Chapman, Patrick Wilson, Jonathan Banks, Sam Neill, Elizabeth McGovern, Florence Pugh, Damson Idris, Clara Lago, Roland Møller
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 105′
Origine: USA, UK, 2018

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